Tag: Verbo transitivo

Ndufé

Ndufé v.t. = Ammassare, costipare

Deriva da tüfe = tufo, come se si dicesse “intufato” [ovviamente non contemplato da nessun vocabolario della lingua italiana], nel senso diventare duro e compatto come il tufo.

Ndufé: compattare un terreno; schiacciare terriccio o pietre, ma specialmente la tufina (= frasciüne, polvere di tufo) in modo che diventi una massa dura e uniformemente pressata. Insomma il famoso Macadam ottenuto con il rullo compressore (Wikipedia: Il Macadam è un tipo di pavimentazione stradale costituita da pietrisco e materiale collante compresso).

Nella forma riflessiva ‘ndufàrece significa: diventare stitico. Infatti colui che mangia e non si libera adeguatamente, si sente l’intestino gonfio come se si fossero ammassati tutti i detriti che non trovano una via d’uscita.

Si usa ‘ndufé e ‘ndufàrece anche nel senso di impietrire e rimanere di sasso, rumanì ndumméte, ndummàrece.

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Ndruvelé

Ndruvelé v.t. = Intorbidare o intorbidire

Rendere torbido un liquido.

Ndruvelé l’acque = Intorbidare le acque, anche in senso figurato per signifare: causare confusione, insinuare dubbi.

Sté ndruveléte o anche sté tróvele = È inquieto, imbronciato, irrequieto. Come per dire non è sereno e tranquillo.

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Ndigné

Ndigné v.t. = Colpire, centrare.

Non lasciatevi ingannare con il verbo italiano “indignare” = muovere a sdegno, irritare.

Da noi significa colpire una persona (generalmente alla testa) scagliandogli contro un oggetto contundente. Presumo che, più specificamente il verbo deriva da ‘u tìgne, che significa tempia.
La tempia era ritenuta una parte fragilissima del cranio che non bisognava colpire mai, nemmeno per scherzo o per errore, altrimenti si metteva a rischio la vita del soggetto centrato.

Mò t’jà ‘ndigné! = Adesso ti devo centrare!
Grido di minaccia verso qlcn di lanciargli qualcosa contro (un sasso, una ciabatta….), con l’intento di centrarlo proprio sulla tempia.

Può essere detta un tono scherzoso, ma anche intimidatorio.

Quando eravamo monelli nel “parco” dove ora c’è l’ospedale, si accendevano feroci sassaiole (scàreche de pröte) tra bande di ragazzacci. Quando si coglieva un avversario (anche magari su un braccio) partiva l’urlo l’àmme ndignéte! = lo abbiamo centrato!

Prudentemente io ho sempre evitato la mischia….

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Ncaccavé

Ncaccavé o Ncaccavéje v.t. = Sporcare, insudiciare

Rendere molto sporco qlco, come l’esterno di una pentola, di quelle che si usavano sul fuoco di legna per cuocere vivande, quindi completamente annerite.

Queste pentole erano chiamate ‘u caccavjille, o ‘u caccavone, a seconda della dimensione.

Quindi il p.p. è ‘ncaccavüte = sporco e annerito.

Può essere riferito anche a una persona annerita dall’abbronzatura: Te sì fàtte nìrje ‘ncaccavüte! = Sei diventato nero come il fondo della pentola!

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Mùzzeche

Mùzzeche s.m. = Morso

L’atto dell’affondare i denti per mordere.

Deriva dal verbo morsicare (cambia solo l’accento: muzzeché) addentare, azzannare.

Il verbo muzzeché è un po’ riduttivo. Nella parlata si dice škaffé ‘nu mùzzeche = appioppare un morso,

Per estensione ‘u mùzzeche è anche la puntura della zanzara o di altro insetto, il segno della morsicatura, l’escoriazione provocata da scarpe troppo strette.

Altro significato di mùzzeche: boccone, pezzetto di cibo. Dàmme ‘nu mùzzeche de péne= Dammi un boccone di pane.

Nella mia fantasia di bambino, tuttavia, ‘u mùzzeche per eccellenza è rimasto quello che i pescatori davano al polpo avvinghiato al loro braccio, per spezzargli le fibre e ottenerne il rilascio dalle ventose: škaffè ‘nu mùzzeche addröte ‘ cuzzètte = affibbiare un morso dietro al collo (del polpo).

Non so se questa operazione avveniva realmente: io mi atterrivo solo all’idea di essere afferrato dal polpo e trascinato negli abissi, anche perché i denti anteriori a cinque anni di età mi erano caduti, e quindi non avevo alcuna possibilità di difesa! Fantasie di bimbi…

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Mutéje

Mutéje v.t. = Cambiare

Con riferimento a bambini, mettere indosso biancheria o abiti puliti o diversi da quelli precedentemente indossati. Si usa anche cangé = cambiare.

Come riflessivo si usa in verbo mutàrece.

Ajire me so’ mutéte = Ieri mi sono cambiato (la biancheria intima).

La locuzione latina Mutatis mutandis = Cambiate le cose che vanno cambiate, ha indotto il popolinol a capire che vanno “mutate” le mutande…

Io credo che il sostantivo mutanda derivi proprio da questo verbo.

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Mustaccé

Mustaccé v.t. = Riempire di schiaffi qlcn.

Esempio: “Statt’attìnd ca mò te mustaccjöje de sanghe! ” = Bada, che con una sberla di faccio sanguinare il naso, in modo che la tua faccia, così conciata, sembri dotata di baffi.

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Möte

Möte s.f. v.t. = Bica, mietere

1) Möte s.f. = Bica. Mucchio di covoni di grano o altri cereali.

Riassumendo: i manucchje fanno una grègne, e tante grègne fanno una möte.

Specificamente esiste ‘a möte ‘u gréne e ‘a möte ‘a pagghje. = La bica del grano e la bica della paglia.

La prima si accatastava sull’aia in attesa della trebbiatura. La seconda si erigeva man mano che, trebbiando il frumento, si procedeva a separare il grano dalla paglia.

Con le moderne macchine agricole si miete e si trebbia contemporaneamente. La paglia alla rinfusa e il grano nei sacchi chiusi automaticamente da un legaccio, vengono scaricati man mano che la mietitrebbia semovente procede per il campo.

2) Möte v.t. = Mietere, tagliare a mano o a macchina i cereali maturi: möte l’avöne, ‘u gréne = mietere l’avena, il frumento.

Impropriamente lo stesso suono ‘a möte è usato per dire motocicletta. È un termine prestato dall’italiano, non esistendo all’apparire del veicolo, un termine dialettale corrispondente.

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Mmucché

Mmucché v.t. = Rovesciare, inclinare, piegare..

Rovesciare, far cadere qlco che era ritto, come una pila di libri, una bottiglia.

Si usa anche nella forma intransitiva di mmuccàrece = Inclinarsi, rovesciarsi.
Anche la Torre di Pisa sté ‘nu pöche mmucchéte = è un po’ inclinata.

Mantjine bùne ‘stu stepètte, ca se no ce mmòcche = Reggi bene questo armadietto, altrimenti si rovescia

C’jì mmucchète ‘u bucchjire e c’jì jettéte l’acque = Si è rovesciato il bicchiere e esi è versata l’acqua.

Nota al plurale si sarebbe pronunciato ‘i becchjire = i bicchieri. L’articolo ‘u = il influenza il nome seguente per un fenomeno linguistico chiamato metatesi.

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Mètte

Mètte v.t. = Mettere

E’ uno di quei verbi tuttofare che può essere sostituito, per una maggiore proprietà di linguaggio, con altri verbi.

Infatti, a secondo di come va la frase, puo usare:
Porre, collocare, disporre, applicare, aggiungere, inserire, infilare, indossare, installare, e forse altri.

Nel nostro dialetto ha un significato in più: nella forma riflessiva significa fare di cognome.

Mimì Jajanne ce mètte Carmöne = Mimmo, il figlio di Jajanne, fa di cognome Carmone.

Tonü’, ne m’arrecorde, tó accüme te mìtte? = Tonino, non mi ricordo, qual’è il tuo cognome?

‘U nöme müje jì Bartelumöje e me mètte Guèrre. = Il mio nome è Bartolomeo, e il mio cognome è Guerra.

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