Tag: sostantivo maschile

Trabbócche

Trabbócche o trabbócchele s.m. = Trabucco

Sistema di pesca costiero, consistente in in un’incastellatura di travi di legno terminante con due lunghissimi bracci, che sostengono una rete da pesca. Con un sistema di carrucole si cala la rete in mare e la si riporta in superficie dopo qualche tempo con del pescato.

La diversa caratterizzazione della linea costiera ne ha definito la distinzione di due tipologie essenziali: quella abruzzese che si distingue per esser posizionata trasversalmente rispetto alla costa cui è collegata da passerelle, e quella garganica, costruita a filo costa con piattaforma disposta longitudinalmente.

In Abruzzo lo chiamano travòcche. A Peschici e a Vieste esistono trabucchi forse funzionanti. A Ortona e lungo la costra abruzzese ce ne sono ancora. A Termoli addirittura uno di nuova costruzione.

A Manfredonia no. Ricordo che c’era uno all’esterno del molo di ponente. Evidentemente non era redditizio e fu smantellato negli anni 70, con la smania di togliere il vecchiume, distruggendo per sempre un pezzo di storia locale.

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Tòtere

Tòtere s.m. = Pannocchia

Specificamente si riferisce alla pannocchia di mais.

Il nome deriva da “tutolo”, che in italiano indica solo il torsolo legnoso della pannocchia del granoturco

Per assonanza, quelli che non parlano bene il dialetto, chiamano così anche il totano mollusco commestibile molto diffuso nei nostri mari, simile al calamaro. In questo caso si deve dire tòtene, non tòtere.

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Tòtene

Tòtene s.m. = Totano

Il totano (Illex coindetii) è un mollusco cefalopode dal mantello allungato a forma di sacco, dal quale sporge la testa con quattro paia di braccia ed un paio di tentacoli con ventose ed uncini.
Gli occhi sono in posizione laterale rispetto al capo.

Può essere facilmente confuso con il calamaro, dal quale differisce per grandezza ed inserzione delle pinne, che, in questo caso si dividono ai lati partendo dall’estremità del corpo, mentre nel calamaro occupano metà della lunghezza del mantello.

Il colore è marroncino arancio.

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Tórse

Tórse s.m. = Torso o torsolo

Intendiamo con tórse (anche tórze) propriamente il gambo dei broccoletti, dei cavolfiori, delle verze e delle cime di rape.
In italiano “torso” indica anche quello che rimane dopo aver sbocconcellato un frutto carnoso (mela, pera).

Usato anche metaforicamente per indicare una persona introversa, poco socievole, che non esprime mai pareri, e che perciò dà l’impressione di essere scarsamente spigliato o addirittura, falsamente, di essere tardo di comprendonio. Ora si dice “imbranato”

Insomma uno che non alcun valore, proprio come il torsolo non commestibile di una mela.

Aggiungo che da ragazzini, giusto per non buttare niente, ricuperavamo i torsoli delle cime di rape quando le nostre mamme le mondavano, e li mangiavamo crudi previa asportazione della buccia più coriacea…
Della serie: «la fame è una brutta bestia!»

Ringrazio il lettore Giovanni Ognissanti per il suo gradito suggerimento.

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Tónne

Tónne s.m. = Tonno

Tonno (Thunnus thynnus): grosso pesce di mare della fam degli scombridae, lungo fino a 3 m, dal corpo affusolato e con coda a mezzaluna, le cui carni si consumano fresche o conservate, spec. sott’olio.

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Tònde

Tònde s.m.= Tavolino rotondo

Mobiletto per lo più con il piano circolare, da cui prende il nome, supportato da tre piedi o da una colonnetta di legno, anch’essa terminante con tre supporti.

Difatti ‘u tònde significa proprio: (il tavolino) rotondo

Aveva una funzione decorativa: su di esso si teneva un portafiori, una foto incorniciata, un orologio da tavolo, ecc. Generalmente era collocato ai piedi del letto matrimoniale, tra due sedie “a vienna” (o fra due poltroncine).

I “tondi” erano quasi sempre di fattura artigianale, pezzi unici veramente di buon gusto.

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Tómele

Tómele s.m. = Tomolo

Antica misura agraria di superficie, pari a 1/4 della versura.

Differente da Provincia a Provincia, addirittura fra i vari Comuni della stessa Provincia, il sistema metrico borbonico rappresentò un vero ostacolo per lo sviluppo del commercio.

Con l’Unificazione dell’Italia fu adottato il ‘Sistema metrico decimale’ che unificò oltre a tutti gli Staterelli, anche pesi e misure.

Il tomolo indicava anche un contenitore di legno fatto a tronco di cono, dalla capacità di circa 45 litri, usato per misurare il grano prima di sistemarlo nei sacchi.

Presumo che il suo contenuto fosse quantità giusta necessaria per seminare a mano un terreno dall’estensione di un quarto di versura, cioè di un tomolo = mq 3086. Oppure il quantitativo raccolto da tomolo di terreno coltivato a grano.

Attendo conferma da quelli che hanno i parenti anziani ex coltivatori di frumento..

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Tóbbe

Tóbbe s.m. = Tubo, lume

1) Tóbbe : elemento cavo a sezione spec. circolare, di lunghezza e diametro variabile, usato per trasportare fluidi o gas o nelle costruzioni meccaniche, nell’edilizia, ecc.

2) Tóbbe : Campana di vetro per proteggere la fiammella nei lumi a petrolio. Per sinèddoche (una parte per il tutto) il lume stesso.

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Tìppe

Tìppe s.m. = Colpetto

Esistono (o esistevano) due tipi di tìppe (scusate il bisticcio fonetico: avrei dovuto scrivere due specie di tìppe…)

1) – I tìppe usati nelle partite a carte tra bimbi a danno dei perdenti, consistenti in colpetti dati con una, o più carte  da gioco (tenute con una sola mano) sulla punta del naso dell’avversario. Una soddisfazione del vincitore della partita. Colui che aveva perduto, non potendo pagare la posta con soldi o bottoni o caccianózzele, sopportava pazientemente la lunga sfilza dei tìppe. Se la posta in gioco era di dieci tìppe, o si “pagavano” in penitenza i dieci colpi ricevuti con una carta, o in un solo colpo ma con dieci carte!

2) – I tìppe dati generalmente sul cranio del malcapitato con la nocca del dito medio piegato ad uncino. Un solo colpo, doloroso e secco. Era una minaccia, una punizione, un voler destare l’attenzione. Non era un cazzotto vero e proprio ma ci andava vicino. Si elargiva come si fa quando si bussa alla porta, ma solo sulla zucca. Sulla pancia o sul braccio non avrebbe sortito alcun effetto!

Ringrazio Pino Ciani per il suggerimento.

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Terrazzéne

Terrazzéne s.m. = Rurale, agricolo, terricolo.

“Lavoratore che non si assoggetta a ingaggio, preferendo andare libero per i campi alla ricerca di verdure ed erbe spontanee, che poi rivende in proprio
al mercato o in casa” (Luciano Antonellis – Dizionario dialettale cerignolano – Centro Regionale di Servizi Educativi e Culturali – Cerignola 1994)

“L’essere terrazzani nel Tavoliere non era un lavoro, ma un modo di vivere per persone che non avendo proprietà terriere, in una economia a carattere agricolo pastorale, e non accettando dipendenza da alcuno, dovevano inventarsi un modo per sopravvivere. Il fenomeno è strettamente legato a quello della transumanza, qui praticata per secoli, in terre coltivate, condotte con sistemi di rotazione che lasciavano ogni anno a “maggese scoperto” parte del fondo, a disposizione del demanio pastorale. Ed è proprio in queste terre, concimate dal passaggio dei numerosi armenti, che crescevano le ghiotte erbe. Le pratiche agricole odierne hanno snaturato la primitiva raccolta, ma l’usanza perdura negli incolti e nei vigneti e per antico patto non scritto, i proprietari consentono ai terrazzani di praticare le varie raccolte nei loro fondi. ” (dal web)

Insomma era legato alla terra da cui traeva il sostentamento per sé e della sua famiglia.  Conduceva vita grama perché non poteva mai contare su un introito fisso.
Si sospettava che si spingesse anche per i campi coltivati, rubacchiando meloni, zucche e quant’altro poteva arraffare. Perciò il termine ha assunto una valenza negativa.

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