Tag: sostantivo femminile

Maškatüre

Maškatüre s.f. = Serratura

Congegno meccanico per chiudere a chiave porte, sportelli, cancelli, bauli, casseforti, ecc., costituito da una scatola con barretta metallica che viene fatta scorrere fra i battenti per bloccarne i movimenti. Viene azionata da una chiave.

Ricordo che mio padre costruiva su richiesta dei falegnami, sia le serrature con le rispettive chiavi, sia i cardini per incernierare le porte o i portoni. Lavoravano in simbiosi

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Masculöne

Masculöne s.f. = Virago, maschiaccio

Donna dotata di forza fisica, di coraggio e forza d’animo virili; scherz., donna dall’aspetto e dai modi mascolini.

Sèmbe pe’ ‘stu cavezöne! Mìttete ‘na gònne! Te vjiste pròprje accüme a ‘na masculöne! = Sempre con questo pantalone! Mettiti una gonna! Ti vesti proprio come un maschiaccio.

Conosciutissima con questo soprannome una donna, Nannüne ‘a masculöne. Leggende metropolitane narrano che cpstei era capace di gareggiare con un uomo, e, se era il caso, anche di fé a curtjille, maneggiare il coltello! Non ci credo.

Nannüne ‘a masculöne, per capacità risolutive e dicisionali, aveva affinità con Marüje ‘a cumenìste. Quest’ultima era sempre in prima fila sia nella parata dei Lavoratori il 1° Maggio, e sia a portare il cero alla Processione della Madonna di Siponto. Una catto-comunista ante litteram.

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Maruzzèlle

Maruzzèlle s.f. = Lumachine di mare

Il nome con cui sono conosciute ora, cioè ‘i maruzzèlle, è sicuramente un prestito dal dialetto napoletano o abruzzese. Anticamente erano dette tombalüne

Queste chioccioline di mare [Sphaeronassa (o Nassarius) Mutabilis] sono state rivalutate da pochi anni, perché prima non erano molto conosciute e non rientravano nella tradizione culinaria sipontina.

Praticamente le maruzzèlle si consideravano quasi come uno scarto dai pescatori (la dimensione di questi gasteropodi raramente supera i 3 cm), e quindi venivano ritenute un piatto povero della tradizione culinaria marinara.

Visto però che ottenevano molto successo quando venivano offerte come una zuppa nelle osterie e trattorie, si decise di allevarle, specie nel medio e alto Adriatico.

In effetti in sughetto che se ne ricava è molto stuzzicante, specie se servito come antipasto. Il profumo ed il sapore sono veramente eccezionali ed il peperoncino dona il giusto grado di piccantino che non guasta.

Onestamente non so se in italiano hanno un nome specifico. Qui di seguito faccio un elenco dei nomi regionali:

Tombolini (Liguria)
Maruzzielli, Maruzze, (Campania)
Bomboletti, Bombetti, Bombolini (Marche)
Maruzzelle (Termoli)
Lumachini (Puglia)
Cucciuletti, (Porto S.Giorgio)

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Martellüne

Martellüne s.f. = Martinicca

Nei veicoli trainati dagli animali, freno a ceppi che si aziona manualmente mediante particolari meccanismi.

Funzionamento: mediante carrucole che moltiplicano la potenza di trazione, si aziona una leva in legno, che tirando due corde sposta un paletto in avanti e pone due ceppi in legno (o di acciaio) a contatto con la ruota.

Praticamente con questi leveraggi vari, agisce direttamente contro il cerchione delle ruote. Il paletto traversino con i ceppi di legno è ben visibile nella foto.

I carrettieri lo azionavano in discesa, per evitare che il peso del carro e del carico travolgesse il cavallo e come freno di stazionamento durante le operazioni di carico e scarico.

Per la bicicletta e per i veicoli a motore è chiamato con termine simil-italiano ‘u fröne (pl. i früne).

La locuzione mené ‘a martellüne ha quindi il significato di “frenare”, anche in senso metaforico.

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Mariulìzzje

Mariulìzzje s.f. = Furfanteria

Furto, ruberia, truffa, ladrocinio.

Quando qualche sciagurato si procura da vivere con espedienti è dedito a furfanterie, raggiri, truffe costui cumbüne mariulìzzje = compie misfatti. Alla larga!

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Marìcule

Marìcule s.f. = Mora di rovo

Frutto composto del rovo (Rubus ulmifolius), formato da piccole drupe. Credo che sulla scorta della lingua latina (lente-lenticula; parte-particula) che derivi da mora-moricola, piccola mora.

Qlcu pronuncia anche marìchele.  Si raccolgono a settembre giusto per spiluccare, perché c’è poco da spolpare…
Erano usate anche per farne confetture “domestiche”, ma il rischio di pungersi ha fatto desistere i temerari raccoglitori di una volta.

L’arbusto da cui nascono le more, il roveto, è detto (clicca→) revutéle.

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Mappüne

Mappüne s.f. = Straccio, cencio.

Va bene anche scritto mappïne, perché a mio giudizio le vocali ü ï sono omofone.

Il prof. Michele Ciliberti (che ringrazio) mi suggerisce che deriva dal greco “màppos” significa tovaglia, strofinaccio, straccio

Quindi: ‘mappina’ = piccola mappa.

Successivamente è passato a significare ‘pezza da piede’, tovagliolo di stoffa quadrato che i soldati italiani ricevevano in dotazione fino alla seconda guerra mondiale, con la funzione di avvolgere i piedi, a mo’ di calze.
I polpacci erano fasciati da una benda di stoffa di lana grigioverde, dello stesso colore dell’uniforme.

Lascio alla fantasia dei lettori immaginare lo stato pietoso in cui si riducevano queste mappïne dopo chilometri e chilometri di marcia.

Perciò il termine mappüne, dagli altari alla polvere, ha assunto un significato molto negativo.

Difatti lo si può riscontrare nella locuzione verbale fé a mappüne = strapazzare, bistrattare qlcn.

Simile all’altra locuzione fé a pèzze da pjite= maltrattare, umiliare.

Oggi significa più specificamente pezza, strofinaccio da cucina, cencio, straccio.

Etimologicamente potrebbe anche derivare, come diminutivo, da  màppele (attenzione all’accento sulla à).

Questa è una parte della rete da pesca, priva di armatura (ossia senza sugheri e piombi) non più utilizzabile perché lacerata, e destinata perciò alla spazzatura.

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Màppele

Màppele s.f.. s.m.= Rete da pesca, sberla

a) la màppele (al femminile-accento sulla à)) indica in effetti è solo una parte della rete, ossia il corpo centrale con maglie più fitte, collegata alla cimosa, ossia alla parte alta, quella unita alla sagola con i galleggianti, e alla parte di fondo, quella attaccata alla sagola con i piombi- Così unita, màppele, sóreve e chjómme(rete, sugheri e piombi) la rete è detta arméte= armata, ossia completa, pronta per la pesca.

Quando, nonostante le numerose rammendature, la rete non è più idonea, viene “disarmata”. Ossia si ricuperano la parte superiore e quella inferione, e si elimina la màppele, sostituendola con una nuova.

Se per caso io avessi capito male la spiegazione tecnica, riportandola quindi errata, accetto volentieri i vostri suggerimenti, pronto a correggere questo articolo.

b) ‘u mappéle (al maschile-accento sulla é) indica una sberla. (clicca qui ⇒ mappelöne)

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Manuèlle

Manuèlle s.f. = Mandorla acerba

Presumo che derivi dalla contrazione di “mandorla novella”.

Ha un nome specifico perché noi Pugliesi la mangiamo con tutto il mallo, quando il guscio non ha iniziato la fase di indurimento e il seme – detto “frutto” – è ancora acquoso e dolciastro.

Per evitare fastidiosi mal di pancia se ne sconsiglia un uso esagerato.

Insomma la mènele, quantunque acerba, viene assalita sul ramo prima di crescere completamente.

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