Mese: Maggio 2018

Mànde

Mànde s.m. = Vello, mantello

1) ‘U mande = Il vello degli ovini tosato intero, ultilizzato per imbottire i materassi si una volta. Se la lana era a tosata a bioccoli aveva un valore decisamente inferiore di quella tosata “a mande

2) ‘U mande = Il mantello, specialmente usato nella locuzione sté ‘nu mande de sedöre, o ‘nu mande d’acque.. Madido di sudore, coperto di sudore, inzuppato di acqua per l’abbondante traspirazione, come un manto, per tutto il corpo.

Stéje ‘nu mande de sedöre! Fàtte ‘na refreşkéte! = Sei madido di sudore, datti una rinfrescata!

Mettume tutte cöse sòtte ‘u mande ‘a meserecòrdje = Mettiamo ogni cosa sotto il manto della misericordia divina (ossia, mettiamoci una pietra sopra e non ne parliamo più). Per dimenticare un’offesa o un credito inesigibile.

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Mammazze

Mammazze s.m. = Giunco spinoso o Giunco marittimo

È una pianta della fam. delle Juncaceae (Juncus spinosus o Juncus acutus. e Juncus effusus) e cresce a cespugli in zone sabbiose ed umide ed in ambienti salmastri. Il fusto è ramificato e alto fino a trenta cm., rigido, acuto e pungente all’apice.

Il nome deriva dal verbo latino juncus, ossia congiungere, unire, legare, e rispecchia l’uso che si faceva di questa pianta.

Infatti il giunco, prima dell’avvento delle materie sintetiche che ne hanno soppiantato l’utilità, era usato:

-nella pastorizia, per la fabbricazione di fuscelli e canestri atti contenere ricotta e formaggio;
-in marineria, era apprezzato nel confezionamento delle nasse e per la cattura dei favolli;
-in agricoltura, per legare la vite, per costruire crivelli, e tutto quanto c’era da legare nelle attività campestri.

Dopo tutta la pappardella quasi scientifica, mi piace ora ricordare quello che diceva mia madre, quando mi “esortava” a usare il pettine:

Aggióstete quìddi capìlle! Assemègghjene a tanta mammazze! = Pettinati quei capelli (ritti e senza verso)! Sembrano tanti giunchi spinosi!

Nota linguistica:
Mammàzze è detto generalmente al plurale, per indicare il cespuglio ancora sul terreno;
Sciònghe (←clicca), detto spesso plurale sciónghe, con la ó stretta, per indicare gli steli, già tagliati e pronti per la lavorazione.

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Màmete

Màmete s.f. = Tua madre

Come in tutto il sud Italia il possessivo dei nomi riguardanti i familiari si lega al sostantivo (màmete, sòrete, fràtete, nònneme, nònnete, cainàteme, ecc.)

I Napoletani dicono màmmeme (=mia madre); da noi basta màmme = MIA madre.
I Calabresi màmmese = sua madre. È troppo.

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Mambredunjéne

Mambredunjéne agg. e sost.inv. = Manfredoniano

L’aggettivo manfredoniano si traduce mambredunjéne. C’è quella “u” che trovo inspiegabile in un più lineare mambredonjéne… La tradizione va rispettata e si deve dire mambredunjéne, invariabile per genere e numero.
Me piéce ‘u dialètte mambredunjéne = Mi piace il dialetto manfredoniano.
Quìste so’ chésecavalle mambredunjéne = Questi sono caciocavalli manfredoniani.

Come sostantivo si deve usare la lettera maiuscola: Mambredunjéne = persona nativa, originaria o residente a Manfredonia.

I Mambredunjéne so’ amande de balle = I/le Manfredoniani/e sono amanti del ballo, amano danzare, fare feste. Carnevale docet!
Ce süme truéte a Meléne tutt’i Mambredunjéne pe vedì ‘a partüte = Ci siamo incontrati a Milano tutti i Manfredoniani per assistere ad un incontro di calcio. Allora Watson, eravamo allo Stadio Meazza/San Siro.

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Mambredònje

Mambredònje n.p. = Manfredonia

Per effetto di un fenomeno che ho spiegato in home page, su Ortografia e Fonologia in dialetto il gruppo di consonanti nf diventa mb
(Cumbìtte, mbàcce, mbrònde, ecc.).

La parola più adatta per fare un esempio è proprio il nome della nostra amata Manfredonia.

Quando dai ragazzi che hanno frequentato la scuola dell’obbligo, sentite pronunciare Manfredònje, diffidate, perché essi parlano un d.g.m. = dialetto geneticamente modificato, incompatibile con la tradizione!!!

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Mamàngele

Mamàngele s.f. = Lucertola

Lucertola Comune (Podarcis siculus) piccolo rettile terrestre dalla testa appiattita, lunga coda, zampe corte e lingua bifida; ama i luoghi aridi e soleggiati e si nutre di insetti e di vermi.

Quelle che non hanno raggiunto l’età adulta, e quindi di dimensioni ridotte, sono chiamate mangiulècchje, o con linguaggio fanciullesco mamangiulècchje.

Sono innocue per le persone.

Si vociferava che i frequenti incendi dei campi di grano non ancora raccolto erano cusati per vendetta da non ben identificati “terrazzani”, i quali si servivano di lucertole sulla cui coda legavano uno zolfanello. Una volta liberate esse si andavano a rifugiare nei campi. Il sole faceva il resto.
La vendetta era rivolta contro quei padroni che non permettevano loro di spigolare, perché temevano che i terrazzani spigolavano nel campo non ancora mietuto.    Io credo che non sia vero.

Sono portato a pensare che l’ammontare del risarcimento ottenuto dalle compagnie di assicurazioni compensasse l’annata che prometteva scarso raccolto.
Quindi l’incendio era doloso, una vera e propria truffa dei coltivatori a danno dell’Assicurazione.
Non c’entravano nulla né i terrazzani, nè tantomeno le povere lucertole.

Il caro Prof. Michele Ciliberti – che ringrazio di cuore – mi ha fornito una bella spiegazione sull’etimo di “mamàngele“:

«La maggior parte degli studiosi ha individuato l’origine e l’etimologia della parola dialettale “mamàngele” (lucertola) nelle sue stesse parti costitutive e cioè: “mamma” e “angelo”. Io, francamente, non sono di questo avviso, poiché non vedo alcuna attinenza tra il legame delle due componenti e il significato denotato dal termine stesso “mamàngele”, pur riconoscendo che ogni mamma è angelo nella propria casa, ma questa è un’altra storia.

Sicuramente la prima parte della parola non è “mamma” ma “maimon” che nelle lingue arabe e semitiche ha significato di “essere diabolico” ossia “diavolo”, quindi il significato di “mamàngele” sarebbe “diavolo-angelo”. In che senso, però? Nell’eterna lotta tra il bene e il male, il primo è rappresentato da un angelo (Michele), il secondo dal diavolo o da un drago o da un “sauro” generico. “Sàuros” in greco significa “lucertola” (dinosauro da “déinos sàuros” significa “lucertola terribile”).
Data la dimensione e l’innocuità, questo grazioso e onnipresente animaletto non potrebbe mai rappresentare il male, per cui al significato della prima parte del nome (“essere diabolico”, poiché nelle sue piccole dimensioni somiglia a un drago) si è voluto aggiungere quello di bene, cioè di “angelo”, in modo da mitigare o equilibrare il significato negativo.

Noi, da bambini, andavamo a caccia di “mamàngele” con lo stelo dell’avena selvatica, alla cui estremità veniva fatto un cappio e bisognava cercare di far passare dentro l’animaletto e subito tirare in modo che rimanesse prigioniero. Qualcuno si divertiva pure a mettere in bocca alla “mamàngele”, così catturata, del tabacco. L’animaletto ubriaco faceva strani movimenti o balli, facendo divertire gli ignari seviziatori.»
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Malùcchje

Malùcchje s.m. = Malocchio

Nelle credenze popolari, influsso malefico di cui sono ritenute responsabili certe persone, e contro di esso bisogna munirsi di amuleti e ammennicoli vari.

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Maltöse

Maltöse sopr. = Maltese

Il soprannome appartiene a una famiglia di marittimi, naviganti e pescatori sipontini di cognome Castriotta proprietari di tre Trabbaccoli.

Gesèppe Maltöse abitava in corso Roma, vicino al cortile che sbuca in Via Stella, ed era il papà del prof.Castriotta, non vedente, conosciuto da centinaia di studenti e ora anche dai lettori di questo blog per alcune poesie pubblicate.

Il soprannome significa propriamente Maltese, ossia originario di Malta.

Presumo anche che possa derivare da “febbre maltese”, un’epidemia che colpiva le popolazioni mediterranee nei secoli scorsi, e da cui era evidentemente sopravvissuto il Castriotta che lo ha trasmesso alla sua stirpe.

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Malòmbre

Malòmbre s.m. e s.f. = Seccatore, malvagio, fantasma

1) Malòmbre s.m. Persona petulante, insistente, che usa toni e modi importuni e fastidiosi.

E ‘stu malòmbre sèmbe quà attórne stéje = E questo petulante sempre qua attorno si aggira? Insomma un brutto soggetto che è meglio non incontrare.

Presumo che il termine derivi dallo spagnolo malo = brutto, o cattivo, o malato, e hombre = uomo.

Molti termini spagnuoli sono rimaste nel nostro dialetto dopo secoli di dominazione nel Regno delle due Sicilie.

2) Malombre s.f. = Spettro, fantasma. È detto al femminile: ‘a malòmbre.

Sott’u castjille ce vöte ‘a malòmbre! = Sotto il castello appare il fantasma.

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Mallàrde

Mallarde s.m. = Germano reale

È un volatile (Anas platyrhynchos) della famiglia delle Anatidae con becco largo e piatto e piedi palmati atti al nuoto. Emigra disponendosi in formidabili formazioni a V.

Il Mallarde era una preda molto ambita fra i cacciatori che si appostavano nei terreni umidi e paludosi del Tavoliere per attenderne il passaggio migratorio.

In italiano l’esemplare maschio è chiamato Germano reale, e la femmina Anitra reale: presumo perché è cacciagione pregiata.

Il nome dialettale deriva direttamente dal francese mallard, nei cui territorio è conosciuto come “mâle chez les canards” = maschio presso le anatre, ossia l’esemplare maschio dei canard.
Nella foto di sinistra è ripreso l’esemplare maschio e in quella di destra la femmina, meno appariscente perché, a guardia del nido, mimetizzandosi con l’ambiente, non attira i predatori.
Germano reale

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