Speccé

Speccé v.t. = Svuotare, liberare

Speccé nel senso di svuotare si riferisce a recipienti pieni di liquidi che bisogna svuotare.

Spìcce ‘stu còmete ca m’abbesògne = Svuota questo recipiente perché mi necessita.

Per estensione, nel senso di liberare,si applica a locali, abitazioni, magazzini, ecc.

‘U patrüne m’ho cerchéte ‘u sutterrànje e lu völe trué speccéte jìnd’a tre müse = Il proprietario mi ha chiesto il locale seminterrato, e lo vuole ottenere libero (da cose e persone) entro tre mesi.

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Spavjinde

Spavjinde s.m. = Monito

Non è come l’italiano ‘spavento’ nel senso di paura.

Nel dialetto significa: avvertimento, ammonimento, consiglio, insegnamento, rimprovero, magari fatti con cipiglio, a muso duro..

Se nen lu völe capìsce, dàlle ‘nu bèlle spavjinde = Se non lo vuol capire, dagli un bell’ammonimento.

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Spatrjé

Spatrjé v.t. = Spargere, sparpagliare

Significa anche disperdere disseminare.

Meh, mò arrecugghjüte tutt’i cöse ch’avüte spatrjéte pe ‘ndèrre! = Bene, ora raccogliete tutte le cose che avete disseminato per terra!

Quanne ce möne ‘u fumjire, ce spatrjöie bèlle bèlle = Quando si butta il letame si (deve) disseminarlo per bene (sul terreno).

Nella forma riflessiva è riferita ai familiari che si allontanano fisicamente tra loro, volenti o nolenti, perché residenti in località differenti. In questo caso il verbo potrebbe essere ispirato dalla locuzione verbale “andare fuori patria”, espatriare, emigrare.

Eh, ce süme spartjéte, chi a Röme, chi a Meléne, chi ‘Ngermànje! = Eh, ci siamo sparpagliati, chi a Roma, chi a Milano, chi in Germania!

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Spasséte

Spasséte s.f. = Evacuazione

Evacuazione, liberazione dell’intestino, cacata.

So jute a farme ‘na spasséte jìnd’ i fechedìgne = Sono andato a svuotarmi l’intestino nella piantagione dei fichidindia.

Ora grazie a Dio, tutti quanti facciamo in casa i nostri bisognini, ma una volta gli uomini si dirigevano nei terreni coltivati a fichidindia o “abbascjamére” = giù al mare, per l’espletamento delle funzioni intestinali .

Simpatica questa locuzione eufemistica al posto di “cacare”, come per dire che si è andati a spasso. In tedesco “spass” significa: divertirsi…

Credo che il termine sia gergale, ossia usato da una stretta cerchia di persone (barbieri, calzolai, muratori, ecc.) quando dovevano assentarsi dalla bottega – all’epoca ovviamente sprovvista di bagno – per un po’ di tempo allo scopo di espletare i loro bisogni fisiologici.

Mò véche a fé ‘na spasséte

Qualche buontempone per la stessa motivazione, diceva che era diretto a “fé ‘nu telegràmme“, data l’urgenza richiesta per l’impellente operazione, ovviamente mostrando al capomastro un “modulo cartaceo” per il cosiddetto telegramma, magari carta di giornale…

Scusate la volgarità, ma stiamo eufemisticamente argomentando di cose molto serie che accadevano fino agli anni ’50!

Ho appreso, leggendo qua e là, che il sostantivo è una derivazione dotta, cioè proviene addirittura dal latino ex-passare.

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Spasètte

Spasètte s.f. = cassetta a vassoio

Intendiamo con questo sostantivo quella cassetta rettangolare, di legno o di cartone o di plastica, con le pareti basse, destinata a contenere frutta o anche pesci o altre derrate alimentari.

Il termine deriva dall’aggettivo spése = sparso, poco profondo, piano.

Specificamente si usava il termine platò, derivato direttamente dal francese plateau (leggi plató) = vassoio per indicare il contenitore della frutta, e telére quello dei pesci..

Si usa anche al vezzeggiativo spasèlle ed indica pure la teglia bassa per il forno domestico o anche un piatto oblungo, in italiano chiamato pesciera.  Anticamente indicava altresì un unico grande piatto che si poneva in mezzo alla tavola dal quale attingevano il desinare tutti i membri della famiglia.

Mecöle c’jò chjechéte ‘na spasèlle de pàste au fórne! = Michele ha gradito una teglia intera di pasta al forno!

Benedüche! = Alla salute

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Spasé

Spasé v.t. = Spandere

Tracimare, traboccare, rovesciare, sversare, svuotare.

Dicesi, ad esempio, della pasta del pane che per effetto della soverchia lievitazione esce fuori dal suo contenitore.

O del vino che a causa di un urto tracima dal bicchiere e si rovescia sulla tovaglia o dello spumante che esce dalla bottiglia con un getto di bollicine.

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Spartetöre ‘i vüje

Spartetöre ‘i vüje topon. = Divisione delle vie.

Toponimo riferito all’innesto della S.S. 159 delle Saline con la S.S. 89 Garganica, nei pressi dell’ex Ajinomoto.

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Sparge

Sparge s.m. = Asparago


Dal greco aspharagos e dal persiano asparag, dal significato di germoglio.

 

Germoglio commestibile della pianta erbacea, rizomatosa, della fam. delle liliacee. Noi intendiamo solo quelli campestri. (Asparagus acutifolius). Gustosissimi e profumati. Ottimi in frittata o anche solo bolliti e passati con un filo di olio garganico.

 

Gli asparagi coltivati (asparagus officinalis). non fanno parte della nostra cultura. Cominciano a fare capolino sulle bancarelle, ma nessuno li vuole. I coltivatori di Zapponeta li mandano al Nord Italia e in Germania.

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Sparazàppe

Sparazàppe sopr.= Che spara alla zappa

Soprannome affibbiato a qlcn che non amava lavorare la terra, e che vedeva nella zappa un nemico e fu indotto spararle una fucilata!

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Sparatràcche

Sparatràcche s.m. = Cerotto


In italiano cerotto comprende due tipologie di adesivi:

1) la tela adesiva, venduta in rotoli di varie altezze, che serve per fissare i bendaggi nelle medicazioni;

2) la striscetta adesiva sforacchiata, con al centro una piccola garza medicata, usata per medicare e proteggere abrasioni e ferite superficiali.

Noi intendiamo con sparatracche solo la prima voce, cioè quello a rotolini. Il termine proviene dal francese sparadrap (pronuncia sparadrà) o dallo spagnolo Esparadrapo.

Il 2) si chiama quasi come in italiano ‘u cerotte perchè è un prodotto di fattura relativamente recente. Il contesto della frase stabilisce di quale cerotto stiamo parlando.
Ricordiamo che ceròtte principalmente indica il lumino votivo.

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