Tag: sostantivo maschile

Smagnöne

Smagnöne s.m. = Segnale campestre

Di solito serve per avvertire che un frutteto o un prato o un campo è stato irrorato di anticrittogamici.

Per prudenza è meglio non coglierne frutti fino alla completa maturazione, altrimenti si rischia l’avvelenamento.

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Škìffe

Škìffe s.m. = Scialuppa, lancia

Il termine deriva dal tedesco Schiff, “barca, natante”, e designa alcuni tipi di piccole imbarcazioni. 

Il prof. Ciliberti mi ha fatto notare che il termine tedesco schiff, è diventato ship o shif in inglese. Poi ha aggiunto che tutto  ha radice nel greco “scapho”, che determina anche “schiphos” indicante un vaso greco che, a sua volta, è un contenitore come, appunto, una barchetta.

Per la pesca d’altura esistevano le grosse paranze.

Come imbarcazioni sussidiarie sulle navi mercantili o passeggeri (usate per collegamenti con la terraferma o  in operazioni di salvataggio), in italiano è usato il termine specifico “scialuppa” (al francese chaloupe) o “lancia”. 
Difatti a Bari lo scalo d’alaggio delle barche da pesca è chiamato ‘nterr’a la lanze = l’approdo delle lance.

Il diminutivo škìffetjille indica una barchetta a chiglia piatta a remi, per piccoli spostamenti all’interno del bacino portuale o per il servizio fra la nave e la terraferma.

Con termine più tecnico dicesi sàndele o sandelìcchje o sannelìcchje.

Opere del pittore tedesco Wolfgag Lettl (1919-2008) vissuto a lungo a Siponto:
1 «Im Hafen von Manfredonia»= Nel porto di Manfredonia
2 « Manfredonia, molo di Ponente»

 

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Škenjille

 

Škenjille agg.  s.m. = Pelandrone, pigro , scansafatiche.

 Credo che il termine škenjille derivi da “schiena” nel senso di schiena delicata, tanto fragile da non potersi piegare alla fatica, né svolgere qualsiasi attività fisica…

Altri lo fanno derivare dal latino ex chinatum = che non può stare chinato, poverino.
Non può nemmeno stare davanti a un Computer.

 Al femminile è  škenèlle.

Anticamente erano pronunciati škenjidde e škenèdde, (come è in uso tuttora  a Monte S.Angelo, in molte località garganiche e perfino a Cerignola) 

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Škattüsce

Škattüsce o šcattüsce s.m. Sfrigolio

Taluni, di bocca fine, dicono škattüje, ritenendo troppo plebea la pronuncia originale.

Crepitio, scoppiettio caratteristico dell’olio o degli alimenti cotti a fuoco vivo.

Lo sfrigolio continuo proviene dalla padella quando si friggono i pesci. Se si friggono le seppie il crepitio può manifestarsi in scoppi e schizzi di olio bollente per la presenza di acqua nel mollusco.

Mi viene in mente la storiella del lestofante che al mercato acquistò dell’olio pagando con soldi falsi..
Mentre l’acquirente si allontanava, contento per aver buggerato il commerciante, pensò:
Mò ca scange, adda sènte ‘u chjanda-chjande!»
Dal canto suo il venditore, contento di aver smerciato olio adulterato pensò
Mò ca früje, adda sènte lu škattüsce!»

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Škattöne

Škattöne šcattöne s.m. = Scodella, tazzone

 Tazza senza manici, usata generalmente per contenere il latte della prima colazione.

Ora si è italianizzato in tàzzöne…   Bah, non mi convince: Senti come già a pronunciarla, questa parola in dialetto ti riempie la bocca:

‘Nu bèlle škattöne de latte = Un bel tazzone di latte.

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Škattjille

Škattjille o šcattjille  s.m. = Schiocco

Era un gioco infantile poverissimo che si svolgeva a coppie.

Si raccoglieva del fango, possibilmente argilloso, dopo una pioggia e si facevano due parti rigorosamente uguali per i due contendenti.

Con esso ognuno dei due plasmava una piccola tazza e alternativamente la sbatteva sul marciapiede con i bordi in giù: l’aria inglobata, per l’urto, faceva “sculacchiare” il fondo con un piccolo botto “pah!”(’u škattille).

L’avversario allora doveva togliere un pezzo del suo impasto, fare una pezza, e chiudere la lacerazione provocata dallo schiatto. Si rimpastava tutto e si ricominciava. Vinceva chi faceva i buchi più grossi al proprio manufatto in modo da costringere il contendente a ridurre sempre più il suo malloppo di fango.

Se l’impasto si asciugava…beh, una sputacchiata o due ogni tanto lo ammorbidiva convenientemente.

Immaginate le condizioni igieniche: fango raccolto dalle strade, battute da galline, asini, pecore e capre. Gli sputi erano la parte meno inquinante del cocktail della nostra “plastilina”.

Meno male che noi monelli di strada all’epoca avevamo gli anticorpi congeniti nel nostro DNA, altrimenti non staremmo qui a raccontare come si giocava allo škattjille.

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Škattamurte

Škattamurte (šcattamurte) s.m. = Becchino, beccamorto, affossatore

Persona addetta a inumare (‘nfussé= posare nella fossa) i morti, o a riesumarli (sfussé= torgliere dalla fossa) per tumularli nei loculi (nìcchje).

Secondo me questo termine deriva dal fatto che non tutti conoscevano il latino. Al termine della consueta preghiera prima della sepoltura, il sacerdote diceva “requiescat in pacem”, ossia riposi in pace.

All’orecchio del popolino l’imperativo “requiescat” era inteso come duplice invito: “rèquie-e-škatte”. L prima parte, “requie” , veniva capita bene come un’esortazione: “riposa”, ma quel misterioso ”scat” poteva sembrare l’invito finale a deporre il morto sotto terra.

Chi faceva quest’operazione? Ovviamente lo “schiatta-morti….”

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Škattamjinde (a)

Škattamjinde (a) (o a šcattamjinde)s.m. = Dispetto, provocazione, ripicca

Gesto compiuto espressamente per infastidire, per danneggiare qcn. o qlco; sentimento di astio, di contrarietà.

L’agghje ditte de sté cìtte ma ‘sti desgrazzjéte ‘u fanne a škattamjinde = Ho detto loro di stare zitti, ma questi mascalzoni lo fanno a dispetto (a non zittirsi).

Si può dire anche a crepé ‘ngurpe o a škatté ngurpe

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Škatàsce

Škatàsce o Scatasces.m. = Sfacelo

Sfacelo, decadimento, crollo, catafascio, rovina, finimondo, trambusto. Anche in senso figurato

‘Nziamé lu vöne a sapì ‘u fréte, uà venì ‘nu şkatasce! = Non sia mai lo viene a sapere il fratello deve succedere un finimondo!

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