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Amöre de Düje! (pe l’, o söpe l’)

Amöre de Düje(pe l’) escl. = Amor di Dio! (per l’)

Una esclamazione generalmente usata per implorare benevolenza.

Mi viene in mente la storiella di quel barbiere che malvolentieri si prestò a sbarbare un poveretto perché gli era stato chiesto di farlo per l’Amore di Dio. Avendo usato sapone infimo e rasoio stagghjéte = non affilato, il suo gesto non fu affatto meritorio.

Come in italiano si usa anche per escludere qualsiasi dubbio o per dissentire da una nefandezza.

Per esempio se qualche pettegola sta insinuando una malignità sulla onorabilità o sull’illibatezza di una donzella.
Mariètte jì ‘na uagnöna aggarbéte! Pe l’amöre de Düje! Nen ce sté njinte da düce nè söp’a jèsse e nè söp’alla famìgghje söve! = Marietta è una ragazza assennata! Per l’amor di Dio! Non c’è nulla da dire né su suo conto, e né sulla sua famiglia.

Le persone più anziane usavano la formula söpe l’Amöre de Düje!  = Sull’Amore di Dio!

L’italiano è ancora più variegato:
-Dio ce ne scampi e liberi
-Per carità di Dio
-Dio ce ne guardi
-Per l’amor di Dio

 

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Àngeca töje (all’)

Àngeca töje (all’) loc.id. = All’anima tua!

È un benevolo rimprovero verso qlcn che ha sbagliato o che si è lasciato sfuggire una ghiotta occasione per migliorarsi o per trarne vantaggio.

Un po’ un eufemismo, senza significato perché àngeca simula “anima”.

L’imprecazione più cruda mannagghja a ttè! = maledizione a te!, esprime impazienza, contrarietà, stizza, disappunto. Invece quando si usa quell’àngeca che ha un suono simile, ma che non è proprio àneme si vuole imprimere al rimprovero un senso di delicatezza e affetto.
Come quando si dice mannàgghje a chitennósse invece dell’offensivo mannagghje a chitemmùrte, o per non essere addirittura blasfemi di dice “mannàgghje alla Majèlla”.

L’interiezione all’àngeca töje può coniugarsi al plurale:
A l’àngeca vostre! = Accidenti a voi
Mannagghje a chivennósse = Accidenti ai vostri cari.

Al plurale esiste la formula breve: Gghjachìve

Ma questa la conoscono solo i monelli, avvezzi alle marachelle,  quale invettiva dei malcapitati sfottuti.

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Annuvelé l’ucchje

Annuvelé l’ucchje loc.id. = Confondere, sconcertare, agire freneticamente.


È una perifrasi tipica nostrana. Significa confondere qualcuno a causa del proprio comportamento frenetico.

Ad esempio il gioco movimentato fatto dai bimbi sotto gli occhi dei genitori creando confusione. Un po’ come dire annebbiare la vista per l’assenza di quiete.

Ovviamente il verbo della perifrasi può coniugarsi in modo passivo.

Basta! Me stéte facènne annuvelé l’ucchje! = Basta! Mi state creando una gran confusione!

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Apparazziöne

Apparazziöne s.f. = Luminarie

Addobbo luminoso con cui si orna un luogo pubblico per una ricorrenza, una festa ecc.(Sabatini-Coletti).

Tecnicamente in italiano sono dette luminarie anche le luci di Natale. In dialetto l’apparazziöne è solo quella della Festa Madonne = Festa della Madonna, festa patronale.

Deriva dallo spagnolo aparar con il significato di “aggiustare; rendere uniforme, lineare; rendere più piacevole alla vista; togliere quello che è diseguale”.

Le ho sentite chiamare così da sempre. Attenti a non confondere  apparazziöne con  “apparizione”, visione.

Hanne accumenzéte a mètte l’apparazziöne = Stanno montando le luminarie.   Si approssima la Festa grande

(Foto di Chiara Piemontese-2017)

 

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Appuppacüle

Appuppacüle agg. = insolvente

Va bene anche scritto appuppa-cüle.

L’aggettivo è specifico per descrivere una persona indebitata, di dubbia moralità che spesso non fa fede ai suoi impegni.
Insomma uno che molla spesso una fregatura ai creditori.

Un cattivo soggetto che è bene tenere alla larga.

Vi consiglio di leggere l’articolo che dà origine a questo termine, cioè puppéte o appuppéte cliccando qui.

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Ardüche

Ardüche s.f. = ortica

L’ortica (Urtica dioica) è un’erba infestante diffusa in tutto il mondo. “Si trova frequentemente nei terreni azotati, ad esempio tra le macerie e i luoghi incolti, vicino ai centri abitati, o nei lati più umidi e ombrosi dei boschi, dal mare alla montagna” (Wikipedia)

È un pianta erbacea della famiglia delle Urticacee con numerose specie diffuse n tutto il mondo, dalle zone tropicali a quelle temperate. Quasi tutte sono dotate di temibili peli urticanti sul fusto e sulle foglie.

Trova largo uso in erboristeria per le sue qualità antinfiammatorie e diuretiche.

Ho scoperto con raccapriccio che l’ortica è usata anche in gastronomia perché – udite udite! – alcuni la mangiano (dopo averla lessata) nei ripieni dei ravioli, nei risotti, o nel pesto con pinoli e pecorino, al posto del tradizionale basilico.

Ce la mangiàssere löre!

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Arrafagnàrece

Arrafagnàrece v.i. = Anchilosarsi, rattrappirsi

Perdere la motilità scheletrica dovuta al logoramento delle sue cartilagini che si manifesta nei soggetti di età avanzata.

Emergono, fra le  conseguenze di tale deterioramento:  il dolore articolare,  la contrattura dei tessuti muscolari, l’incurvatura della colonna vertebrale a livello cervicale, dorsale  e lombare e infine l’evidente il calo di statura della persona anziana.

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Arrapéte

Arrapéte agg. = Bramoso (di sesso)

Riferito a persona assalita da desiderio sessuale intenso.
Bramosia erotica.
Istinto animalesco irrazionale.
Pulsione sensuale.
Desiderio osceno.

Esiste un sinononimo: arrascéte (<–clicca)

Ho detto tutto?

Ah, no! C’e il derivato arrapande = sexy, conturbante, sessualmente allettante, provocante, attraente che desta “mali pensieri”


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Arrascéte

Arrascéte agg. = Bramoso, voglioso

Il lettore Fabio Sahadewa Brigida – che ringrazio pubblicamente – mi dà una sintetica definizione di questo aggettivo:
«Il termine è molto usato tra i giovani ed esprime un qualcuno che mostra di desiderare tanto qualcosa (anche sessualmente).»

Un sinonimo, riferito solo persona assalita dal desiderio sessuale, è arrapéte.

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Arrassé

Arrassé  v.t. = allontanare, distanziare, scostare.

Ho letto in un testo napoletano che questo verbo deriva  dall’arabo harasa che significa semplicemente lontano.  Tipica l’espressione campana arrassu sia = lontano sia, non sia mai!

Quindi anche i derivati  arrassé e arràsse, e (clicca qui→) daràsse  hanno una chiara etimologia araba.

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