Cascettöne

Cascettöne s.m. = Cassettone

Cassone di legno, madia per conservare granaglie ad uso nelle masserie, chiamato anche casciöne.

Quello cittadino era chiamato stepöne = grosso stipo. Era come un armadio senza specchi. Quello di mia zia, lo ricordo con dolcezza, odorava sempre di pane fresco.

Il termine cascettöne ha un suono invitante per fare dell’ironia ai danni di qlcu. Per indicare un soggetto con cifosi o gibbosità, un soggeto grosso e lento nei movimenti, ecc.

Un lettore – di cui in questo momento non rammento il nome, e che comunque ringrazio – mi dice testualmente:

«Cascettöne: persona che rivela i segreti agli altri – ruffiano.

Penso che potrebbe trarre origine dalla cassa nella quale si custodivano le cose più segrete, quindi fare “u cascettöne” era come mettere a conoscenza degli altri i segreti in essa contenuti.»

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Cascetèlle

Cascetèlle s.f. = Cassetta

Principalmente si intende ‘a cascetèlle ‘i fjirre = la cassetta degli attrezzi.

Questa cassetta è un contenitore a valigetta usato spec. dagli artigiani per trasportare gli attrezzi del lavoro quando devono eseguire riparazioni fuori dal laboratorio o dall’officina.

Quella di mio padre era stata fatta da lui ed era di lamierino. Conteneva un trapano a manovella, cacciaviti, chiavi fisse e chiave inglese, un tronchesino, un paio di forbici da lattoniere, la lima grossa e quella a triangolo, un seghetto, l’immancabile martello, un compasso, una livella a bolla d’aria, un contagiri meccanico, due scalpelli temprati ricavati da una vecchia lima, un metro pieghevole di alluminio, e ‘u singature = il graffietto. Ho fatto una descrizione minuziosa perché ora quella cascètelle l’adopero io.

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Carusjille

Carusjille s.m. = Salvadanaio, gruzzoletto

È un sinonimo di puste, salvadanaio.

Ma anche il solo suo contentuto, inteso come gruzzoletto raggranellato, ‘nzumeléte, o ‘u ‘nzumelìcchje

derivato da ‘nzumelé = assommare

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Caruséje

Caruséje v.t. = Tosare

Accettabile anche la versione carusé.

Propriamente il termine significa tosare le pecore, ma per estensione il verbo è passato agli umani, quando vanno dal barbiere a farsi tagliare i capelli, specie se l’operazione precedente risale a molto tempo prima e la capigliatura è cresciuta oltremodo.

Mò véche da ‘u varevjire e me fàzze carusé, acchessì m’jà sènde ‘n’ate e tande! = Ora vado dal barbiere e mi faccio tosare, così mi sentirò rinato.

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Carüse

Carüse s.m. = Cranio rapato

Deriva dal latino cariosus, che significa glabro, privo di peli;  oppure dal greco keiro  che significa  tagliare, rasare.
Il termine è passato attraverso il provenzale, lo spagnolo e il siciliano.

Spesso per questioni di igiene, i bambini venivano rapati a zero.

La testa senza capelli (si usava anche il sinonimo melöne e tatta-melöne) veniva indicata come carüse.

Me sò fàtte ‘u carüse (o anche me sò fatte ‘u tatta-melöne, oppure me sò caruséte) = Mi sono rapato a zero.

Il bambino è tuttora chiamato caruso in Sicilia e  toso in Lombardia, come dire tosato, rapato.

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Carucchjéne

Carucchjéne agg. e s.m. = Avaro, taccagno, tirchio, spilorcio, pitocco.

‘Stu carucchjéne, jì scùgghje ca nen cacce lambe! = Questo taccagno è (come uno) scoglio che non reca patelle.

Ossia non aspettarti nulla, ma proprio nulla da lui.

I pescatori più anziani pronunciano carucchjéle.
Entrambe le versioni sono ugualmente accettabili.

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Cartelléte

Cartelléte s.f. = Cartellate

Dolce natalizio tipico pugliese e lucano.

Fettuccia di pasta dolce, ritagliata con la rotellina, ripiegata a V e avvolta a spirale.
Si cuoce al forno o si frigge in olio di oliva.

Dopo la cottura le cartellate si condiscono con miele o con vünecutte = sciroppo di carrube, o con mosto-cotto.

A volte si adornano anche con confettini colorati. Si conserverebbero a lungo, ma finiscono presto!

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Cartèlle

Cartèlle s.f. = Cartella, bustina, cachet

1) Cartèlle = Cartella, nel senso di bolletta esattoriale. Simil italiano.

2) Cartèlle = Cartella, nel senso di cartella scolastica per contenere libri e quaderni. Quando frequentavo io le elementari di chiamava ancora ‘a cartjire o ‘a cartjille. Simil italiano.

3) Cartèlle = Cartella, ‘bustina’, ossia piccolo involucro di carta per contenere qls prodotto in polvere, un cilindretto con le estremità ripiegate verso il centro: una specie di bustina senza colla.

C’era la supposizione che anche il vino si preparasse con certe polverine contenute nelle cartelle. Lo si diceva quando era di pessima qualità.

4) Cartelle = Cachet: capsula di farina d’amido, cialda sottile, come un’ostia, contenente farmaci in polvere da prendere per bocca.

Molte medicine erano preparate dal farmacista stesso di volta in volta su indicazioni del medico curante (Prodotti galenici).

In casa poi le mamme prendevano l’ostia – appena passata nell’acqua per farla ammorbidire e poggiata su un tovagliolo di tela bianca – ponevano il farmaco in polvere e avvolgevano i lembi come un fagottino, Questa ‘cartella’ veniva deglutita con un sorso di acqua.

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Cartapöne

Cartapöne s.m. = Quartabono. Incastro angolare

In falegnameria con questo termine si definisce un incastro di due assi di legno che non sia ad angolo retto o a prosecuzione longitudinale.

Per esempio: il corrimano di una ringhiera, da orizzontale prosegue per la scalinata ad un angolo di discesa di 45°. Ecco, la giuntura angolare è il cartapöne.

Qlcu pronuncia gardapöne o cardapöne.

Ho trovato casualmente su un vocabolario il termine corretto. Trascrivo integralmente:

Quartabuono s.m.
1 . Denominazione di configurazioni angolari di 45°.
In falegnameria squadra a triangolo rettangolo o strumento di legno con due bracci uniti a snodo.

2 . Nella nave l’angolo formato dal piano di un’ossatura con la superficie interna della carena.

Dallo spagnolo cartabòn.”
(dal Vocabolario della Lingua Italiana Devoto-Oli)

Presumo che il “quarto buono” sia l’angolo di 45°: infatti quattro di questi angoli formano l’angolo piatto di 180°, ossia il piano orizzontale.

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Carta-cànde

Carta-cànde sopr. = Carta canta

Evidentemente l’amico non si faceva raggirare facilmente. Metteva tutto per iscritto, perché si sa verba volant… le parole volano, ma lo scritto rimane!

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