Aspjitte ciócce müje a quanne arrüve ‘a pàgghja növe

Aspjitte ciócce müje a quanne arrüve ‘a pàgghja növe

Aspetta somaro mio quando arriva la paglia nuova.

Per poter mangiare, asino mio, devi aspettare che arrivi la paglia del nuovo raccolto.

In italiano esiste il proverbio simile: campa cavallo, che l’erba cresce!

Quando qlcu non ottiene un favore chiesto, e si sente dire di pazientare per il momento, cita questo simpatico proverbio.

Più propriamente: rivolto a chi aspetta che le cose si aggiustino da sole; a chi non si da da fare.

Come per dire: io ora, adesso, in questo momento ho bisogno del tuo aiuto, non dopo.

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Arrevéte a lu furnére ce jàrde ‘a pìzze.

Arrevéte a lu furnére ce jàrde ‘a pìzze.

Arrivato il turno del fornaio, si brucia la pizza.

Un po’ come la storia del calzolaio con le scarpe rotte perché non trova il tempo di ripararle.

Dopo aver mostrato la disponibilità a risolvere i problemi altrui, magari portandoli a soluzione, il soggetto si trova a non poter eliminare i propri, perché le circostanze hanno irrimediabilmente compromessa ogni possibilità di uscita.
Mi viene a mente una poesia del mio carissimo amico Lino Nenna dedicata al fornaio.

‘U furnére

Scorze de mènele
e frasche assecchéte
jardèvene jìnd’u fórne
pe tutt’a jurnéte.
Nfurnéte de péne sèmbe chjöne,
fatte de vjirne e de staggiöne.

Mìsse püre pìzze e turtanjille,
jèvene purtéte da ‘u furnére
p‘a carrète, e ‘u ciucciarjille.
“ ’U péne sté, ooooh!….”
Anghjöve e purtöve au fórne.

Ai prïmi ggiüre ca ce faciöve
‘a carrètte ggià ce anghjöve
e accumenzöve sóbbete
‘n’ ata ggeréte, pegghjànne l’atu péne
ca püre tarde jöve stéte ‘mbastéte.

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Arrebbelléje ‘u jaddenére

Arrebbelléje ‘u jaddenére

Scombussolare il pollaio, provocare un trambusto.

Il verbo arrebbellé so può pronunciare nella forma breve: rebbellé.

È un simpatico modo di dire che descrive lo schiamazzo derivante dall’annuncio di un avvenimento inaspettato, o anche atteso, a un uditorio specialmente femminile (chiedo scusa alle donzelle).

Un po’ come succede nel pollaio, quando sembra che tutti i pennuti rimangano tranquilli per ore, e poi d’improvviso si ode una gazzarra corale dopo un primo coccodé di una gallina solista.

Accüme àgghje dìtte ca jöve néte ‘u crjatüre c’jì rebbelléte ‘u jaddenére = Come ho detto che era nato il bambino è iniziato il trambusto.

In italiano si direbbe “sollevare un vespaio” o “sollevare un polverone” ma solo in linguaggio metaforico, ossia suscitare polemiche. In dialetto è proprio causare schiamazzi e proteste, come succede a Montecitorio quando l’opposizione non condivide le affermazioni della maggioranza.

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Angöre uà vedì ‘a sèrpe e già chiéme a San Pàvele

Angöre uà vedì ‘a sèrpe e già chiéme a San Pàvele

Non ha ancora visto il serpe e già chiama San Paolo.

Un proverbio che per similitudine richiama quello italiano di “Fasciarsi la testa prima di essersela rotta”.

Occorre chiarire che nella credenza popolare garganica, San Paolo protegge dai morsi delle vipere e protegge dai danni che potrebbero derivare da animali inferociti o imbizzarriti.

Vedi Sanpaulére.(clicca)

Il nome Paolo a volte viene pronunciato Pàule, ed ha le varianti in Paulüne, Pavelócce.

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Amüce e cumbére ce pàrlene chiére

Amüce e cumbére ce pàrlene chiére

Amici e compari si parlano chiaro.

Un invito a non celare le proprie mire, ad essere aperti e leali, e – come si dice in italiano – giocare a carte scoperte.

Similmente si dice anche fé ‘u patte annànze = condurre una trattativa e definire chiaramente le condizioni prima di cominciare qualsiasi prestazione o transazione commerciale in modo da evitare qualsiasi contenzioso.

Una volta, quando si concludeva un affare, bastava una stretta di mano, che aveva valore di un contratto scritto e registrato.
Una volta definito l’affare, le controparti si sentivano impegnate a rispettare i patti, e ci riuscivano senza ricorrere carte bollate ed a liti giudiziarie, magari anche a costo di rimetterci.

Roba d’altri tempi, quando i veri valori (moralità, onestà, onorabilità, impegno, senso del dovere, del rispetto, della famiglia, ecc.) erano molto sentiti.

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Ammócce chépe e scuprìsce cüle

Ammócce chépe e scuprìsce cüle

Accettabile anche la versione col verbo sinonimo scummùgghje anzichè il più antico scuprìsce.

Copri la testa e scopri il culo.

Quando la coperta è corta, figuratamente, non puoi coprirti tutto.

Si usa dire questo proverbio quando le possibilità finanziarie non consento di ottenere due vantaggi. Un po’ come quando uno vuole la botte piena e la moglie ubriaca: o l’una o l’altro.

Significa anche: nascondi un difetto e ne scopri un altro.

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Amm’aggiusté ‘i püse e ‘i velànze

Amm’aggiusté ‘i püse e ‘i velànze

Abbiamo da tarare i pesi e le bilance.

Corrisponde al proverbio italiano: mettere i puntini sulle “i”. Chiarire ogni perplessità.

Ossia: esaminare attentamente; cercare il riscontro tra quanto promesso e quanto mantenuto;
verificare ogni cosa prima di prendere una inderogabile decisione tra le controparti.

Valutare il pro e il contro.

Significa anche, in una disputa, che si devono rivedere, valutare e rettificare equamente le argomentazioni di entrambi i contendenti, non di uno solo.

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Alla squagghjéte de la növe ce pàrene ‘i strónzele

Alla squagghjéte de la növe ce pàrene ‘i strónzele

Allo sciogliersi della neve compaiono gli stronzi.

Al disgelo riaffiorano le porcherie che prima erano celate.

Il discorso è soprattutto figurato: solo quando le difficoltà e le tribolazioni sono ormai cessate, si fanno vedere coloro che avrebbero potuto dare un aiuto, e che invece si erano dileguati al momento del bisogno.

Falsi amici, profittatori, egoisti, menefreghisti: insomma stronzi!

L’amico Giuseppe Tomaiuolo suggerisce, credo a ragione, una ainterpretazion e del Detto:

Quando, col tempo, i fatti si chiariscono, si evidenziano le malefatte.

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Alla settandüne, làsse a megghjèrete e mjinete söpe ‘u vüne

Alla settandüne, làsse a megghjèrete e mjinete söpe ‘u vüne

(Arrivati alla) settantina, lascia perdere tua moglie (perché faresti flop) e trova piacere con un buon bicchiere di vino.

La saggezza popolare dà questo suggerimento bonario al marito che perde colpi.

Non so se il Viagra può modificare questo proverbio. Forse la moglie settantenne, avendo da tempo seppellito certi desideri, troverebbe fastidioso il ringalluzzimento artificale del consorte.

Proverbio simile a quello che pone l’alternativa fra la cantina e la sacrestia.

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