Mese: Maggio 2018

Jetté-lu-velöne

Jetté-lu-velöne loc.id. = Morire

Alla lettera significa: buttare, gettare il veleno.

Tradotto alla lettera non dice proprio nulla a coloro che non sono di Manfredonia.

Significa esattamente fare una brutta morte, specie se si tratta di cattivi soggetti ritenuti pieni di veleno come le vipere.

Il significato di Jetté-lu-sànghe = Buttare il sangue è già più chiaro.

‘Stu desgrazzjéte quann’jì ca uà jetté lu velöne? (si deve pronunciare con forte appoggiatura, per dare risalto all’augurio, usando il termine antico scetté) = Questo farabutto quand’è che dovrà crepare?

“Crepare” è già un verbo benevolo per augurargli una morte piuttosto semplice….

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Jetté-lu-sanghe

Jetté-lu-sanghe loc.id. = Buttare il sangue = Morire, fare una brutta morte

Questo detto viene usato in tono spregiativo o minaccioso. Anticamente si usava pronunciare scetté e non jetté.

Quann’jì ca uà jetté lu sanghe? = Quando (questo spregevole soggetto) dovrà morire??

Ha’ da jetté lu sanghe! = Devi morire per emottisi (perdita di sangue dalla bocca causata da lesioni delle vie respiratorie profonde dovute alla TBC).

Se poi non bastasse questo simpatico auspicio, si può aggiungere da ‘nganne = dalla gola (per essere sicuri che si tratti proprio di emottisi).

E se si vuole continuare c’è il finale a pezzéte = a grumi grossi, a pezzi (in modo che l’emottisi sia bella grave, da non lasciare scampo).

Frase completa: Ha’ da jetté lu sanghe da ‘nganne a pezzéte !

Se poi l’improperio è più vibrato si usa la pronuncia antica e rustica: Ha’ da scetté lu sanghe da ‘nganne a pezzéte!
Un “amabile” augurio…di buona salute.

Jetté lu sanghe per iperbole vuol dire faticare, fare un lavoro spossante, estenuante. Come l’iperbole italiana “ammazzarsi” di lavoro = accedìrece de fatüje..

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Jèsse l’ótema röte d’a carrètte

Essere l’ultima ruota del carretto loc. id. = Essere sottostimato, sottovalutato, superfluo.

Quando qualcuno, metaforicamente, viene definito “è l’ultima ruota del carro”, significa che costui che non è stato preso in alcuna considerazione. In carro va avanti lo stesso, tanto è ritenuto del tutto insignificante il suo apporto.

Con espressione un po’ più cruda il poveretto è considerato l’óteme bettöne d’a vrachètte= l’ultimo bottone della patta.

Ossia costui non è proprio indispensabile, ormai la patta è chiusa, e l’ultimo bottone è solo superfluo.

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Jèsse cùtte e screscendéte

Jèsse cùtte e screscendéte loc.id. = Essere scafato, smaliziato, scaltro, avvezzo

Alla lettera, riferito al pane, significa: che è ben cotto e passato addirittura di lievitazione (screscendéte).

Metaforicamente è riferito ad soggetto astuto, di lunga esperienza, abile, che è capace di affrontare qls difficoltà, perchè sa sempre cavarsi d’impiccio e non si impressione davanti a nulla.

(Ringrazio il lettore Antonio Vairo per il suo suggerimento)

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Jèsse brótte

Jèsse brótte loc.id. = mostrarsi antipatico

Alla lettera significa: essere brutto/a. Non è tanto questione di estetismo quanto di atteggiamento.

Anche miss Italia può essere “brutta” se risponde in modo sgarbato o quanto meno non secondo le noste aspettative.

-Vù venì a ballé? -No! -Quànte sì brótte! = Vuoi venire a ballare? No! Quanto sei dispettosa (sgarbata, ostile, ecc.).

Nota fonetica: ricordatevi di pronunciare la “ó” molto stretta, quasi una “u”. Per brevità quel “quànte sì…” = quanto sei… si pronuncia spesso quàn-zì a causa della vicinanza di due consonanti dentali (t-s): la finale “t” di quant e la iniziale “s” di .
Provate: quàn-zì brótte.

Ovviamente, siccome la risposta dataci dell’interlocutore non ci è piaciuta, la locuzione viene detta come sforzandosi, con la voce in gola…quànzì brótte!.

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Jèsse

Jèsse pron. = Essa, ella, lei

Usato con riferimento a persona presente o nominata successivamente.

Pronome personale, femminile, 3a persona.
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Jericìnne de letteciüje

Jerecìnne de letteciüje loc. id. = Andare incontro a debolezza organica, deperimento, consunzione

Purtroppo la popolazione manfredoniana e di tutto il sud, nel periodo tra le due guerre, era falcidiata dalla tubercolosi, dovuta a denutrizione e a cattive condizioni igieniche.

A causa dei questi due fattori molte persone non avevano i mezzi per sostentarsi,e dimagrivano, ce ne jèvene de letteciüje. = si debilitavano, deperivano per inedia e anemia.

Sfùrzete a mangé, fìgghje, se no te ne vé de letteciüje = Sforzati a mangiare figliolo, altrimenti vai incontro ad un serio deperimento organico che può condurti alla morte.

Fortunatamente ora le migliorate condizioni di vita hanno debellato la TBC e di conseguenza il deperimento fisico.

Tuttavia la “letteciüje” ora si ripresenta come conseguenza di “disordine alimentare”. Parlo dell’anoressia che può condurre anche alla morte del soggetto per denutrizione diciamo “volontaria”.

Per quanto abbia chiesto ai miei informatori l’etimo del sostantivo letteciuje non sono riuscito ad ottenere una risposta soddisfacente. Forse è un termine prettamente medico, storpiato dal dialetto.

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Jericìnne ‘nzùcchere

Jericìnne ‘nzùcchere loc.id. = Andare in visibilio

Andare in solluchero, in estasi, in brodo di giuggiole, salire al settimo cielo, toccare la felicità.

Insomma presciaracìlle = godersela.

Accüme ‘i pjéce a jìsse! Quann’arrüve Carnevéle ce ne vé ‘nzùcchere = Come gli piace! Quando arriva il Carnevale se ne va in visibilio.

Quianne Luìgge söne ‘a tròmbe ce ne vé ‘nzùcchere = Quando Luigi suona la tromba se ne va in estasi.

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Jerecìnne de chépe

Jerecìnne de chépe loc.id. = Andar fuori di testa.

Perdere l’uso della ragione, diventare pazzo, dare i numeri, perdere la testa, ecc. Tutte espressioni che definiscono la mancanza di raziocinio. Insomma significa “impazzire” e non solo nel significato psichiatrico.

Generalmente in modo figurato significa essere totalmente preso dalla passione per una persona (secondo le proprie tendenze o pulsioni) da non aver più raziocinio, sragionare.

“Impazzivo per te” cantava Adriano Celentano.
“Lola, ne ho fatte di follie per te…” cantava Fred Bongusto. Ecco, fare follie d’amore, penso sia la definizione più calzante.

Nen pùte arraggiuné, Giuànne ce n’jì sciüte de chépe apprisse a quèdde = Non puoi più ragionare, Giovanni ha proprio perso la testa per lei.

Ho usato volutamente la voce verbale sciüte = andato al posto di jüte (entrambe corrette), perché con la coniugazione più antica, o se volete più marinaresca e quindi autentica del verbo andare, la frase risulti più incisiva.

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Jerecìnne ‘mpalòmme

Jerecìnne ‘mpalòmme loc.id. = Gongolare, godersela

Manifestare un senso di intensa soddisfazione. Essere lieti di qlco. Andare in sollucchero. Andare in brodo di giuggiole.

Insomma una cosa buona, finalmente, apprezzata fino all’ultima molecola.

Io ad esempio, me ne sò jüte ‘mpalòmme quando mia figlia, alla sua tesi di laurea, si è beccata un bel 110 cum laude (fortunatamente senza il bacio accademico…).

Traducendo alla lettera jerecìnne ‘mpalòmme dovrei ricordarvi il significato 2 di palòmme, ossia ‘girandola’. Quindi potrebbe equivalere alla locuzione italiana “col in vento in poppa”. Eh già perché il vento fa muovere la girandola!

Simile a jerecìnne ‘nzùcchere

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