Tag: sostantivo maschile

Uéte

Uéte s.m. = Accesso

Accesso, passaggio, varco, luogo attraverso il quale si passa, per esempio, in una recinzione, in una “chiusa”, ossia un uliveto o un mandorleto.

Anche i due pilastrini, in muratura o in ferro, che sorreggono la cancellata di accesso.

Frangì, ha viste se sté serréte ‘u uéte? = Francesco, hai controllato se è chiuso l’accesso?

Forse proviene, per estensione, da “guado” (latino vadum ), passaggio praticato attraverso una siepe o attraversamento di un corso d’acqua..

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Ùcchje

Ùcchje s.m. = Occhio

Organo della vista, che percepisce gli stimoli luminosi e li rimanda al cervello che li traduce in immagini.

Esistono alcuni modi, figurati o reali, per descrivere persone con caratteristiche specifiche, nei quali si citano gli occhi.

Faccio degli esempi:
Nen lu pùte dïce manghe: « che bell’ùcchje  tjine ‘mbacce!»= Non gli posso dire nemmeno: che begli occhi e hai in viso!
Descrizione di un soggetto irritabile o permaloso.

Add’jì ca töne l’ucchje töne ‘i méne = Dove ha gli occhi ha le mani.
Constatazione della vivacità del bimbo: tocca tutto ciò che vede. Oppure di un soggetto abituato a trafugare, a sottrarre (veramente si dice rubare) oggetti insignificanti o preziosi che stuzzicano il il suo istinto ladresco per impossessarsene.

Torce l’ùcchje = Torcere gli occhi. Provare o causare un grosso spavento.
Mò, accüme ce avvecjüne ‘nu giòvene, Mariètte torce l’ùcchje = Ora come si avvicina un giovanotto, Marietta prova terrore (forse perché ha avuto una precedente delusione amorosa, e per ora non vuole più saperne di giovanotti).

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Uauàcce

Uauàcce s.m. = Ventriglio.

Negli uccelli, parte dello stomaco ricca di fibre muscolari, nella quale vengono sminuzzati i cibi più dur.

Si tratta anche di un soprannome locale

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Uarnemjinde

Uarnemjinde s.m. = Finimento

Usato prevalentemente al plurale, il termina designa gli elementi che servono a sellare il cavallo o ad attaccare gli animali da tiro a carri, carrozze e sim., come ad es. il morso, le redini, le briglie, il ecc.

Come quasi tutte le parole che in italiano iniziano per GU perdono la G (uànde, uèrre, uasté = guanto, guerra, guastare). Deriva da guarnì = guarnire, completare, rifinire (da cui finimento).

Talora il termine allude agli “attributi” maschili.

Töne tutt’i uarnemjinde a poste = Costui è ben guarnito. È un vero “macho

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Uardapàsse

Uardapàsse s.m. = Vipera, serpente velenoso.

Deriva da guardare e passare. Temutissimo rettile il cui incontro è comunqua da evitare. Siccome l’unico serpente velenoso che vive in Italia è la vipera, dev’essere per forza la Vipera aspis, diffusa su tutto il territorio italiano tranne che in Sardegna.

Recitavano i campagnoli: ‘u guardapàsse, addjì ca te mòzzeche addà te lasse = La serpe ti lascia (stecchito) nello stesso luogo ove ti ha morso; ossia l’effetto del suo veleno è talmente rapido che non ti consente di muoverti per cercare aiuto.

Notate che per evitare lo jato [in questo caso la ‘u dell’articolo e la u iniziale del sostantivo] la parola è stata pronunciata con la iniziale, che quando è seguita dalle vocali a, i, o, u, cade inesorabilmente.

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Ualéne

Ualéne s.m. = Gualano

Lavoratore agricolo a contratto annuo, assunto nelle aziende dell’Italia meridionale. Termine derivato dal germanico waldmannwald=bosco mann=uomo.(Devoto-Oli).

Era inteso specificamente colui che mena bovini al pascolo. Insomma un nostrano cow-boy.

Caratterizzati da un vago odore di stallatico anche se con la persona e la biancheria pulite.

Come soprannome esistono Ualéne e Ualanjille.

Ricordo un certo Pasquéle ‘u ualéne. Mi piaceva l’assonanza fra il nome e il mestiere.

Nota fonetica.
Quando i termini dialettali che assomigliano a quelli italiani iniziano la “g” dura, vengono modificati.
Talvolta la “g” diventa “j”
Per esempio: gatta diventa jàtte; gamba diventa jàmme.

Talora invece la “g” cade e non viene proprio pronunciata.
Per esempio: guastare = uasté; guerra = uèrre; guanti =uànde; guarnizione = uarnezzjöne.

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Uagnöne

Uagnöne s.m. e s.f. = Bambino, bambina.

L’individuo umano dalla nascita all’adolescenza.

Al plurale fa Uagnüne, inv.

‘ U uagnöne d’a putöje = l’apprendista artigiano

Dispr. Uagnunàstre = giovincello scapestrato, protagonista di malefatte.

Dim. Uagnungjille/uagnungèlle = adolescente; si usa anche per imputare a un giovanotto o una ragazza quasi adulti un atteggiamento puerile, non da adulti. Perciò sono ritenuti inaffidabili.

L’etimologia è molto incerta. Una delle ipotesi imputa la derivazione da “galio-galionis” = giovane mozzo, servo delle navi.
Di qui il termine guaglione diffuso in tutto il Sud con lievi variazioni adattati alla parlata locale (vagnone, uagnöne, uaglione, ecc.)

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Uaciüle

Uaciüle s.m. = Bacinella, catino

Il termine deriva dal lat. bacinum.
Catino, bacile, bacinella: recipiente per liquidi, largo, poco profondo, di uso domestico.
L’oggetto era sostenuto da un trabiccolo di ferro battuto chiamato pöte-uaciüle = porta-catino.

Anticamente era in rame e aveva un uso liturgico (come acquasantiera, o per abluzioni rituali, o per somministrare il Battesimo).

Quelli di uso corrente erano di ferro smaltato. Io ne ho visti di creta smaltata, della stessa pasta i piatti, e anche di porcellana fine.

Ora li fanno di pura plastica Moplen, ma nessuno li usa più, nemmeno per lavare il culetto ai neonati, perché in casa fortunata.

Mi hanno chiesto se la parola uaciüle reca già l’articolo accorpato al sostantivo.

Urge una nota linguistica. Veramente si dovrebbe dire ‘u vaciüle, accettabile anche ‘u uaciüle (non ‘u aciüle) quindi l’articolo non è accorpato, ma è la pronuncia che trasferisce la ‘u’ dell’articolo trasformando la consonante iniziale.

Faccio un esempio, ‘guanto’ si traduce in guànde, ma con l’articolo è ‘u uànde.

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Tùsseche

Tùsseche (o tusche) .m. = Veleno, sostanza tossica

Sostanza che per le sue proprietà può alterare la funzione delle cellule di un organismo vivente con cui ha contatto, fino addirittura provocarne la necrosi.

‘U tùsche ‘i scaramüne (o‘a pòlve i scaramüne) = Il veleno contro gli scarafaggi.

‘U tùsche ‘i sórge (o più tecnicamente l’arsèneche = l’arsenico) = Il veleno contro i topi.   Si vendeva liberamente da Viscardo per questo scopo.

Non risulta nelle cronache locali che sia mai stato usato in atti criminosi contro persone. Gli omicidi, quando avvenivano,  si perpretavano mediante coltellate o fucilate.

Derivato da tùsseche esiste il verbo ‘nduseché = intossicare, avvelenare (in senso figurato) col significato di amareggiare, contrariare, severamente. ostacolare.

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Turtanjille

Turtanjille s.m. = Tortanello (Pane a ciambella)

Quando il pane si preparava in casa, le mamme premurose con quella stessa pasta confezionavano una specie di ciambellone.

Siccome il forno per arrivare alla temperatura voluta aveva bisogno di molto tempo. il fornaio concedeva ai richiedenti di cuocere alcune minutaglie prima del pane.

Tra queste c’era la “pizza alla vampa” (focaccia con olio, sale e origano e raramente con pomodorini) e il “tortanello”, cotte sulla pietra.

Bastava poco tempo per la cottura. Si portava così a casa ‘u turtanjille, un’anteprima del pane, fragrante, e attesissimo da tutta la famiglia.

Pare fosse particolarmente apprezzato con la zuppa del pesce, da intingere nel sugo della ciambòtte.

Da non confondere con il Tortaniello napoletano (detto anche Casatiello) a base di formaggio pecorino, uova salame ecc.

In alcuni paesi garganici per tastare se la temperatura del forno era al punto giusto, i fornai usavano della pasta di pane a forma di ciabatta. Dopo breve cottura questa fragrante pagnottella schiacciata e allungata veniva detta paposcia.   Alcune pizzerie, arricchendo l’impasto con olive stanno riproponendo questa specialità.

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