Tag: sostantivo maschile

Fumjire

Fumjire sm = Letame.

Concime di natura organica formato da strame ed escrementi di animali che fermentano e si decompongono. Viene usato per concimare gli orti.

Termine derivato dal francese Fumier = letame.

Talvolta viene usato come spregiativo verso persone di infimo livello morale. Insomma una merda di persona (scusate).

Una volta sentii un camionista che in un certo posto aveva mangiato malissimo.
Il suo interlocutore gli chiese: «Ma che t’hanne fatte mangé?»
Lui rispose laconico: «‘U fiumjire…»

Nota linguistica:
Preferisco usare il diagramma ji per indicare una “i” lunga e per tradurre l’italiano “ie” (barbiere, infermiere, giardiniere, ecc.)

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Fulmenànde

Fulmenànde s.m. = Zolfanello, fiammifero da cucina

Antica denominazione dei fiammiferi che hanno come couadiuvante all’accensione un bagno di zolfo sulla punta; è una definizione desueta.

Erano venduti dai tabaccai assieme ai generi di Monopolio di Stato (Chinino, sale e tabacchi).

Il nome fulmenànde probabilmente deriva da un’antica denominazione commerciale, perché lo ritrovo anche nei dialetti liguri, piemontesi, lombardi, emil-romagnoli, triveneti, toscani, umbri, marchigiani, laziali, abruzzesi, calabresi e sardi.

In epoca più recente, ossia fintantoché era usato il colletto di zolfo sotto la testa di fosforo, era chiamato anche zuffarjille, zolfanello.

Poi, credo dopo il 1970, hanno messo in commercio quelli che evitano il nauseabondo odore di zolfo, e sono tuttora usati in cucina o dai fumatori di pipa.

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Fucarüle

Fucarüle s.m. = Focolare

Parte del camino su cui si accende il fuoco per cuocere le vivande o per riscaldare l’ambiente.

Nelle case a pianterreno, era ricavato in una rientranza della parete interna di circa 50 cm, con apertura larga cm 100, alta circa cm 200, e collocata su uno dei lati accanto all’uscio. Era dotato di una breve condotta verticale per mandare i fumi all’esterno, direttamente sul tetto.

La parte adibita a focolaio era suddivisa orizzontalmente da un “piano di cottura” in muratura di mattoni pieni, situato a cm 85 dal pavimento. La parte sottostante, protetta da due sportellini, veniva usata per contenere la legna da ardere, e/o il sacchetto dei carboni,la paletta, l’attizzatoio, il ventaglio di piume di tacchino.

Quando ’u fucarüle non si usava, veniva chiuso dalle due porticine superiori, in sua dotazione.

Una rientranza delle stese misure era ricavata all’altro lato della porta d’ingresso, ed era utilizzata come stipo a muro, a più ripiani, anch’esso dotato di sportellini, talora a vetri, in cui venivano riposti stoviglie, e provviste  varie.

Con l’avvento del gas in bombole (detto Pipigas = “BPgas”, Butangas, Liquigas) nel 1951 tutti in massa passarono a sostituire la legna con nuovo combustibile che non faceva fumo, non anneriva le pentola, si accendeva immediatamente, cuoceva rapidamente.

La bombola trovò alloggiamento nella nicchia sottostante il piano ex di fuoco, dove ora faceva bella mostra di sé la classica bianca cucina di ferro smaltata bassa a tre fornelli, detta “da campeggio”.

Ricordo che la prima marca apparsa sulla piazza fu la Zoppas, e bisognava prenotarla con un’attesa presunta di qualche mese! Nessuno pensava di andare a comprarla a Foggia, ove certamente era più reperibile, perché nessuno possedeva l’automobile e poi…chi avrebbe potuto dare le istruzioni per l’uso del gas?

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Früfeléte

Früfeléte s.m. = Fil di ferro

Ferro filato, di vari spessori, trova largo impiego in agricoltura, in edilizia, ecc.

Quello sottile di ferro molto dolce, nel senso che si piega facilmente, è raccolto in matassa chiamata “braciola” viene usato in edilizia dai carpentieri per legare e fissare tra di loro i vari tondini per calcestruzzo.

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Frósce-e-premöre

Frósce-e-premöre s.m.loc.id.= Colore e primiera

Si tratta di un gioco di carte cui possono partecipare due, quattro o più giocatori, perché, come nel “Sette e mezzo” tutti si misurano con il cartaio per una posta in gioco, solitamente di pochi centesimi.

Da un mazzo di carte da gioco “napoletane” ne vengono distribuite quattro a ciascun giocatore. Se uno di essi ottiene le quattro carte di seme diverso (còppe, denére, spéte o bastöne) vince perché fa premöre = primiera.

Ma se un altro giocatore ottiene tutte e quattro le carte dello stesso seme, raggiunge un punteggio superiore, perché fa frósce, ossia ‘colore’, annulla la vincita dell’avversario e vince la posta in gioco.

Se al primo giro nessuno ha fatto “primiera” o “fruscio”, è consentito sostituire una o più carte.

La locuzione idiomatica fé frósce-e-premöre significa fare l’en plein, ossia guadagnare punteggio pieno, stravincere, ottenere condizioni vantaggiosissime, ecc.

Per esempio:far man bassa di cibo, ripulire il tavolo di tutte le sue leccornie, stipulare un contratto forse vessatorio per la controparte, imporre ad altri condizioni limitative, aver fortuna in un matrimonio con il/la partner abbiente, ecc. ecc.

Qlcn dice con linguaggio moderno: fare Bingo. In dialetto tradizionale si dice: fé tèrne e quatèrne.

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Fröcapezzènde

Fröcapezzènde s.m. = Tramontana

Questo è un modo per esorcizzare il temuto vento di tramontana, apportatore di gelo, micidiale per i meno abbienti, che non hanno indumenti pesanti per difendersi.

La tramontana li frega, ossia li mette fuori combattimento.

 

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Frevógghje

Frevógghje (o sfrevógghje) sm = Briciole

Bricioline di pane, o di cibo in genere dette anche sprevelìcchje.

Quelle cadute sulla tovaglia erano accuratamente raccolte e mangiate: non si poteva sprecare nulla!

Mattöje, papà, v’accàtte quatte sòlde de frevógghje de frummagge. = Matteo, bello di papà, va a comprare quattro soldi (20 centesimi) di briciole di formaggio.

Era la frugale cena con un po’ di pane e olive, di tutta la famiglia.

Se un pezzo di pane cadeva per terra, lo si raccoglieva, e lo si baciava prima di mangiarlo, perché il pane era considerato benedetto, “grazia di Dio”.

Ora il pane del giorno prima è considerato troppo vecchio, e si compra il formaggio a confezioni-famiglia.

Si butta il resto entro tre giorni, dopo aver tagliato magari una sola porzione, perché si è stufi della stessa pietanza.

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Fréte

Fréte s.m. = Fratello

Persona legata ad altra o ad altre da un vincolo di parentela derivante dai comuni genitori.

Fràteme = mio fratello;
fràtete = tuo fratello

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Fresìlle

Fresìlle s.m. = Fettuccia

Fettuccia di tela usata in sartoria per rinforzare gli orli dei pantaloni.

La larghezza era da 10 mm o da 15 mm. Era generalmente di colore grigio. Ma i sarti più bravi avevano sempre in bottega una bobina di fresìlle marrone e una blu da poter accostare al colore dell’abito da confezionare, quantunque il rinforzo fosse posto all’interno dell’orlo dei pantaloni.

Questione di stile, e i nostri sarti erano impeccabili nel loro lavoro.

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Frecàbbele

Frecàbbele s.m. = Facezia, storiella, ridicolaggine spesso a carattere burlesco.

Raccontino divertente, talvolta con morale; una simpatica fesseria, uno svarione, una papera sfuggita a qlcu che parla agli amici. Erano seguiti da risate e sfottò per il resto della serata.

‘I frecàbbele antüche” = Credenze antiche e anche sinonimo di una vecchia sciocchezza, una corbelleria superata dal tempo.

‘I canuscjüme ‘sti frecàbbele = Le conosciamo queste storielle (non c’è niente di nuovo sotto il sole….)

Talvolta l’espressione pàbbele e frecàbbele si usa per indicare un allegra serata tra amici a raccontare storie, vere e inventate, all’insegna dell’allegria, del cibo e del buon vino. A parte l’assonanza tra i due termini (si usa spesso in dialetto come in storje e patòrje…,  mamùrce p’i ndurce,… nannùrche abbasce a l’urte… ecc.), presumo che pàbbele significhi proprio favole.

Vi consiglio anche di cliccare qui, e vedrete il mio intervento nel chiostro del Comune nella memorabile serata dell’agosto 2014, quando si celebrò “Il nostro dialetto – Patrimonio culturale”. Ecco una serie di frecàbbele
Mi sono espresso un po’ anche in lingua per facilitarne la comprensione ad amici e parenti non manfredoniani.

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