Tag: sostantivo femminile

Söre

Söre s.f. = Sorella, sera

1) Söre = Sorella pronuncia identica al termine francese soeur, che significa proprio sorella.

2) Söre = Sera. Parte del giorno compresa fra il tramonto del sole e la piena oscurità.
Stasöre = Stasera, questa sera.

Entrambe le parole hanno lo stesso suono.

Il contesto della frase chiarisce se stiamo parlando della sera o della sorella.

Cré söre hann’a venì, jèsse e la söre = Domani sera devono venire, lei e la sorella

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Smanajöle

Smanajöle agg. = Estroversa, espansiva.

L’aggettivo specificamente è riferito, solo al femminile, a ragazza vivace, briosa, effervescente ma poco propensa a svolgere lavori domestici.

Non credo che si sia mai visto un ragazzo smanajùle

Insomma bella e piacevole nel divertimento, ma in casa decisamente škenèlle= scansafatiche.

Deriva certamente da smànje = smania, desiderio incontenibile, voglia impaziente…di andare a divertirsi.

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Škuppètte

ŠkuppètteŠcuppètte  s.f. = Schioppo

Fucile da caccia, schioppo.

Deriva dallo spagnolo escopeta. o dal francese escopette

Era chiamato anche ‘u düje bòtte = il ‘due colpi’, perché era dotato di due canne affancate o sovrapposte.

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Šküme

Šküme Šcüme  s.f. = Schiuma, spuma

Insieme di bolle d’aria o di altro gas che si forma alla superficie di un liquido sottoposto a ebollizione o ad agitazione; (Sabatini-Coletti).

Anche quella prodotta dal sapone, particolarmente dal sapone da barba al profumo di mandorle amare, è  šküme.

Voglio aggiungere quella che si forma nel bicchiere quando si versa il vino o la birra è  šküme.

Il buon bevitore, quando esistevamo le osterie, rivolgendosi alla schiuma del vino versato nel bicchiere, sussurrava: “se tu resti, io me ne vado; se tu te ne vai, io resto”.  C’è un perché! Se il vino è genuino, la schiuma dopo qualche attimo sparisce. Se invece il vino è annacquato, la schiuma nel bicchiere permane a lungo, e perciò l’intenditore preferisce alzare i tacchi.

Vorrei non enumerarla, ma purtroppo lo debbo fare per dovere di linguista,”‘a šküme a ‘nu quarte e n’ate“… = La schiuma ad una parte ed all’altra (della bocca). Puah!

È quella che si forma ai due lati della bocca, la bava secca, quando qlcu è gran parlatore e non si accorge che gli crescono le cispe!

Preferisco pensare alla fugace šküme dell’onda che si infrange sulla battigia, o meglio, alla  soavissima schiuma cremosa di un bollente cappuccino preso al mattino presto nel bar Aulisa, con o senza spruzzata di cacao amaro in polvere! Lüce de Paradüse! = Luce di Paradiso!

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Škufüje

Škufüje šcufüje s.f. = Minuzia

Si tratta di particella, di detrito, di frammento piccolissimo. Di solito viene usato al plurale.

Sono le briciole di pane, ad esempio, che cadono sulla tovaglia quando lo si affetta o lo si spezzetta con le mani.

Scutelije ‘sta tuàgghje, ca stanne ‘i škufüje = Scuoti questa tovaglia, ché ci sono le briciole.

Assemègghje ca tènghe ‘na škufüje ind’a l’ùcchje = Mi sembra di avere un granello sotto le palpebre dell’occhio.

Mà’ sté ‘na škufüja nèrje jind’u zócchere. Uà jèsse ‘na pòlve de cafè macenéte. = Mamma c’è un granellino nero nello zucchero!. Dev’essere un detrito di caffé macinato.

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Škaröle

Škaröle ( o škaróles.f. = Indivia

La verdura si suddivide in due specie principali, entrambe contraddistinte da un buon contenuto di vitamina A: l’indivia liscia e l’indivia riccia.

1 – la škaróle, propriamente detta (Cichorium endivia latifolium) ottima lessata e condita con un filo d’olio: leggera, dolce, decongestionante.
Il prodotto, in entrambe le specie, è costituito dal “cespo” e cioè dalla rosetta di foglie che coronano il brevissimo fusto e che nella fase di accrescimento si sovrappongono e si serrano in un grumolo, detto cuore, più o meno compatto.

 

2 – la škaröla rìcce (Cichorium indivia crispum), usata per lo più cruda, in insalata da sola o assieme a lattuga e ad alti vegetali

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Škàppe

Škàppe s.f. = Papavero; Scheggia; Goccia

1) = Scheggia. Truciolo tagliente di legno che ferisce le mani di chi maneggia senza protezione oggetti non rifiniti, detta anche škappetèlle.
Può indicare in ebanisteria anche un rialzo di legno usato per livellare una sedia o un mobiletto che zoppica. Anche per chiudere una fessura in fase di restauro o di rifinitura di un mobile.

2) = Goccia. Usato nella locuzione škappe de sedöre = gocciole di sudore, anche figuratamente, per indicare la grande fatica sopportata per ottenere un risultato apprezzabile. Anche škappe de làgreme, per indicare grandi lacrime, nel senso di pianto dirotto o anche grandi pene sofferte in passato.
Equivale a sanghe e sedöre = sangue e sudore, o come disse Churchill: lagrime e sangue.

3) = Papavero. Fiore di papavero rosso selvatico (Papaver rhoeas) della famiglia delle Papaveracee, detto rosolaccio, abbondantissimo nei campi all’epoca della maturazione del frumento.

4) fino agli anni ’50, veniva usato škappe anche per designare una donna di facili costumi.

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Škanüje

Škanüje s.f. = Caldana

Sensazione improvvisa di calore al capo con arrossamento del viso e sudorazione.

Fenomeno fisiologico femminile dovuto alla menopausa.

Si manifesta anche anche ai maschi a seguito di un forte stato emotivo, di ansia, di incertezza, di paura..

Mamme m’ho ‘ccundéte ‘u sùnne ca ho fatte jèsse, e mo’,  škìtte ca pènze, me vènene ‘i  škanüje = Mamma mi ha raccontato il sogno che ha fatto lei, e ora solo che ci penso, mi stanno venendo le caldane

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Škanéte

Škanéte s.f. = Pagnotta

Impastare il pane si dice tembré.
Spezzarne delle parti per dividere la massa cruda dicesi škané ‘u péne (dal latino explanare ), ossia  spianare la pasta lievitata per fare le forme di pane.
Quindi il termine škanéte  significa letteralmente spezzata, tagliata.

Il termine “scanata” è usato anche in Sicilia, in Campania, in Basilicata e in Calabria.

La škanatèlle una una pagnotta di pane più piccola, del peso fino a un chilo. Un po’ per volta si è passati a dire pagnuttèlle.

Quelle “normali” arrivavano a pesare anche fino quattro kg.  In casa si impastava una massa enorme (anche di dieci kg) di farina, perché il pane era la base principale dell’alimentazione delle famiglie numerose.

Dalla pasta si ricavavano le varie pagnotte, 3 o 4. tagliandole, senza usare coltelli, ma mozzandole con le mani. Si riteneva che il freddo della lama potesse bloccare la lievitazione.

Non esistevano forni domestici, e per la cottura – anche di scavetatjille, rjanéte, puperéte, ecc. –  si ricorreva al forno pubblico alimentato a legna (Sfaìlle, Zappetèlle, Grasso, Ze Züje, Gambardella ed altri…)

Mi ricordo che, prima di introdurre il pane,  quando il forno era ancora in fase di riscaldamento, vi si cuocevano il “Tortanello” (una sorta di ciambellone di pasta di pane) e la “Pizza alla vampa” (focaccia semplice con pomodori olio e origano) che richiedevano pochissimo tempo di cottura.

Il rito della panificazione domestica ci permetteva  di gustare queste squisitezze molto prima dell’arrivo del pane .  Era un graditissimo… effetto collaterale.

In alcuni paesi dell’interno garganico, prima di infornare il pane, per provare se il forno era giunto a temperatura giusta, di poneva a cuocere un po’ di pasta lievitata. Si otteneva una specie di panino a ciabatta, detto ‘u perruzze o anche ‘a papòsce.  Questo termine designa ora una specialità offerta nei menu delle pizzerie locali.

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Škaffètte

Škaffètte s.f. = Corrispettivo straordinario in natura.

Alla fine di una battuta di pesca, i pescatori dipendenti, per antica consuetudine, si dividevano una parte del pescato, che andava in aggiunta alla paga pattuita.

Con questo termine, nato nell’ambiente marinaro, ora si intende qualsiasi sovrappiù, in natura o in denaro, che si è lucrato prestando la propria opera.

So’ jüte ajuté a cuggìneme a cògghje i pemedöre e me so’ abbuškéte ‘a škaffètte = Sono andato ad aiutare mio cugino a raccogliere i pomodori, ed ho guadagnato qualcosa per me (in denaro o in pomodori, indifferentemente).

Purtroppo il termine designa anche un’azione delinquenziale.

‘U sé quanda neguzzjànde pàjene ‘a škaffètte…= Chissà quanti commercianti pagano il “pizzo” ai malviventi…

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