Tag: sostantivo maschile

Scunnìgghje

Scunnìgghje s.m. = Nascondiglio

Inteso come angolo nascosto della casa dove trovano rifugio le cose più impensate.

Véche truànne ‘na cöse e nen la tröve. Chisà jìnda a qualu scunnìgghje sté ammuccéte = Vado cercando un oggetto e non lo trovo. Chissa in quale angolo recondito è nascosto.

 

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Scungiajùche

Scungiajùche agg. e s.m. = Guastafeste

Chi o che è rompiscatole, disturbatore, impiccione, ficcanaso, importuno, e chi più ne ha più ne metta.

Costui con la sua presenza poco gradita o con atteggiamenti e parole fuori luogo, rovina l’allegria di un ambiente o turba la serenità altrui.

Anchechi disturba o impedisce la realizzazione di un progetto o la prosecuzione di un lavoro già iniziato.

Insomma qlcu che fa bene a restarsene a casa sua!

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Scumbüte

Scumbüte s.m. = Sconforto

Scoraggiamento, avvilimento, afflizione, demoralizzazione.

Me sté facènne venì ‘u scumbüte pe sti fàtte ca m’accùnde= Mi stai facendo cadere in uno stato di afflizione con questi fatti che mi racconti.

Nota fonetica: tutti i termini che contengolo ‘nf’ diventano ‘mb’ (Mambredònje vale per tutti).

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Scujirte

Scujirte s.m. = Cortile interno.

Alla lettera significa: scoperto. Deriva dalla locuzione latina ex coopertum.

Si tratta di una superficie a cielo aperto esistente all’interno del condominio come pozzo luce di proprietà comune.

Una volta, quando le case erano per lo più ubicate a piano terra, lo spazio retrostante, recintato, era adibito a stenditoio ed era uno spazio di pertinenza del vano abitato. Qualcuno vi alloggiava ‘u caggellöne = la stia per allevare le galline ovaiole.

Per scujirte si intende anche un terreno recintato adibito a deposito di materiale vario a cielo aperto.

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Scòmbre

Scòmbre s.m. = Scombro

Lo sgombro (Scomber scombrus), comunemente chiamato anche “maccarello”, è un pesce azzurro della famiglia degli scombridi, molto diffuso nel Mediterraneo e nell’Atlantico

Nella zona di Bari lo chiamano Maccarello (e anche Naccarello) sulla scorta del norvegere Makrel , del tedesco Makrell e francese Maquerau.

Molto usato nella cucina mediterranea è raccomandato dai medici per il suo apporto in grassi omega 3 particolarmente adatti per chi è affetto da ipercolesterolemia.

Nella cucina manfredoniana si usa spaccarlo longitudinalmente e speziarlo com prezzemolo e aglio tritati, un po’ di pepe, e semi di finocchietto. Si fanno cuocere sulla graticola spennellandoli con “salmoriglio” (olio,aceto e sale sbattuti con la forchetta per ottenerne l’emulsione). Tutta salute.

Nota linguistica, Al singolare fa scòmbre con la ò aperta; al plurale scómbre, con la ó chiusa (come fórne).

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Scjitte

Scjitte s.m. = Vomito

Il contenuto gastrico espulso in modo totale o parziale dalla bocca per indisposizione o mal d’auto.

I ragazzi moderni dicono ‘u vòmete. Ma loro hanno fatto le scuole dell’obbligo mentre i vecchi pescatori no. Finché saranno vivi questi ultimi circolerà la versione originale. Non dimentichiamola.

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Scjìnere (o jìnere)

Scjìnere (o jìnere) s.m. = Genero

Scjìnere (o jìnere) s.m. = Genero

Il primo termine è più antico, il secondo è più recente, meno rozzo.
Il significato è semplice: si tratta del marito della figlia, il genero.

Alcuni, per un fenomeno linguistico chiamato metatesi, ossia spostamento di vocali e consonanti all’interno di un termine, pronunciano scjirne o jirne. Altri esempi di metatesi: frabbeche, crépe, pröte, struppjé = fabbrica, capra, pietra, storpiare.

Se si riferisce al proprio genero, si dice scjirneme,o jirneme, oppure, con parlata moderna, ‘u jinere müje = mio genero.

Se si tratta del genero di chi ascolta, si dice: scjirnete o jirnete, ‘u jinere tüje.

Ovviamente al femminile fa nöre, nòrete, nòreme (anche ‘a nöra möje) = nuora, tua nuora, mia nuora.

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Sciulì-sciulà

Sciulì-sciulà s.m. = Scivolo, gioco fanciullesco.

Dire “scivolo”, come quelli che si trovano nei parco-giochi è un po’ azzardato. Quello che intendo descrivere era semplicemente un costone roccioso posto in pendenza nelle cave di pietra attorno alla nostra città.

Ovviamente parlo dei miei tempi. Vi assicuro che non erano come quelli che conoscete. Non avevano sponde di sicurezza, né la scaletta per la risalita. Era semplicemente un pendio dal quale ci lanciavano seduti su una larga latta schiacciata, a guisa del bob da ghiaccio.

Se adesso sto qui a descriverlo, sto dando testimonianza dell’esistenza reale dell’Angelo custode!
La discesa – pensando adesso a mente serena – era pericolosissima perché si poteva precipitare nel burrone e/o sfracellarci sul fondo della corsa. Qualche temerario si poneva sulla latta addiirittura prono, con la testa rivolta verso il fondo della china.

Quella frequentata da me si trovava alle spalla dell’attuale Chiesa di San Camillo. Non c’era né l’Ospedale, né tantomeno la chiesa. Era fantasiosamente chiamato “il Parco” confinante con i fichidindia della futura Via Barletta.

Un’altra era collocata dietro l’attuale Ufficio dei Vigili Urbani e una terza in Via Cave, l’ultima traverso di Via Antiche mura.

Ma jì a ffé sciulì-sciulà? = Andiamo a fare lo scivolo?

Il sostantivo è un po’ onomatopeico, come zinghe-nzelànghe = altalena.

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Sciucarjille

Sciucarjille s.m. = Giocattolo

Alla lettera significa “giochino”, dal modo antico di dire gioco sciùche, poi diventato jùche).

Trastullo per bimbi, per lo più un oggettino nuovo che desta la sua curiosità e la sua attenzione.

Per estensione: inezia, cosuccia, roba di poco conto.

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Sciònghe

Sciònghe s.m. = Giunco

Al pl. fa sciónghe, con la “o” stretta.

Il giunco (Juncus effusus) è un cespuglio acquatico, diffuso nelle aree umide, vive nei pressi di fiumi e laghi, nelle acque correnti pulite, ma spesso lo si trova anche vicino agli acquitrini. Si sviluppa a ciuffi, ricoprendo rapidamente ampie superfici.

I giunchi in cespuglio vengono detti anche mammazze.

Era raccolto nei pantani per ricavarne scope da giardino (scöpe de sciónghe), cestini per contenere ricotta o formaggi freschi, ecc

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