Cujöte agg. = Calmo
In italiano si può tradurre letteralmente con quieto, nel senso tranquillo, sereno, calmo, riferitio a persona, o all’andamento meteorologico.
Stàtte cujöte! Momò vüte ca torne. = Sta’calmo! A breve vedrai che tornerà.
Cularüne s.m. = Clarinetto
Strumento a fiato di legno, ebanite o metallo, ad ancia semplice, dotato di una canna cilindrica terminante a campana,
munita di fori in parte liberi in parte chiusi da apposite chiavi.
Il legno utilizzato per costruire il clarinetto è in prevalenza l’ebano, che conferisce il caratteristico colore nero.
Grazie alle doti espressive e tecniche, il clarinetto è presente in vari generi musicali: classica, jazz, popolare, bandistica.
Ora i ragazzi, che hanno studiato in conservatorio, lo chiamano ‘u clarenètte simile al termine italiano.
Culàzze s.f. = Retro, terga.
Parte posteriore di un veicolo a trazione animale (carretto, carrettone, calesse).
Appùgge ‘a culàzze ‘mbacce ‘u müre = Appoggia il retro contro la parete.
Cüle s.m. = Sedere, deretano, ano.
(Pop.) Culo: Parte del corpo costituita dalle natiche.
(volg.)Che cüle = che culo!, che fortuna!
(volg.)Leccacüle = Adulatore.
(volg.)‘Ngüle = In culo
Cúleca-ljitte loc.id. = Conclusione
Beh, se vogliamo dirla tutta, é la conclusione che nessuno vorrebbe.
Si dice con inquietudine: E cóste jí ´u cúleca-ljitte! = E questo é il colpo finale. Come per dire: e questa è la riconoscenza, il compenso, la gratitudine?
Faccio qualche esempio:
1) io ho lavorato tutta la giornata per sistemare una certa cosa, quando arriva il Capo e – succede, succede!… – imnvece di apprezzare la mia opera, dice che essa va rifatta secondo altri criteri. Bene l´ordine del superiore è la “conclusione” della mia fatica! L´amaro in bocca.E cóste jí ´u cúleca-ljitte!
2) Cosí come quelli che fanno un favore ad un conoscente e poi vengono anche cazziati, fatti oggetto di rimbrotto perché non di suo gradimento. E cóste jí ´u culeca-ljitte.
3) Oggi, dopo pranzo ci siamo accorti che la lavatrice perdeva acqua ed aveva allagato lo stanzino. Col boccone il gola ci siamo dati da fare per raccoglierla. Ecco, questo inconveniente è la materializzazione piú evidente del sostantivo culeca-ljitte!
4) Altro caso. Dopo avere dichiarato unilateralmente l´apertura della striscia di Gaza da parte di Israele, Benjamin Netanyahu, si é dovuto ricredere ben presto, perché un fondamentalista islamico, fondamentalmente imbecille, ha attuato un sonoro attentato dinamitardo. C´era bisogno? L´indomani gli Israeliani hanno bombardato il villaggio da cui era partito l´attentatore. Vige in Israele tuttora la legge del taglione dai tempi di Mosè.
Ecco, se Benjamin Netanyahu fosse stato di Manfredonia avrebbe detto: “E cóste jí ´u culeca-ljitte.
Alla lettera: corica-letto, còricati o anche prepara il letto (perché è finito l´impegno assunto, malamente…..).
Culennètte s.f. = Comodino
Mobiletto collocato a fianco al letto. È veramente comodo, da cui il nome, perché sul suo piano si appoggia ‘a bbasció = l’abat-jour (piccola lampada da tavolo), un bicchiere, gli occhiali, l’orologio, un’immagine sacra, e nel suo tiretto altri oggetti (i calzini di lui, un libro, il termometro, ecc.)
In dialetto si può dire anche culunnètte, e significa piccola colonna, forse perché il comodino era abbastanza alto per allinearsi al letto, anch’esso più elevato rispetto ai letti moderni.
I due comodini della camera dei miei genitori, di fattura artigianale, anno 1926, erano alti, con il piano di marmo, ed avevano anche uno sportellino di legno lucidato a mano.
Anticamente, quando a Manfredonia non esisteva la rete fognaria, ‘a culennètte conteneva ‘u pisciatüre (detto anche ‘u renéle) = il pitale, l’orinale, accuratamente celato nel vano coperto dallo sportellino.
Culöre s.m. e s.f. = Colera, “colatore”
1) ‘ u culöre s.m = il colera, grave malattia epidemica d’origine intestinale che si manifesta con diarrea, vomito, collasso;
2) ‘a culöre s.f. = pannolino di tela fine, che si poneva a diretto contatto con la pelle dei neonati. Era un po’ filtrante.
Deriva da colare = Filtrare un liquido per separarlo da parti solide.
Cum’jì o Cumì avv. = Perché, com’è.
In proposizioni interrogative dirette o indirette: per quale motivo? o per quale scopo?
Corrisponde all’interrogativo inglese Why?, o a quello francese Pourquoi?.
La risposta richiede rispettivamente Because…, e Parce-que….
In italiano va bene il medesimo avverbio sia per la domanda e sia per la risposta: Perché? – Perché…
In dialetto: Cum’jì? – Pecchè…
Ma le regole non sono ferree, se si dice come in italiano va bene lo stesso:
E pecchè? Pecchè ‘u Pépe nen jì Re!
Cumbarìzzje s.m. = Comparatico
Rapporto, di solito molto stretto, fra il padrino di battesimo o di cresima e il figlioccio.
Nell’Italia centro meridionale cumbarìzzje è anche il legame molto sentito fra la coppia degli sposi e quella dei testimoni di nozze.
Dalla momento della cerimonia di battesimo, cresima o matrimonio e per tutto il resto della loro vita, padrini, madrine, figliocci e sposi e testimoni si chiamano fra di loro anteponendo al nome il “titolo” rispettosissimo di cumbé = compare o cummére = comare.
Jì passéte cumbé Giuànne ca te vulöve saluté = È passato compare Giovanni che ti voleva salutare.
Va d’a cummére Mariètte e addumanne se völe venì a mangé quà duméneche = Va dalla comare Marietta e chiedi se vuole venire a mangiare da noi domenica prossima.
Ce sté ‘u cumbarìzzje p’u mjizze… = C’è di mezzo il comparatico (e quindi il massimo rispetto con costui)
Cumbére s.m. = Compare
Nel Centro-Sud equivale a padrino di battesimo o cresima o testimone di nozze.
Figura molto rispettata, acquisito come un vero e proprio membro della famiglia.
Talvolta assume una valenza negativa perché intende indicare un socio, complice in azioni disoneste o poco pulite.
Mò vöne Mattöje e ‘u cumbére süje = Ora viene Matteo e il suo compare.
Al femminile fa cummére = madrina.
Le puerpere chiamavano sempre cummére la levatrice, quantunque non ci fosse con lei alcun rapporto di cumbarìzzje = comparatico vero e proprio. Presumo solo per una forma di rispetto.
Quando si vuole indicare che un uomo sposato ha un’amante ‘a mandenüte, si dice ca töne ‘a cummére = che ha la ‘comare’. In linguaggio giornalistico moderno si dice che costui “è legato da affettuosa amicizia”.