Tag: sostantivo maschile

Felére

Felére s.f. = Fila

Serie di cose o persone allineate una accanto all’altra (allineamento) o una dietro l’altra (successione).

Felére de bettüne = fila di bottonio

Felére d’àreve = Fila d’alberi

Filed under: FTagged with:

Felatjille 

Felatjille s.m = Spaghetti o vermicelli.

Accettabili anche le versioni  felatjidde, falatjille e falatjille
Varietà di pasta alimentare lunga, secca e filiforme.

Etimo: in dialetto deriva certamente da filo e filato, mentre in lingua deriva da spago per spaghetto e da vermi per i vermicelli, indubbiamente per l’aspetto filiforme della pasta, caratteristica della gastronomia italiana.

Felatjille è un nome generico, non so se viene usato ancora, per indicare gli spaghetti. In effetti questi hanno una serie di nomi per indicare ciascuna misura.

Ecco quelli che ricordo:
‘i capellüne (d’àngele) = i capellini
‘i spaghettüne = gli spaghettini
‘i spaghètte = gli spaghetti ‘ristoranti’, i più usati (almeno a casa mia….)
‘i spaghètte menuzzéte = spaghetti sminuzzati si cuocevano per preparare le minestrine in brodo o la pasta con i legumi.
‘i felatjille = i vermicelli
‘i perciatjille = gli spaghettoni, non più adoperati perché richiedevano una cottura molto lunga, incompatibile con l’appetito incontenibile dei giovani.

Filed under: FTagged with:

Felabbustjire

Felabbustjire agg. s.m. = Scaltro

Chi e che è furbo, astuto, dalla lunga esperienza, che sa trovare sempre un espediente per cavarsi d’impiccio, che agisce senza scupoli, con prepotenza e addirittura al limite della legalità per raggiungere il suo scopo.

È un soggetto da evitare, che ne ha combinate di cotte e di crude, un ben farbutto.

E vüje ve mettüte pe quèdda pèlle? Sòrte de felabbustjire ca jì! = E voi volete competere con quella pellaccia? Sapete che è un autentico furfante.

L’etimologia è chiara: deriva da ‘filibustiere’, che anche in italiano è sinonimo di mascalzone, canaglia, delinquente, imbroglione, disonesto, farabutto, furfante, ecc.

Filed under: FTagged with: ,

Fèdeche

Premetto che il termine esposto è stato usato fino alla mia generazione. Ora i ragazzi che hanno frequentato la scuola dell’obbligo hanno un po’ snaturato il dialetto e dicono fèghete, quasi come il corrispondente lemma italiano.

Il fegatoè una ghiandola interna molto importante per il metabolismo degli appartenenti alla fauna terrestre, marina, umani compresi. Non voglio fare una disquisizione scientifica…

Preferisco guardare il fegato dal punto di vista gastronomico. Infatti viene usato a fette cotto alla piastra, o in umido con la cipolla. Usato a pezzettini nella confezione dei turcenjille pugliesi.

Filed under: FTagged with:

Fecòdde 

Fecòdde s.m. Busbana, Merluzzetto giallo, falso merluzzo

Pesce a carne bianca della famiglia dei Gadidae (Trisopterus minutus capelanus).

Si pesca abbastanza vicino la costa, tra la superficie e 300 mt. di fondo, spesso in banchi numerosi. Si ciba in preferenza di crostacei.

Abbastanza comune nel Mediterraneo occidentale ed in Adriatico.

In Terra di Bari li chiamano semplicemente “fichi”, nome che somiglia per etimologia al nome manfredoniano.

So che a Molfetta li chiamano “Nuzze menghiaràjene” ossia il merluzzo fesso, minchione, stupido.

Non supera i 20 cm e per questo è ritenuto di scarso interesse commerciale. Noi Manfredoniani invece lo apprezziamo, specie se preparato in bianco o frittura.

Filed under: FTagged with:

Fechedègne

Fechedègne s.m. = Ficodindia

Al plurale è fechedìgne o anche fechedìnje 

Questo pianta (Opuntia ficus-indica) è originaria dell’America (Indie occidentali, come le chiamò Cristoforo Colombo). I suoi frutti per la loro dolcezza furono paragonati ai fichi nostrani.

Per la stessa provenienza abbiamo i Peperoni e il Mais (Pepedìnje = pepe d’India e Gréndìnje = grano d’India).

Il termine è generalmente volto al plurale. Se si vuol indicare un singolo frutto si dice fechedègne. Le persone che una volta si dedicavano alla coltivazione, o quanto meno alla raccolta e alla vendita al minuto erano detti: fechedegnére.

Si distinguono in fechedìnje masculüne = fichidindia mascolini, con poca polpa, giallastri e poco gustosi, detti anche ‘ndursacüle  (= che intasano il culo) per i suoi  nefasti effetti collaterali  arrecavano un’occlusione al sistema digerente.  Si diceva che tutti i noccioli si ammassassero nella parte terminale dell’intestino causando il blocco dell’evacuazione. Si diceva anche che per liberare l’ano intasato (‘ndurséte) si doveva ricorrere manualmente mediante una cannuccia o a una forcina da capelli.

Secondo me erano tutte fandonie.  Anzi, sembra che, mangiati numerosi a digiuno e accompagnati da molta acqua, abbiano effetto anti stipsi. Insomma liberano l’intestino senza bisogni di ricorrere a farmaci.

Eccellenti invece i fechedìnje a pagnòtte, grossi (iperbolicamente paragonati al panino) rossi e dolcissimi.

Agghje capéte tre fechedìgne a pagnòtte = Ho scelto (fra gli altri) tre fichidindia belli grossi (a forma di pagnottelle).
Delicati e profumati quelli detti fechedìgne a Reggiüne = fichidindia della Regina.

Talvolta crescono inglobati nella “pala” e vengono chiamati fechedìgne a pìzzeche.

Quando vengono raccolti da mani inesperte (spràteche = prive di pratica manuale) l’attaccatura alla pala si lacera: allora diconsi fechedìnje sculacchjéte = fichidindia sfondati (dal culo rotto).

Quelli raccolti a ottobre, essendo maturati a lungo sulla pianta, assumono un bel colore rosso/violetto e sono davvero squisiti.

Esistono anche fichidindia tardivi che vengono detti fechedìgne vernüne = fichidindia invernali, raccolti a dicembre ancora succosi e zuccherini.

I fichidindia siciliani sono belli perché variopinti (rossi, violetti, verdi, gialli), ma a mio parere non dolci quanto quelli nostrani, dal monotono colore arancione, ma zuccherini.

Molti sono dicono scherzosamente,  che il nostro Santo protettore, San Lorenzo Majorano, abbia fatto una solenne scorpacciata di fichidindia e che, col suo gesto benedicente alla latina (con tre dita della mano destra distesi, ad indicare la Trinità divina) si vantava di averne trangugiati trecento!
Cosa impossibile (non l’ingozzatura) semplicemente perché ai suoi tempi, cioè nel V secolo d.C., in Europa questo frutto non esisteva. Difatti arrivò “soltanto” dieci secoli dopo, con la scoperta dell’America, (sec.XV d.C).
Ringrazio Enzo Renato e Aronne Del Vecchio ed altri lettori per i loro preziosi suggerimenti che mi hanno consentito di ampliare questo articolo.

Filed under: FTagged with:

Fechedegnére

Fechedegnére s.m. = Coltivatore di fichidindia

Con questo termine si intende designare sia colui che i coltiva, sia quello che li raccoglie e sia la persona che li vende.

La coltivazione dei fichidindia avviene per lo più in Sicilia. Da noi le piante crescevano e crescono tuttora, quantunque in misura ridotta, in maniera spontanea su terreni demaniali attorno a Manfredonia.

Qlcu si industriava di andare a raccoglierli per venderli e guadagnare qualcosa: è sempre stato frutto dei poveri.

Pane e fichidindia era la cena, certamente genuina e salutare, ma con poche proteine, della popolazione degli anni ’40 e ’50.

Filed under: FTagged with:

Favógne 

Favógne s.m. = Favonio

Vento caldo di ponente. Nel versante alpino viene chiamato col nome tedesco di Föhn.

Credo che l’asciugacapelli elettrico (fon) abbia preso questo nome proprio per il vento caldo che produce.

Sia Favonio, sia Föhn (scritto anche Foehn) derivano dal latino favonius, nome con il quale i Romani chiamavano il caldo vento di ponente (il greco zefiro). Il nome è conservato nella regione delle Alpi col significato attuale

Quando spira ‘u favógne si trova frescura solo restando tappati in casa anche se si è in piena estate.
Se poi il vento si gira a sceròcche, carico di umidità, occorre accendere i climatizzatori a palla

Filed under: FTagged with:

Favezöne 

Favezöne agg. e s.m. = Insincero

Comportamento falso, menzognero, ipocrita, dissimulatore.

Persona che agisce falsamente.

Làsselu pèrde ca códde jì ‘nu favezöne = Lascialo perdere, ché costui è un menzognero.

Filed under: FTagged with: ,

Fattappòste 

Fattappòste   s.m. = Dispositivo, meccanismo

Congegno che, applicato a un apparecchio, a un impianto e sim., svolge una specifica funzione.

Anche un oggetto qualsiasi che abbia una sua funzione: un cacciavite, un braccetto reggi-mensola, un supporto per tegami, un ferma-porta, ecc.

Si usa il sostantivo ‘u fattappòste , che alla lettera significa: fatto appositamente (per quest’uso) quando non si conosce il termine corretto, o semplicemente perché in quel momento non viene alla mente.

Sotte ce völe ‘u ferrètte, e söpe ‘u fattappòste = Nella parte inferiore della porta ci vuole un fermo e nella parte superiore il “coso”….
In questo caso si tratta del saliscendi, chiamato dai falegnami (clicca→) ‘u zeremìnghe.

Filed under: FTagged with: