Tag: sostantivo femminile

Summènde fenòcchje

Summènde fenòcchje s.f. = Semi di finocchio

Sono i semi di una pianta perenne della famiglia delle Ombrellifere (Foeniculum vulgare). Alla stessa famiglia ci sono i finocchi orticoli, e i finocchi campestri. Da questa pianta si ricavano i semi molto aromatici (detti ‘i summènde fenòcchje) dalle proprietà terapeutiche: depurative, tonico-aperitive, carminative, antispasmodiche.

A Manfredonia i semi sono usati nella preparazione dei tipici biscotti salati (‘i scavetatjille = gli scaldatelli), o per aromatizzare l’arrosto di maiale e le salsicce fresche e quelle da stagionare.

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Summeléte

Summeléte s.f. = Polenta, semolino

Da non confondere con la polenta di mais in uso al nord d’Italia. Da noi si usava la semola macinata grossolanamente.

Piatto povero, usato specialmente d’inverno, quando le nostre nonne non avevano avuto il tempo di preparare orecchiette o pasta di casa e nella credenza non c’era da scialare…

Si faceva soffriggere in un tegame di terracotta (possibilmente sul braciere) un po’ di cipolla in olio d’oliva, poi si aggiungeva un po’ di sale e un mestolo di acqua a cranio. Quando bolliva si versava a pioggia, una manciata di semola a persona, rimestando fino alla completa cottura. Rustico, ma caldo e nutriente. Gli adulti completavano il piatto con un po’ di diavelìcchje.

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Sumasóste

Sumasóste s.f. = Indignazione, stizza

Vale qui quello che ho già scritto sul vocabolo (clicca→)  sóste.

Il termine, un po´serio e un po´faceto, è una iperbole, un accrescitivo.

Li vöne ´a sumasóste quanne fenèsce ´i segarètte! = Viene colto da un forte stato ansioso quando si accorge di aver finito le sigarette.

Provo a darmi una spiegazione su questo sostantivo, formato da due termini: suma e sóste.  La prima parte suma forse è l’adattamento di “super” e l’altra sóste = collera, stizza.

A Mattinata, per indicare una solenne incazzatura,  usano un vocabolo molto simile: sumasèste.

Il mattinatese dott. Francesco Granatiero a questo proposito  afferma: «sumasèste  corrisponde alle prime tre persone dell’indicativo del verbo essere latino: SUM ES EST, ed è come arrivare “a chi sei tu e chi sono io”.»

Dal suddetto söste deriva l’aggettivo sestüse = inquieto, nervoso.

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Sulagnéte

Sulagnéte s.f. = Insolazione

Colpo di calore derivato da irraggiamento solare (non tanto intenso, tuttavia, da causare la temuta congestione cerebrale).

L’esposizione al sole, specie se si è vestiti con abiti inadatti, causa una sensazione fastidiosa di caldo e rilascio di abbondante sudorazione.

So’ jüte au merchéte martedì. Agghje pegghjéte ‘na sulagnéte, e manghe njinde agghje accattéte! = Sono andato al mercato martedì. Ho preso un’insolazione e nemmeno nulla ho comprato.

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Stüle

Stüle s.f. = Manico

In genere si intende con questo termine il manico di legno degli utensili da lavoro.

Specificamente il manico del piccone, del martello, dell’ascia, della mannaia, della zappa, ecc.

Presumibile etimo: stelo

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Studecarüje

Studecarüje s.f. = Stupidaggine

Accettabile la versione stubbedarüje, che è più riferita a oggetti trascurabili, di poco conto o di poco valore.

Invece studecarüje è rivolto alle azioni negative compiute da una persona

In italiano esistono molti sinonimi: stupidità,sciocchezza, scempiaggine, stoltezza, imbecillità, imbecillaggine, bestialità, idiozia, baggianata, balordaggine, fesseria, incapacità, ottusità.

In dialetto uno solo ciucciarüje = asinata.

Non mi voglio dilungare troppo, perché conto sulla vostra intelligenza per bilanciare tante studecarüje che si trovano in giro ogni giorno.

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Stìzze

Stìzze s.f. e s.m. = Goccia, Arricciatura (edil.)

1) Stìzze, s.f. = Goccia. Quantità piccolissima di liquido di forma tondeggiante che si separa dalla massa o che si forma per aggregazione di particelle più piccole. Ammessa anche la variante stìzzeche.

2) Stìzze. s.m. = Arricciatura o rinzaffo. Si tratta di un impasto poco denso di acqua, cemento e sabbione. Si applica manualmente contro la parete da intonacare mediante veloci ed energiche cucchiaiate con la cazzuola. Detto anche squìcce.(clicca)

Una volta che questo sottile strato di malta cementizia ha fatto presa, assume l’aspetto di un tappeto con tante gocce a rilievo (da cui il nome ‘u stìzze = goccia, o ‘u rìcce = crespo, arricciato).

Su questo strato è più agevole stendere la malta bastarda (tufina, calce idrata, acqua e cemento) che si aggrappa allo strato dell’arricciatura per formare il corpo dell’intonaco grosso.

In terza passata, dopo l’asciugatura, si passa l’intonaco fino di malta bianca fatta di polvere calcarea, cemento bianco e acqua. Pe il fino si usa la cucchjére amerechéne, il frattazzo metallico.

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Stigghjöle

Stigghjöle s.f. = Minugia

Va bene anche pronunciato stegghjöle. Come sinonimo si usa anche curatèlle = corata.

Budella; in partic. quelle degli ovini usate nella confezione degli involtini pugliesi (i turcenjille oppure i cazzemàrre).

Esiste un piatto tipico palermitano chiamato stigghiuole simile al nostro, considerato un piatto da strada, preparato dai stigghjulari. I budelli sono avvolti però intorno a una stecca di lardo. Per un mese non andate a controllare i livelli del colesterolo altrimenti vi viene un colpo!

Anticamente si usavano i budelli anche per la fabbricazione di corde per gli strumenti musicali ad arco. Ai tempi di Mozart, e di Paganini, e fino agli inizi del ‘900 le corde dei violini erano di budello.

Io, ex contrabbassista, negli anni ’60 usavo solo corde di budello sul mio strumento, anche perché non esistevano corde di altro tipo. Ora per il contrabbasso si usano corde forse di plastica, ma rivestite con una spirale di metallo.   Scusate parlo ogni tanto della mia storia personale, ma essa rispecchia l’evoluzione dei tempi e della tecnica.

Io comunque, scusate se torno a parlare di me, preferisco pensare alle nostre stegghjöle come base per la preparazione dei succulenti turcenjille (←clicca) da cuocere alla brace!
La plastica e il metallo sanno troppo di tecnologico…e non si possono mettere sotto i denti!

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Statjöle

Statjöle s.f. = Dinamometro, bilancia a molla.

È una bilancia portatile, formata da un involucro metallico a canalina, all’interno del quale è alloggiata una molla a spirale di acciaio, fissata nella parte superiore ad un anello e nella parte bassa ad un uncino.

Agganciando con quest’ultimo la merce da pesare e sospendendola per l’occhiello si provoca l’allungamento della molla, che segna il suo peso con un indice scorrevole su una scala graduata.

Usata spesso dai venditori ambulanti in alternativa alla consueta statöre a piatto.

Presumo che il nome statjöle sia proprio un diminutivo della nota statöre (←clicca).

La bilancia portatile, almeno quella più diffusa, aveva una portata di 10 kg e una divisione di 250 grammi per ogni tacca piccola. Ora non si usano più, soppiantate da quelle elettroniche.

Avevo già pubblicato,con il nome comune di velànze a mòlle = bilancia a molla, la descrizione di questo oggetto. Se siete curiosi cliccate qui.

In fisica questo strumento è detto “dinamometro”. e serve per la misurazione della forza, applicando una legge della dinamica basata sulla deformazione elastica della molla, proporzionata alla forza applicata. [Uff!….mi sembra di tornare alla scuola media….Meno male che Wikipedia mi dà una mano!]

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Velànze a molle

Velànze a molle s.f. Dinamometro

Si tratta di una bilancia tascabile, di modesta portata, fino a pochi kg, usata dai venditori ambulanti di derrate alimentari.
Era conosciuta anche come (clicca→) statjöle (piccola stadera)

Si fissava la merce da pesare, contenuta in un fazzoletto annodato o in un secchiello, al gancio inferiore e si sollevava dall’anello superiore.

Il peso faceva allungare la molla a spirale contenuta nell’involucro. Un indicatore esterno segnava su un scala graduata, la tacca del peso corrispondente. Spesso la scala pre-marcata ai due lati della scanalatura centrale era doppia: sulla sinistra indicava i chilogrammi (kg) e sulla destra le libbre (lb) per il sistema inglese/americano.

Era considerata precisa e affidabile, sia dal venditore, sia dal compratore.

Ho visto da bambino infilzare il gancio di ferro, annerito dall’uso, direttamente nella pagnotta del pane per eseguire la pesatura. Al giorno d’oggi per un episodio simile sarebbero intervenuti i NAS.

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