Tag: sostantivo femminile

Gratta-mariànne

Gratta-mariànne s.f. = Granita

Prodotto di gelateria formato da ghiaccio tritato con sciroppo.

La definizione del vocabolario Sabatini-Coletti è un po’ troppo striminzita

Ghiaccio tritato e posto in bicchiere con sciroppo di menta, orzata, amarena ecc. Si gusta lentamente con un cucchiaino.

Una volta si otteneva “grattando” il blocco di ghiaccio (‘u cannùle) con un’apposita pialletta metallica dotata di contenitore dal coperchio snodato.

Dentro di esso si accumulavano i detriti man mano che si raspava la colonnina di ghiaccio.

Una volta riempito, si sollevava il coperchio e si faceva scivolare la massa granulosa di ghiaccio dentro il bicchiere, ove si condiva con abbondante sciroppo di frutta ‘u sènze = l’essenza

Gratte, gratte la Marianne, ca chjù gratte e chjù guadagne! = Gratta, gratta, Marianna, ché più gratti/o e più guadagni/o.

Da questo grido dell’imbonitore, rivolto alla sua aiutante, moglie o figlia che sia, è nato il nome popolare della granita.

Successivamente fu introdotta un macinino con manovella laterale, a rotella, per la triturazione del ghiaccio.

Si introduceva il ghiaccio dall’alto in pezzi grossolani ottenuti con lo scalpello dal blocco intero e si azionava la macina. Passato attraverso il trituratore, esso scendeva sminuzzato direttamente nel bicchiere.

Le granite più stuzzicanti si vendevano in un chiosco sotto il castello, gestito da Vincenzo detto Gemì “Garebbalde”, (gli Alleati lo chiamavano Jimmy).

Costui, furbescamente, faceva anche credito ai ragazzi momentaneamente scarsi di moneta. Vi assicuro che Gemì ci ha rimesso nemmeno un centesimo perché sapeva che gli adolescenti sono tutti ciecamente affidabili.

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Fusüne

Fusüne s.f. = Anfora, giara

Grossa giara, quasi senza collo, dalla capacità di oltre 40 litri il cui nome deriva dal greco efesinon.

Usata come serbatoio domestico di acqua potabile.

Dotata di bocca larghissima per consentire di introdurre un secchiello per attingere l’acqua da bere o per la cucina, talora con manici appena accennati, e di coperchio di legno per evitare che vi entrassero accidentalmente delle impurità o della polvere.

La parte superiore era come una cupola, smaltata, e con un’apertura bordata. La parte inferiore, terracotta a vista, andava diminuendo di diametro fino alla base.

All’interno era smaltata di un bel color nocciola.

I bambini non potevano avvicinarsi troppo alla fusüne, perché c’era rischio di farla spaccare urtandola inavvertitamente con l’irruenza dei monelli vivaci.

Mi fa venire in mente il famoso divertente racconto di Pirandello “La Giara”, con  Don Lollò Zirafa e Zi’ Dima Licasi.

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Furnacèlle 

Furnacèlle s.f. = Fornacetta, barbecue

Contenitore metallico cilindrico a due piani, munito di due maniglie. 
Su quello superiore, bucherellato, o con aperture a griglia si ponevano i carboni a bruciare.
Sul piano inferiore, per caduta, si accumulava la cenere dei carboni man mano che si consumavano. 
Per consentirne lo svuotamento, la parete della fornacetta era dotata di una porticina della larghezza di una apposita paletta.
Per reggere un tegame o una padella,  sul bordo superiore erano incernierati tre occhielli di ferro a forma di goccia, che si potevano ribaltare verso l’esterno quando si caricava direttamente la graticola con gli alimenti da arrostire: carne, peperoni, seppie, sardine, baccalà, ecc..

Fatta a mano dai nostri bravi artigiani lattonieri. la furnacèlle era fissata a tre piedini di ferro ad asta, verticali, di altezza variabile.   Ora si trovano in commercio quelle prodotte delle industrie, rettangolari o quadrate. Pur assolvendo la stessa funzione, non hanno lo stesso fascino delle nostre

Per la grigliata  la furnacèlle veniva collocata dagli abitatori dei “sottani” sul marciapiede prospiciente l’uscio, per evitare troppi fumi per casa.

In compenso, per tutta la durata della cottura, essa spargeva  l’odore irresistibile delle sicce o degli sparrüne o dei pepedìnje  (seppie sparroni, o peperoni) per tutta la strada, gratificando abbondantemente i nasi fini…

Ho ricordo vivissimo di questi effluvi quando ragazzotto tornavo dalla spiaggia verso casa all’ora di pranzo,  e incrociavo lungo la strada due o tre furnacèlle che fumigavano deliziosamente, emanando dalla brace soavi fragranze di peperoni, o di agnello, o di cicale, o di sparroni, o di seppie arrosto! 

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Furmèlle

Furmèlle s.f.. = Bottone.

Piccolo oggetto di vario materiale, spec. a forma di dischetto, generalmente con fori al centro, che, cucito a un lembo di stoffa e inserito in un occhiello, serve a chiudere un indumento, un capo di biancheria (giacca, camicia, pantaloni, federe dei guanciali), e può essere usato anche solo come guarnizione.

Nei secoli passati li facevano di osso o di madreperla. Ora li fanno di plastica.

Quelle di qualità scadente erano usate come fiches nei giochi fanciulleschi (sottomuro).

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Furcenèlle

Furcenèlle s.f. = Fionda ad elastici

Arnese per lanciare sassi costituito da una forcella di legno, ricavata da un ramo biforcuto, a forma di Y.
Dalle due estremità superiori partono due fettucce di elastico unite da un rettangolino di cuoio che tratteneva un sasso con gli elastici in tensione.

Un giocattolo un po’ pericoloso, perché il sasso lanciato spesso colpiva la nuca di qualche compagno di giochi…o qualche vetro di finestra colpevole di trovarsi sulla traiettoria del proiettile.

Tutta costruita a mano, si impiegavano vecchie camere d’aria tagliate a strisce e ritagli di cuoio reperiti dal ciabattino.

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Furcèlle 

Furcèlle s.f. = Forcella

Oggetto o parte meccanica formata da un’asta che si biforca in due bracci.

Noi intendiamo specificamente un ramo opportunamente tagliato e scorticato ed aveva due dimensioni standard.

Quella più piccola, di un metro circa, aveva la funzione di sollevare all’interno del pagliericcio, detto saccöne, dotato di apposite feritoie, le foglie di mais dell’imbottitura.

Quella più grande, alta anche più di due metri, per sostenere la cordicella alla quale si attaccava con le mollette la biancheria lavata a mano.

Furcèlle significa piccola forca.

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Furce

Furce s.f. = Forbice

Strumento per tagliare formato da due lame d’acciaio, incrociate e fermate al centro da un perno, lame che hanno all’estremità due anelli in cui si infilano il pollice e un altro dito della mano.

Mentre in italiano per alcuni sostantivi si usa prevalentemente il plurale (gli occhiali, le brache,  le forbici, le tenaglie, le pinze…) in dialetto si adopera sempre il singolare: ‘a fùrce.

Generalmente con ‘a fòrbece si intendeva quella da sarto o quella da barbiere, con le lame lunghe.

L’uso  italianizzato del termine fòrbece, ormai prevale sull’antica  versione furce

Si distinguono quelle particolari, secondo l’uso specifico:
fòrbece da stagnére = da lattoniere, in italiano dette cesoie, a lame larghe e dagli ampi occhielli
forbece da lettrecìste = da elettricista, a lama corta adatte anche come spelacavi
fòrbece pe puté = per potare, con una lama larga e una stretta
fòrbece pe tusé = per tosare, pervenuteci tali e quali dall’antichità, le cui lame non sono imperniate ma unite ad arco flessibile al termine dei loro manici.

Le forbicine usate nei lavori di ricamo per recidere i fili e per intagliare i centrini, o quelle per tagliare le unghie e i peli nel naso, sono chiamate in dialetto, al singolare: ‘a furbecètte.

Ricordo vivamente, quando ero in età pre-scolare, e frequentavo l’Asilo Infantile “Stella Maris”, la sorridente Suor Vincenza, che portava sempre con sé le sue forbicine, appese con una catenella al cordone che le cingeva la vita. 
Un flash-back che mi ritorna puntualmente in mente quando cerco le mie forbicine e non le trovo al loro posto

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Fucenètte

Fucenètte s.f. = Forgia

Forgia: fornello a carbone fossile, munito di mantice o di ventilatore, utilizzato dal fabbro per la arroventare e poi lavorare col martello sull’incudine un pezzo metallico

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Frustarüje

Frustarüje s.f. = Stranezza,

Discorso, comportamento, fatto strano, insolito, singolare, fuori dell’usuale.

Episodio estraneo alle usanze locali, “forestiero” (etimo da cui potrebbe derivare).

Anche al limite del lecito. Sfrontatezza. Pagliacciata. Maldicenza. Litigi verbali all’aperto.

Che so’ ‘sti frustarüje! Fenìtele! = Che cosa sono queste pagliacciate? Smettetela!

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