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Lüme-lüme

Lüme-lüme loc.avv. = Fiocamente, impercettibilmente

L’avverbio è riferito ad un ricordo non troppo nitido, ad una visione lontana dove gli oggetti messi a fuoco si percepiscono ma non sono distinguibili con certezza.

Presumo che derivi da lume, luce debole vista da lontano.

Ricordo che ‘u lume era la lampada a petrolio usata in passato per l’illuminazione domestica.

M’arrecòrde lüme-lüme a nanònne = Ho un ricordo molto vago di mia nonna.

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Lumüne

Lumüne s.m. = Luminello  a olio

In italiano la voce lumino (simile al nostro lumüne) indica un cilindretto di cera con stoppino incorporato da noi detto ceròtte.
Con il nome di lumüne, si intende il luminello, formato da uno stoppino cerato passante per un supporto di carta e uno di sughero per consentirne il galleggiamento. La sua parte inferiore pescava nell’olio lampante (olio di oliva di infima qualità, immangiabile  e usato per alimentare lampade a olio, da cui il nome).

I luminelli una volta accesi piano piano consumavano l’olio su cui venivano posti. L’insieme, contenitore (di solito un bicchiere di vetro, acqua per 2/3  olio per 1/3 e luminello) era chiamato ‘a lambe (lumino a olio). Le nostre nonne l’accendevano davanti a immagini sacre o a foto di parenti defunti (..et lux perpetuam luceat eis…).

Galleggiando sull’olio il luminello innalzava la fiammella quasi al livello del bicchiere, evitando così di surriscaldarlo e scongiuravano il rischio di rottura del vetro.

Quanto tutto l’olio era consumato l’acqua sorbita dallo stoppino faceva sfrigolare per un po’ la fiammella, e subito dopo la smorzava. Si avvertiva un po’ di puzza, ma si annullava in questo modo anche il pericolo di incendi.

I lumini fino a pochi decenni fa erano confezionati rigorosamente a mano da qualche donnetta che ci guadagnava qualcosa vendendoli a dozzine. Poi sono stati messi in commercio i lumini industriali, formati dal solito stoppino che pesca nell’olio sorretto da una specie di treppiedi di alluminio e un dischetto di sughero, tuttora usato dalle nonne fondamentaliste, intransigenti sulle loro tradizioni.

Per il suffragio dei defunto – dicono – ci vuole l’olio, perché più efficace!
Che facciamo con questa moderna cera? Non parliamo poi dei lumini a pila!

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Lunedì de Sepònde

Lunedì de Sepònde avv. = Lunedì in Albis

In tutta Italia il Lunedì di Pasqua, detto familiarmente Pasquetta, viene dedicato tradizionalmente ad una scampagnata. Dopo l’inverno le prime giornate tiepide di primavera invogliano a stare all’aperto.

Il lunedì dopo Pasqua, per antonomasia, si chiama de Sepònde = di Siponto, perché per secolare tradizione, quel luogo così prossimo a Manfredonia, era ed è raggiungibile a piedi.

La visita alla Madonna era un irrinunciabile dovere spirituale Poi il resto della giornata era dedicata allo svago.

I ragazzotti si avventuravano a Škòppe – come veniva anche identificata Siponto – fin dal mattino, con un fagottino contenente un paio di fette di pane ed una frittatina premurosamente preparata dalla mamma, e una bottiglietta di acqua. Anche le donzelle, doverosamente accompagnate da qualche zia adulta, si portavano nella pineta di Siponto. Qualche giovanotto portava anche una fisarmonica… In questa atmosfera bucolica sbocciavano anche tenerissimi idilli e giuramenti d’amore.
Insomma una cosa schietta e all’insegna della serenità.

Le persone più anziane che non volevano rinunciare alla tradizione si servivano di una delle carrozzelle pubbliche, che allora fungevano da taxi a trazione animale, che sostavano in attesa di clienti vicino al binario tronco della ferrovia a Manfredonia-Città.

A Siponto, prevedendo l’arrivo della gran folla, si installavano di buon ora, nei pressi della Basilica, gli immancabili venditori di noccioline e gassose, nella speranza di fare lucrosi affari. In un periodo con scarsa moneta in tasca non credo che facessero quei grossi guadagni sperati….

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Lunghètte

Lunghètte s.f. = Ago da reti

Ago da reti, è chiamato lunghètte perché è lungo e adatto a raccogliere le maglie rotte nell’operazione di rammagliatura (‘ngunacchjé o accumacchjé i rüte = rammendare le reti).

Viene chiamata anche lenguètte, per la sua lamella centrale per il suo aspetto piatto e sottile.

Si tratta di un attrezzo usato per rattoppare e rammagliare le reti da pesca. Generalmente è fatto a mano con legno di olivo, che è elastico e resistente. Credo che ora siano di plastica.
La parte superiore termina a punta e quella posteriore a coda di rondine.
Il filo viene passato tra il sostegno, la linguetta [ricavata incidendo il corpo della lunghètte tanto da formare un lungo “dente”] e la parte inferiore mediante numerosi avvolgimenti e viene rilasciato man mano che si procede alla rammagliatura della rete in riparazione.

Esiste anche quella metallica, formata da un’asticciola di ferro di circa 15 cm, con le due estremità terminanti a forchettina a due rebbi. Il filo è avvolto dall’una all’altra estremità, a matassa.

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Luöre

Luöre  agg. = Vero

Che corrisponde alla realtà, alla verità, che è effettivo, reale.

Te sì accòrte ca quànne parléme ‘ndialètte allunghéme ‘i paröle? Veramèeeeende? Sìììì, jì luööööre!… = Ti sei accorto che quando parliamo in dialetto allunghiamo le parole? Sul serio?…Sììììì, è veeeeero!

– Jì luöre ca te sì accattéte ‘na chése? – Sì, jì luöre, agghje fatte ‘u dèbbete alla Banghe. – E bréve a jìsse! = È vero che ti sei comprato un appartamento? Sì, è vero, ho contratto un mutuo con la Banca. Sei stato inaspettatamente bravo.

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Lupüne

Lupüne s.m. = Lupino

È una pianta annuale che attecchisce, grazie alla sua straordinaria adattabilità a terreni difficili, dove le altre leguminose falliscono.
Conosciuta fin dall’antichità nel bacino del Mediterraneo.

I lupini coltivati in Europa appartengono a tre specie: lupino bianco (Lupinus albus), lupino giallo (L. luteus) e lupino blu o azzurro (L. angustifolius).

Come tutti semi delle leguminose, quelli di lupino sono ricchi di proteine (fin oltre il 35%) anche se non privi di vari inconvenienti. Infatti essi contengono alcaloidi amari e/o velenosi che devono essere eliminati mediante prolungato lavaggio perché possano essere adoperati nell’alimentazione umana o animale.

I lupini, assieme ai semi di zucca, ai ceci arrostiti, alle fave abbrustolite, alle castagne lesse, erano venduti in cartocci di carta davanti ai cinema, ed erano noti anche con la voce generica di salatjille o spassatjimbe.

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