Tag: sostantivo femminile

Pöre

Pöre s.f. sop. = Pera

Frutto delle piante del genere Pyrus a cui appartengono molte specie differenti. Alcune delle specie producono frutti eduli e vengono perciò coltivate, quella più diffusa è la specie Pyrus communis..

Esistono molte varietà tra cui le più note solo le William, Abate, Conference.
Io ricordo che a giugno si trovavano in commercio anche delle pere piccole, sode, dolcissime chiamate pöre cecchetògne, più o meno col significato di “pere Cecco-Antonio”

 

 

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Pöparöle

Pöparöle s.f.= Peparola, pepaiuola, pepaiola

Ovviamente deriva da pöpe = pepe

Qlcu dice anche Pöparèlle

Piccolo recipiente usato per contenere il pepe macinato, generalmente provvisto di un coperchio bucherellato per spargere tale spezia sulle vivande.

Quello di mia nonna era di legno tornito, e si caricava svitando il suo piedino a calice.

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Pompe ‘u flìtte

Pompe ‘u flìtte s.f. = Nebulizzatore

Premessa indispensabile: il FLIT era un nome commerciale, forse un’abbreviazione di fly-tox = veleno per gli insetti volanti, prodotto dalla Esso, composto da petrolio e piretro. Veniva venduto il lattine con il tappo a vite, come il diluente per vernici. Il nome proprio è diventato nome comune, come biro, rimmel, eternit, terital, ecc.

La pompe ‘u flitte – chiamata dagli Americani “Flit gun” = canna/cannone per il Flit – era un attrezzo domestico per nebulizzare un qualsiasi insetticida liquido. 

Consisteva in un serbatoio contenente l’insetticida, ed un cilindro in cui scorreva la pompa manovrata a mano, come quella della bicicletta. Il getto d’aria usciva attraverso un forellino e risucchiava il flit dal serbatoio attraverso un tubicino che pescava nel liquido, posizionato a 90° dall’ugello dell’aria, e lo spargeva nebulizzato nel locale da liberare da mosche e zanzare.

Un passo avanti fu fatto negli anni 40. Per difendere dagli insetti e dai parassiti i soldati americani che combattevano nelle paludi furono rifornì di bombole spray che però erano grosse, pesanti e ingombranti.

Io ricordo che erano di colore nero, e che si trovavano facilmente sul mercato nero, sicuramente trafugate agli Alleati. Una volta aperte, a strappo, erogavano tutto il loro contenuto perché non avevano alcun pulsante d’arresto. Abbiamo poi scoperto che, per interromperne il getto, bastava capovolgere la bomboletta.

Dopo il boom delle bombolette spray, il cui gas di carica si è poi rivelato nocivo all’ambiente, si è fatto ricorso alla semplice aria compressa, come quella della originale pompe ‘u flitte

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Pòlve-cìprje

Pòlve-cìprje s.f. = Talco s.m.

Qualcuno asserisce che si diceva pùm-cìprjepombe-cìpre o pomme-cìprje= Pompa di cipria, ricordando il barattolino di latta della Roberts per il suo Borotalco.

Io ricordo che mia madre lo chiamava “ ‘a pòlve-cìprje” = Polvere di cipria

A me sembra più attendibile quest’ultima dicitura..

Ora tutti chiamano il prodotto “Borotalco” anche se si tratta di altre marche.

Il talco si comprava a buste (verdi come quelle di oggi), e veniva travasato in una scodellina di celluloide (non era stata inventata la plastica). Un grazioso e bianco piumino di lana di agnello, munito di occhiello di osso per sollevarlo, serviva ad aspergere la sottilissima polvere bianca sotto le ascelle e fra i prosperosi seni delle donne di una volta.

Forse non si trattava di prodotti di gran qualità ma certamente il profumo di quel talco è rimasto uno dei più bei ricordi della nostra infanzia.

Fortunatamente questo prodotto si trova identico ancora in commercio dopo oltre cento anni dal’inizio della sua distribuzione, e trova sempre i suoi estimatori.

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Pìzzeche

Pìzzeche s.m.= Pizzico; pala di cactus (botan.)

1) al maschile ‘u pìzzeche, significa pizzico, pizzicotto; diminutivo pizzechìlle  come ad es. nella locuzione béce a pizzechìlle = Bacio a pizzicotti sulle guance.

2) al femminile ‘a pìzzeche vale “pala da cactacee”, scientificamente detta “cladodio

Nel nome composto Pìzzeche-fechedìgne sf = “Pala” spinosa della pianta dei fichidindia e delle cactacee in genere.

Erroneamente si ritiene che la pala sia una foglia. Invece si tratta di ramo, Le foglie sono gli aculei (‘i zengüne).

Talvolta il frutto è inglobato nella pala. Allora è detto füchedègne a pìzzeche.

(Foto Michael Mourge)
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Pìzze alla vàmbe

Pìzze alla vàmbe s.f. = Focaccia alla fiamma.

Una specialità di Manfredonia caduta in disuso perché non si fa più il pane in casa.

Difatti le mamme quando impastavano in casa la farina per la panificazione, con la stessa pasta lievitata preparavano quasi sempre il tortanello, e questa focaccia, con pomodori freschi affondati nella pasta, olio, sale e origano.

Il forno pubblico era in fase di riscaldamento (ecco la presenza al suo interno della vàmbe = fiamma, che dà il nome alla focaccia) e le massaie chiedevano al fornaio di cuocere velocemente queste piccole cose prima dell’infornata del pane.   Al fornaio serviva anche da test per giudicare la temperatura del forno.

Il disco della focaccia veniva portato al forno su un legno compensato opportunamente infarinato. Il fornaio abilmente lo trasferiva sulla pala e lo introduceva nel forno per riprenderlo dopo pochi minuti, sfrigolante e fragrante.

Sapori e profumi lontani.

Ho scoperto casualmente che più o meno come la nostra è fatta in Alsazia (Regione della Francia confinante con la Germania), col nome di Flammkuchen o Tarte flambée .

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Pizzarèlle

Pizzarèlle s.f. = Dolciume

Dolcetto di forma rotondeggiante, a cupoletta in cima alla quale spesso si poneva un chicco di caffè tostato, fatto di farina, zucchero e uova.

Guardando i componenti si può dire che sono un po’ come i “pavesini” fatti in casa.

Anche le pizzarèlle si mandano in forno sulla teglia larga (‘a ramöre = la lamiera)

Sono tipici nel periodo natalizio, ma hanno fatto la loro bella figura anche nei rinfreschi di nozze.

Deliziosi sbriciolati nel latte.

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Pìnghe

Pìnghe s.f. = Pene

Mi sono già dilungato abbastanza con (clicca→) pengöne (scusate il calambour sul dilungamento, prolungamento o allungamento…).

Il suono pìnghe somiglia all’inglese pink, che vuol dire color rosa (ricordate The Pink Panther = La Pantera rosa?): vuoi vedere che c’è attinenza cromatica?

Beh, un po’ più seriamente diciamo che pìnghe è il membro virile in posizione di riposo. Difatti esiste il soprannome Pingamòsce qualora ci fossero dei dubbi sullo stato del pene.

È una dei tanti modi di chiamare questa nostra appendice anatomica.

Un simpatico modo di dire manfredoniano, che vuole evidenziare una situazione di gran quantità di lavoro da svolgere, è: stéche a pìnghe de fatüje = sono sommerso di lavoro (fino all’altezza dell’inguine).

In italiano si scavalca a pie’ pari il punto scabroso, e si dice che si ha lavoro “fin sulla cima dei capelli”.

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Papjònne

Papjònne s.f. = Papillon, cravatta a farfalla

papillon

Il termine, nella pronuncia, è tel-quel al francese papillon, farfalla.

I nostri genitori dicevano indifferentemente papjònne o scullüne (dim. di scòlle = cravatta, come dire cravattina).

Ovviamente era usato dal popolino solo nelle grandi occasioni (per il matrimonio proprio o quando testimoniava alle nozze altui). Indossare il papillon era prerogativa dei signori, dei cocchieri e dei camerieri in servizio di gala.

Per gli elegantoni che volessero annodarsi il farfallino possono trovare la descrizione e il filmato cliccando su papillon.

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Pindalòsce

Pindalòsce s.f. = Scorreggia

Voce fanciullesca per indicare una scorreggia.
Sinonimo fjite (←clicca)

L’emissione di gas intestinale era un po’ glorificata in questa specie di “conta” per stabilire, quando si stava seduti attorno al fuoco (perché la televisione non era stata ancora inventata) chi era stato l’autore della puzza.

Ecco il testo:

Pendìlle, pendìlle, pendòsce
ch’jì ca l’ò fàtte la pindalòsce?
L’ò fatte ‘u cüle fetènde
e Sant’Andònje l’abbrüsce ‘u dènde.
Póh póh, póh
e che fjite c’à fatte tó!
L’ò fatte ‘u pundarüle
e Sant’Andònje l’abbrüsce ‘u cüle.
Póh póh, póh
e che fjite c’à fatte tó!

Qualcuno al verso n. 3 dice che Sant’Antonio gli brucia la lènghe (la lingua). Posso anche accettare questa variante, ma non mi garba troppo, perché non fa rima baciata come tutto il resto di questa odorosa “poesia”!

Tra l’aggettivo fetènde e il sostantivo lènghe c’è solo un’assonanza.
Io preferisco l’accoppiata in rima, come:
fetènde/dènde,
pendòsce/pindalòsce,
tó/póh, e
cüle/pundarüle

Cliccate sul triangolino bianco qua sotto e sentire l’audio (non l’afrore) di questa…odorosa filastrocca!

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