Tag: sostantivo maschile

Sèttebarjille

Sèttebarjille s.m. = Settebello, sette di denari

Nel gioco della scopa e dello scopone, il sette di denari o, nelle carte francesi, il sette di quadri, che ha valore di un punto.

Sèttebarjille, secondo me, era una versione da ragazzini, chiamato anche, sempre nel linguaggio fanciullesco, ‘u sèttegerjille. Ma gli adulti, riuniti nel bar a giocarsi la birra, lo chiamavano semplicemente sètte a denére = sette di denari.

In lingua italiana il Settebello indica anche un tipo di elettrotreno di lusso che negli anni Cinquanta faceva servizio sulla linea Milano–Roma, così chiamato originariamente perché costituito da sette vagoni, e successivamente per sottolinearne il successo.

Inoltre nel linguaggio giornalistico, il Settebello designa la squadra nazionale di pallanuoto maschile.

Infine il Settebello era il nome commerciale di un contraccettivo meccanico a barriera (insomma un profilattico, un preservativo, un condom) prodotto dalla Hatù, nella linea Durex.

In dialetto è valido solo nella prima versione, ossia il sette di denari. A Matera lo chiamano Prucenìdde, ossia Pulcinella.

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Setèlle

Setèlle s.f. = Buratto, vaglio


Utensile costituito da una rete tesa su un cerchio di materiale rigido.

La setèlle è usata in ambiente domestico per separare la farina dalla crusca e dal cruschello prima della panificazione, o semplicemente a togliere qualche impurità nel macinato..

Ritengo che l’etimo sia abbastanza chiaro. Le maglie strettissime della rete del vaglio sono formate da fili metallici così sottili da far pensare a fili di seta.

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Setàcce

Setàcce o setazze s.m. = Setaccio

Tipo di vaglio, generalmente di latta, usato per separare la polpa del pomodoro dai semi e dalla pellicina.

Era come una alta pentola con tanto di manici, dal fondo bucherellato e con un bordo inferiore sporgente per agevolarne l’appoggio su un altro recipiente.

Si azionava con il palmo della mano spingendo contro il fondo bucherellato i pomodori semi bolliti

Poi furono messi in commercio quelli di alluminio. formato da due pezzi come ‘u mbulenatüre. Difatti in casa mia l’oggetto aveva questa duplice funzione.

Ora esistono le comodissime macchinette manuali passa legumi, usate come passa salsa, che evitano alle nostre mamme di scottarsi le mani, ma consentono la preparazione dell’impagabile sugo di pomodoro fresco e basilico.

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Serràcchje

Serràcchje s.m. = Saracco

Sega a mano generalmente di forma trapezoidale, lunga max cm 60, con una corta impugnatura anatomica fissata ad un lato della lama.

Quello che è al centro della foto è detto “saracco a costa” perché presenta il lato superiore rinforzato per dargli maggiore rigidità e precisione nell’eseguire il taglio. È usato dai costruttori di cornici che si avvalgono di apposite guide, dette “dime”, per i tagli precisi a 45°.

Una curiosità va detta su questo attrezzo: alcuni musicisti virtuosi, con il saracco usato come uno strumento musicale invece che come sega, riescono a cavare delle melodie dal timbro simile a quello dell’ukulele, la famosa chitarra hawaiiana.

Il “violinista” afferra la sega dal manico con la sinistra, la poggia in posizione verticale contro il pavimento, spinge la lama verso il basso in modo che, piegandosi, descriva una “C” e, usando con la destra l’archetto del violino sulla parte non dentata della lama, ottiene un suono lungo e modulato e vibrato.

Più la lama è piegata, più il suono è acuto. Bisogna essere bravissimi a saper calcolare di quanto deve curvare e rilasciare la lama per ottenere le note giuste. Vi assicuro che il risultato è sorprendentemente accattivante.

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Serpànde

Serpànde s.m. = Serpante

Attenzione, non è un errore di battitura, non si tratta di “serpente”.

È un termine un po’ curioso, noto solo a coloro i quali hanno prestato servizio militare in Marina.

Viene così chiamato il Marinaio addetto alla pulizia dei locali igienici sulle navi. Insomma, dato che è un servizio sgradevole, viene imposto come punizione a qualche giovanotto che manifesta spirito bollente, giusto per dargli una calmata e fargli apprezzare la disciplina militare.

A nessuno piace pulire i cessi!

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Senéle

Senéle s.m. = Grembiule

Indumento indossato, specialmente da chi cucina, per coprire la parte anteriore di un abito, dal petto o dalla vita in giù, per proteggerla dallo sporco.

Anche i fabbri adoperano un grembiule di tela spessa o addirittura di cuoio, per ripararsi dalle faville della forgia. Più specificamente è detta vandöre. (←clicca)

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Séme-cjirchje

Séme-cjirchje s.m. = Semicerchio

Si riferisce al finestrino semicircolare posto sopra l’architrave dell’uscio di casa.

Lo chiamavano semicerchio anche se aveva la classica forma rettangolare.

Veniva protetto con rete anti mosche, da sbarre di ferro anti ladri, e da vetrinette interne anti freddo.

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Sellére

Sellére s.m. = Sellaio

Artigiano che fabbrica o ripara articoli di selleria e valigeria od oggetti di cuoio in genere.

Nell’epoca in cui i trasporti venivano eseguiti a trazione animale, i finimenti dei cavalli, dei muli, dei somari, erano rigorosamente fatti a mano e, specie il basto e la sella.

Qui bisogna ovviamente fare una lode a questi maestri artigiani che ci hanno lasciato degli oggetti irripetibili.

Siccome i tempi moderni motorizzati lo hanno messo da parte, questo artigiano si è inventato un altro mestiere passando al mobile imbottito, data la sua abilità a trattare il cuoio. Quindi si èmesso a riparare divani, sofà, poltrone, perfino sedie a sdraio, cuscini e schienali per automobili.

Categoria in estinzione.

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Selènzje

1 – Condizione ambientale caratterizzata dall’assenza di suoni, rumori o voci: che selènzje stasöre = che silenzio questa sera!

2 – Il non parlare, lo smettere di parlare o di gridare, di cantare, di suonare e sim.. Tacere, anche come avvertimento o comando: Selènzje, ca ‘i crestjéne hanna dòrme = Fate silenzio ché le persone (i nostri vicini) devono dormire!

3 – Nelle caserme, nei collegi e sim., ordine che obbliga al riposo e proibisce qualsiasi rumore e anche il periodo in cui vige tale obbligo: Ho sunéte ‘u selènzje = Ha suonato il silenzio!

Ritengo che nel dialetto il termine selènzje sia entrato proprio dai soldati che, cessata la ferma di leva, tornavano a casa con qualche parola di lingua italiana imparata dai commilitoni. Infatti era più usato statte cìtte = sta zitto.

Ricordo che le sere d’estate, davanti all’uscio di casa, accoccolati su una stuoia stesa sul marciapiedi, si svolgeva il gioco del silenzio. Uno dei partecipanti recitava la poesia:

Selènzje selènzje, selènzje,
ca addröte ‘a porte da Laurènzje
sté ‘nu strónzele sìcche!
Chi pàrle apprüme ce l’allìcche!!!
 (Ssssst!)

Traduzione: Silenzio, silenzio, silenzio/dietro la porta di Lorenzo/c’è uno stronzo secco/chi parla per prima se lo lecca.

Anche se la presenza dello stronzo dietro la porta di Lorenzo era del tutto immaginaria, il silenzio scendeva improvvisamente sul gruppo, salvo a sparire in una esplosione di voci appena qlcu si lasciava sfuggire un minimo flebile tratto di voce.

Mia nonna, analfabeta, per farci stare zitti diceva spesso: solènzje!.

Usava questa curiosa versione perché era di Macchia, o perché voleva fare un tentativo di imitazione della lingua italiana? Non lo saprò mai.

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Sedüne

Sedüne s.m. = Panchina

Da non confondere con il termine italiano “sedile” che designa qlsi qualsiasi appoggio o sostegno, mobile o fisso, adatto a sedersi, come il sedile dell’automobile, o del trattore, o della sedia a dondolo o addirittura del copri wc.

Da noi è solo quello dei giardini pubblici e privati, o dei viali del lungomare, o delle stazioni. In lingua viene chiamata correttamente “panchina”.

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