Föca s.f. = Occlusione, impedimento, soffocamento, affogamento.
Mètte ’a föca ‘nganne = Mettere le mani al collo di qlcu per strozzarlo, per soffocarlo, (da affuché, affogare)
Mètte ’a föca ‘nganne = Mettere le mani al collo di qlcu per strozzarlo, per soffocarlo, (da affuché, affogare)
Vi ricordo che con il segno ji indico un suono lungo che contrae il corrispondente italiano ie (es: carabiniere = carabbenjire).
Sendì ‘u fjite du jàrse = Sentire odore di bruciato. Captare una magagna, comprendere anzitempo un atteggiamento ostile o minaccioso contro di sé o contro qlcu. In italiano si usa la locuzione: la cosa mi puzza.
Sinonimo di scorreggia, considerando con maggiore evidenza l’effetto olfattivo di quello sonoro.
Chì ca ò fatte ‘u fjite? = Chi è stato quel porco che ha sganciato un peto ammorbando l’aria?
Vi rimando a pindalosce .
Fiurètte s.m. = Pennichella
Sonnellino, specificamente quello pomeridiano che segue il pasto di mezzogiorno, specie nelle giornate estive.
Meh. jémece a fé ‘stu fiurètte = Bene, ora che abbiamo finito di pranzare, andiamo a fare una dormitina.
Io presumo che derivi da fiöre-mezzjùrne, ossia il periodo più caldo della giornata, detto controra dai napoletani, proprio perché qualsiasi attività eseguta in quelle ore è contro la logica…saudita, che impone immobilità assoluta.
Ovviamente fiurètte può avere anche lo stesso significato dell’italiano “fioretto” nel senso di atto di rinuncia fatto per devozione.
Meh, facjüme ‘stu fiurètte… = Bene, facciamo questo sacrificio… (ossia: rinuncio alla discussione, altrimenti, se dovessi dar retta alla mia indole, sarei portato a spaccare il muso a questo tipo sconclusionato…)
Fise prep.. = Sino, fino
Sino o fino indicano il limite estremo spaziale, temporale o quantitativo a cui ci si riferisce.
Fise e quànne? = Fino a quando?
Fise e tànne = Fino a quel momento.
Fise e labbàsce avüte a jì? = Fin laggiù dovete andare?
Da quà fise a Sepònde so’ trè chelòmetre = Da qui fino a Siponto sono tre chilometri.
E fise e mò c’avüte fatte? = E finora che cosa avete fatto? [domanda obbligatoria che va rivolta ai Politici che si vogliono riproporre all’elettorato per chiedere i voti…]
Völ’èsse bianghjéte da bàsce fise e söpe = Ha bisogno di essere tinteggiato dal piano terra all’ultimo piano.
Ora i ragazzi usano di più il simil italiano “fine e” = fino a…
Mò jà spetté fine e tànne? = Ora devo attendere fino ad allora…
Fisalmènde avv. = Finalmente
Con valore frasale, per esprimere la soddisfazione del parlante col sign. di “felicemente”, oppure con valore descrittivo, per enumerare l’ultimo di una serie di oggetti o di persone. Da ultimo, alla fine, isomma, in definitiva.
Usato in tono esclamativo, esprime soddisfazione per il realizzarsi di qcs. di atteso, sperato.
Oggigiorno lo pronunciano solo i più anziani, e man mano sta andando in disuso. Tutti abbiamo frequentato la scuola dell’obbligo, e lo abbiamo accostato all’italiano ‘finalmente’, anche perché è un po’ più agevole pronunciarlo.
Uncinetto per lavori donneschi.
Si tratta del francese fer-à-crocher (pron. feracroscé) = Ferro per uncinare, agganciare, ossia il nostro uncinetto.
Esistono di varie misure. Una volta erano soloi di acciaio inox. Ora li fanno anche di alluminio, di ottone, di plastica rigida
Fiöre-mezzjùrne avv. = Mezzogiorno pieno, controra.
Si intende indicare, con questa locuzione, il periodo più caldo delle giornate estive che va da mezzogioro alle ore 15, quando è sconsigliato eseguire alcuna attività.
In questo lasso di tempo ci si dedica al pranzo e alla successiva pennichella.
Che jéte facènne di fiöre-mizzjùrne? Stàteve ai chése vòstre! = Che andate facendo a quest’ora calda e irrespirabile. È meglio che ritorniate nelle vostre case per evitare un’insolazione!
“Controra” è un termine dialettale, passato all’italiano. Indica, ovviamente in estate, il periodo più caldo della giornata. Qualsiasi attività svolta in queste ore è considerata contraria ad ogni buon senso.
Insomma in quelle ore, come nei paesi arabi, non si dovrebbe svolgere alcuna attività, specie all’aperto altrimenti si rischia un’insolazione.
Quando lavoravo in provincia di Taranto, ho potuto constatare che le attività nei campi e in edilizia si svolgevano dalle 4 di mattina alle 12. Poi tutti a casa per la gran calura di quei luoghi…sauditi.
Questa che sto per raccontare è una storia autentica: durante un procedimento civile in Pretura, un testimone oculare, nell’esporre al Giudice i fatti cui aveva assistito, esordì con “Jöve di fiöre-mizzjùrne…..”
Il giovanissimo Avvocato Berardino Tizzani, furbescamente, volle informarsi dal teste che tipo di “fiore” fosse quello! Un fiore rosso, giallo?… Un garofano, una rosa?…
La battuta servì ad allentare la tensione che attanagliava il teste: poi tutto filò liscio.
Fiöre-checòzze s.m. = Fiore di zucca
Sono i fiori maschili delle zucchine quando sono ancora in boccio.
Si utilizzano in cucina in varie ricette, ripieni, al pomodoro, ecc.; sono ottimi fritti in pastella.
Al plurale, perché si comprano a mazzetti, diconsi ‘i fiüre-checòzze
Fìgghje s.inv. = Figlio
Essere umano considerato rispetto a chi l’ha generato.
In dialetto è invariabile al maschile, al femminile, al singolare e al plurale. Tranne nel caso che il sostantivo sia seguito dall’aggettivo possessivo.
‘A fìgghja möje, töje, söje, nòstre, vòstre = la figlia mia, tua, sua, nostra, vostra, il termine declina in ‘a’ (fìgghja).
La locuzione “di chi sei figlio?” si traduce a chi sì figghje?
Cioè invece di “essere figlio di” in dialetto dicesi jèsse figghje a… = essere figlio a”
Figghjéje v.t. = Figliare
Questo verbo, specifico di animali, significa: partorire, generare.
‘A cunìgghje ò figghjéte söje cunegghjózze = La coniglia ha figliato sei coniglietti.
Le nostre nonne, come per sgravedé, lo usavano anche per la specie umana.
Alle nostre orecchie pare estremamente riduttivo paragonare la donna a un animale domestico, quantunque il parallelo sia biologicamente e scientificamente corretto.