Tag: Locuzione idiomatica

Caccé ‘a lènghe

Caccé ‘a lènghe loc.id. = Diventare sfacciati e indisponenti.

Commento che constata una metamorfosi avvenuto in qlcu che era sempre taciturno, introverso. Improvvisamente costui trova da ridire, ciarliero e, inaspettatamente, molto polemico.

Ih, vüte a jìsse, ò caccéte ‘a lènghe mò = Toh, guarda lui, è diventato sfacciato adesso.

Può anche riferirsi a qlcu reticente, omertoso, che alla fine si decide a rivelare quello che è a sua conoscenza, magari valutando il vantaggio che potrebbe trarne.

Più semplicemente evidenzia il fatto che il bebé, dopo tanta lallazione, tipica nella fase di apprendimento del linguaggio, inizia da dire parole comprensibili, magari ripetute a lungo.

Infine, come atto materiale, significa proprio cacciare la lingua fuori dalla bocca per fare smorfie e boccacce.

Qualche altro significato può essermi sfuggito? A voi la replica!

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Cacàrece sòtte 

Cacàrece sòtte loc.id. = Cacarsi addosso.

La locuzione, oltre al significato letterale di imbrattarsi, (zellàrece), vale anche sbigottire, e gongolare.

1) Imbrattarsi le braghe per un’errata valutazione di un’emissione intestinale.

2) Gongolare, gioire intimamente per sé o per gli altri.
Quànne ho sapüte ca me sò pegghjéte ‘a Patènde de “Fuchìste”, pàteme stöve cachéte sòtte = Quando ha appreso che io avevo conseguito la Patente di Conduttore di macchine a vapore, mio padre gongolava dalla gioia.

Jì néte ‘a nepöte e la nònne sté tutta cachéte = È nata la nipotina, e la nonna è tutta gioiosa e orgogliosa.

3) Sbigottire, temere eccessivamente un evento, paventare il peggio, abbattersi facilmente davanti a difficoltà.

Škìtte ca pènze all’éséme me chéche sòtte! = Solo che penso agli esami mi assalgono i borborigmi nella pancia.

Lu Tenènde: feccàmece sòtto! E jìsse jì ‘u prüme a cacàrece sotte = Il Tenete (ordina): all’assalto! E lui è il primo a farsela adosso dalla paura.

È questo un canto popolare dialettale della Prima Guerra Mondiale: una marcetta tramandata fino agli anni della mia fanciullezza 1950.

Per curiosità, riporto i versi che ricordo:
Sò venüte da Montepelüse,
e sope ‘a catarre tenöve ‘u pertuse.
Lu Tenènde: feccàmece sòtte!
E jìsse jì ‘u prüme a cacàrece sotte.
Lu Sottetenènde pe ‘nu segröte,
l’esercete ‘annande ‘u cumanne da dröte!
E màmete pe criàze
porte sembe ‘a panze annanze.
E pàtete jì troppe ricche,
e töne a panze de ‘Ndröje Scialippe”

Traduzione: Sono venuto da Montepeloso (Montebilioso e attualmente Irsina) e sopra la chitarra avevo la buca. Il Tenete (ordina): all’assalto! E lui è il primo a farsela adosso dalla paura. In Sottotenente con un segreto, l’esercito avanza e lui lo comanda da dietro! E tua madre, per educazione, è sempre incinta. E tuo padre ha la pancia di Andrea “Scialippo”. Evidentemente costui aveva un bel panzone, ritenuto all’epoca segno di floridezza economica. Scusate la divagazione.

 

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Camöre ca

 Camöre ca loc.id. = Poiché, siccome, dal momento che,da quando

È un’espressione tipica del nostro dialetto, un po’ desueta, a causa della scuola dell’obbligo che ha elevato il grado culturale dei giovani a detrimento del dialetto.

Scusate il termine ‘detrimento’ ma mi è scappato, dovevo dire ‘a danno’.

Camöre ca andava pronunciata sempre all’inizio di una frase, che si concludeva con considerazioni generalmente di lamentela, di brontolamento, di rimostranza.

Camöre ca jì ‘u grùsse, jéve sèmbe ‘a mègghja parte! = Siccome è il primogenito, quando la mamma prepara i piatti, lui riceve sempre la porzione maggiore, e invece io debbo accontentarmi ogni volta di un quantitativo minore.

La traduzione non è proprio letterale: sapete che il dialetto ha una capacità di sintesi eccezionale che gli consente di dire molto con poche parole…

Sto lambiccandomi invano il cervello per cercare l’origine di questa espressione. Traducendo alla lettera non vengo a capo di nulla, perché “con amore che” non ha alcun significato plausibile.

Qualcuno può aiutarmi? Si potrebbe completare degnamente questo articolo.

P.S. Vi invito a leggere qui sotto l’interessante commento del prof. Michele Ciliberti, sempre pronto a dare il suo graditissimo contributo per migliorare e rendere godibile questo mio lavoro.
Grazie Prof. !

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Bùne-crestjéne

Bùne-crestjéne loc.id. = Buono uomo, signore

Alla lettera significa buon cristiano, ma ho detto già che crestjéne da noi significa ‘persona, individuo, soggetto’, non ‘seguace del Cristianesimo’.

Giuànne jì ‘nu bùne-crestjéne = Giovanni è un buon diavolo, una brava persona,

Si fa riferimento al fatto che è una persona onesta, incapace di azioni disoneste.

Bùne-crestjéne, pronunciato con un certo tono sommesso, ha valore esortativo:

Sjinde a me, bùne-crestjéne, vattìnne a càste ca quà nen ce sté njinde = Dammi retta, signore, vattene a casa tua, perché qui non c’è niente (che possa interessarti e se permani qui la tua presenza può scatenare reazioni disordinate).

Meh, bùne-crestjéne, fàcce passé da quà! = Suvvia, buon uomo, ci lasci attraversare il suo campo!

Può essere detto anche in tono minaccioso:

Uhé, bun-crestjéne, se vù i chelómbre accattatìlle, e no ca li sté cugghjènne ‘mbàcce a l’àreve nustre! = Ehi, amico, se vuoi i fichi fioroni va a comperarteli, e non raccoglierli dagli alberi di nostra proprietà!

È chiaro che questo è un esempio linguistico. Non so se nella realtà, uno che vede che gli stanno rubando i fichi possa avere la garbatezza di pronunciare quella frase o si presenta direttamente con un randello…..

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Alla bórje 

Alla bórje loc.id. = Per finta

Sarebbe come dire: per burla, per scherzo, per gioco, come presa in giro.

Traduzione letterale: alla [maniera di una] burla.

Tipico nella frase: Ma, veramènde? No, alla bórje =  Ma per davvero? No,  per scherzo.

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Bèlle-ggènje (de)

Bèlle-ggènje (de) loc.id. = All’improvviso, subitamente, stranamente.

Indica una repentina azione compiuta senza logica, fuori da ogni aspettativa, in modo del tutto incoerente. Una decisione, un’azione cervellotica.

Giuànne, de bèlle-ggènje, c’jì fecchéte jìnd’a chése e c’jì mìsse a gredé accume a ‘nu pacce! = Giovanni, improvvisamente, si è infilato dentro casa mia e si è messo ad urlare come un pazzo.

E mmò che tte vöne? De bèlle gènje, te mìtte a chjànge pe ssènza njinde?= Ed ora che ti prende? improvvisamente ti metti a piangere senza alcun motivo?

Sinonimi:

  • allicsabbrótte = ex abrupto
  • nzìcchete-‘nzìcchete = inaspettatamente.
  • alla secherdune = di sorpresa.
  • tutte ‘na vòlte = repentinamente, tutto d’un tratto.

 

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Bèlle-e-fàtte 

Bèlle-e-fàtte loc.id. = Approntato, preparato, allestito.

Si intende designare un prodotto posto in vendita già ultimato.

Ora in italiano si usa per gli abiti l’espressione francese prêt-à-porter = pronto da indossare. È un barbarismo, o se vogliamo essere indulgenti, un prestito, come würstel, speck, weekend, ecc….Non voglio fare il purista.

Talora si usano, come sinonimo, le locuzione fàtte-e-tótte e bèlle-e-prònde= fatto in tutto, completato, ultimato, pronto all’uso.

Ha’fatte tó ‘sti scavetatjille? No, l’agghje accattéte fatte-e-tótte = Li hai preparati tu questi biscotti al finocchietto? No, li ho comprati già fatti.

Stasöre ce mangéme ‘nu polle bèlle-e-fatte = Stasera ceneremo con un pollo rosolato comprato in rosticceria.

Nella nostra epoca frenetica, si consumano pietanze già precotte. Ma tu vuoi mettere una domestica spaghettata con le cozze? Le nostre donne passano mezza mattinata a prepararla, ma il risultato è cento volte superiore a quello ottenuto usando cozze sgusciate e surgelate…(blah!)

Posso accettare i turcenjille fatte-e-tótte ma crudi, fidandomi del macellaio sotto casa.

Quelli in vendita arrostiti alla brace (bèlle-e-prònde) nei chioschi vicino al Santuario di San Matteo, quantunque profumatamente invitanti, mi danno un senso di sporcizia (Ozz’ózze)

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Bèlle e bùne

Bèlle e bùne loc.id. = Inaspettatamente

Si usa per indicare un evento che si presenta inatteso, all’improvviso, di sorpresa, repentinamente, per lo più con risvolto negativo.

Stèveme jucànne ai càrte, e Mattöje belle e bùne cadètte dalla sèggje = Stavamo giocando a carte (quando) Matteo all’improvviso cadde dalla sedia.

Simile a tutte ‘na vòlte = tutto d’un tratto (che può volgere al positivo).

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Bacé ‘ndèrre

Bacé ‘ndèrre loc.id. = Grazie al Cielo

Alla lettera significa baciare per terra, baciare il suolo in segno di deferenza e ringraziamento verso Dio, la sorte, la Provvidenza, come volete, per l’aiuto ottenuto, richiesto o no, o sperato.

È una espressione di sollievo per scampato pericolo.

Agghja bacé ‘ndèrre se me tröve angöre vüve = devo ringraziare il Cielo se sono ancora vivo
In questo caso l’interlocutore consiglia di andare a Siponto con la lingua strainüne

È anche una esclamazione di speranza, di augurio = Béce ‘ndèrre se ‘sta chése la vìnne = Ringrazia il Cielo se riuscirai a vendere questa casa (evidentemente in cattivo stato).

Bacéme ‘ndèrre se Mambredònje auànne ce salve = Speriamo che il Manfredonia quest’anno si salvi (non retroceda. Ovviamente parlo della squadra di football, non di politica).

Esiste anche un altro modo di dire con il medesimo intendimento: Facce pe ‘ndèrre = Faccia per terra.

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Bèlla poste (a)

Bèlla poste (a) loc.id. = deliberatamente, intenzionalmente

Si riferisce ad un’azione eseguita di proposito da qlcn con l’intento di ostacolare o di danneggiare l’operato altrui.

Tenöve ‘a porta japèrte per fé trasì ‘nu pöche d’arje e Giuànne, a bella poste me l’ò chjüse = Avevo lasciato la porta aperta per far cambiare un po’ l’aria e Giovanni, di proposito (a dispetto) me l’ha chiusa.

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