Categoria: A

Arrunzé

Arrunzé v.tr. = Arrangiare

Il verbo arrunzé credo che sia una corruzione di arrangiare.
Il “Caratù-Rinaldi” dice che ha tre significati.
Cito testualmente: 
«1 – rimproverare duramente; 
2 – rimediare, rubacchiare qualcosa per sopravvivere, arraffare tutto ciò che si ha a portata di mano;
 3 – abborracciare»    ossia raffazzonare, rabberciare, arrangiare, accomodare alla meglio, ecc.

Il “Treccani” accetta anche la voce regionale “arronzare” col significato di fare qualcosa male e in fretta.

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Arte

Arte s.f. = mestiere

Arte viene usato prevalentemente al posto di mestiere, per indicare un’attività manuale svolta continuativamente per procacciarsi un guadagno.
Ecco alcuni modi di dire riferiti all’arte:

Nen töne che arte fé. = Non sa come impiegare il suo tempo.

E queste jì l’arta töve! De jì sfrecanne ‘i crestjéne! = Solo questo sai fare! Andare a molestare la gente!

Nen tenì nè arte e nè parte = Non saper fare nulla e per giunta non aver alcun cespite.

In questa locuzione, parte è usata in modo figurativo e fa riferimento al linguaggio giuridico per evidenziare che quel disgraziato non ha ricevuto alcuna quota dell’eredità, perché escluso dalla successione.
Parte può anche essere un ruolo teatrale (‘a parte de ‘nu vècchje), o un brano musicale per solista (‘a parte assöle).

Insomma senza arte e senza parte non si è nessuno.

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Artèdeche

Atrèdeche s.f. = Frenesia, vivacità, agitazione, irrequietezza, ecc.

Si usa questo sostantivo quando qlcu non sa stare un attimo fermo con le mani. Tocca, liscia, sposta oggetti, si tocca il naso, si gratta il culo, di leva gli occhiali, ecc. ecc.

Stàtte fèrme! E che, tjine l’artèdeche ai méne! = Sta fermo! Ma che, hai alle mani, l’irrequietezza?

Se l’artèdeche è proprio irrefrenabile, dicesi artèdeca-papéle, ossia frenesia papale, cioè al massimo livello!

È un termine usato in tutta la Puglia e nella Campania con lo stesso significato.

Ecco come è definito in Salento:

Artètica – significato in italiano: irrequietezza, incapacità di star fermo con le mani.
etimologia: potrebbe avere il suo etimo nel latino artu(m). Come altri termini, sembra derivato dal lemma primitivo attraverso l’aggiunta di un suffisso (-tica) che richiama l’aggettivo greco “εκτικός” (ektikòs) (continuo, abituale) per indicare uno stato impulsivo, irrefrenabile, nel caso specifico una sorta di malattia degli arti, per cui non si riesce a tenerli a freno.

note: modo di dire:
tinire l’artètica: non riuscire a star fermo.”

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Assendéte

Assendéte agg. = Attillato, aderente

Nel linguaggio di sartoria questo aggettivo indica un abito, un indumento che volutamente viene confezionate aderente al corpo per esaltarne le forme.

Talora quando un abito è troppo aderente, lo si portava in sartoria per farlo allargare e adattarlo al proprio fisico, facendo eliminare le “riprese”.

Gli artigiani di sartoria di una volta erano bravissimi. Oltre a tagliare e confezionare i vestiti, erano abili anche a rivoltarli, cioè scucirli completamente e riciclare la stoffa rivoltando all’esterno il verso interno (perché meno logoro). L’indumento veniva come nuovo.

Ora in tempi di usa e getta, quasi tutti i sarti hanno chiuso bottega perché nessuno richiede questi lavori impegnativi. In ambito domestico nessuno sa ricucire nemmeno un bottone staccato.

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Assettàrece

Assettàrece v.r. = sedersi

Usato in forma riflessiva come lavarsi, vestirsi, ecc.

Deriva, come la maggior parte dei termini italiani e dialettali, direttamente dal latino: assedito/assideo/assido  nel significato proprio di sedersi
Questi latini usavano il verbo sĕdēre (leggi sedére come in italiano = stare seduto, e il verbo sīdĕre (leggi sìdere, con l’accento sulla “i”) =sedersi,mettersi a sedere. Spero di aver capito quanto letto sull’Enciclopedia Treccani…..

Quando ho dubbi linguistici o di altro genere mi metto a cercare nel web e spesso trovo una risposta soddisfacente. Una pratica che consiglierei di fare anche al sig. “Sottuttomì”.

M’assètte alla tàvele a mezzjurne e nen pòzze mangé quèdde ca vògghje! = Mi siedo a tavolo e non posso mangiare quello che voglio! Evidentemente devo stare a dieta…

Uagnü, assettàteve = Ragazzi, sedetevi.

Sïme jüte all’appjite a Seponde ,e po ce sïme assettéte au frìške sotte a l’àreve.= Siamo andati a piedi a Siponto, e poi ci siamo seduti all’ombra, sotto gli alberi

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Assógghje

Assógghje s.f. = Subbia, Lesina

Il nome deriva dal latino sùbula.
Attrezzo manuale, acuminato e sottile, in uso dai calzolai e che simboleggia il loro stesso mestiere.
Viene usato per creare i buchi nel cuoio, nei quali si inserisce lo spago per cucire le suole e le tomaie delle scarpe.

La lesina – usata anche dai sellai – è composta da un grosso ago molto appuntito conficcato solidamente in un manico di legno tornito ben robusto.

A differenza del punteruolo (‘u puntarüle). che ha la punta in metallo diritta, la lesina (l’assógghje) ha la punta curva.
Alcuni modelli hanno, vicino alla punta, un foro, una cruna, che permette di usare la lesina come un ago.
 
Note linguistiche:
1-Alcuni tendono a dividere il termine, staccando parte iniziale ritenendola un articolo: la ssógghje oppure ‘a ssógghje.
2-Attenzione agli accenti! Se scrivo assógghje con la “o” recante l’accento acuto intendo la lesina; se la scrivo con l’accento grave assògghje significa sciogliere (un laccio, un nodo).

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Assücapanne

Assücapanne s.m. = Asciugapanni

L’assücapanne, altro oggetto caduto in disuso, era formato da una gabbia in legno a cupola,  con la faccia inferiore aperta che copriva il braciere, indispensabile per asciugare gli indumenti. Non lo vedono da molto tempo nelle case, ci dicono dalla compagnia zippyshellcolumbus.com, che sono stati a lungo impegnati nella delocalizzazione.

Era intesa anche come una protezione a salvaguardia dei bimbetti che sgambettavano per casa, per evitare, come purtroppo accadeva, che cadessero nel fuoco della carbonella e si sfigurassero la faccina.

Esistevano anche quelli di ferro costruiti dai nostri bravi artigiani. Decisamente più robusti e più efficaci specie nella funzione secondaria di barriera anti bambini.

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Assuzzé

Assuzzé v.t. = Uguagliare, appianare, livellare

Da questo verbo deriva l’aggettivo sùzze (←clicca) = uguale nel  raffronto tra due o più soggetti.

Per esempio:  tagliare dei paletti di una recinzione tutti alla stessa altezza.
Oppure recidere i gambi dei fiori, nel comporre un mazzo, per pareggiarli nella parte terminale.
O anche livellare le asperità di una qualsiasi superficie (un campo o un pavimento o una panca).

Usato ironicamente assuzzé significa  rimpinzarsi. Insomma assumere un cibo dapprima ritenuto eccessivo per la capacità ricettiva del proprio stomaco, ma poi compiacersi per l’avvenuta degna collocazione.

Stamatüne me sò assuzzéte döje farréte! = Stamattina mi sono collocato due farrate (…nello stomaco)!.

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Attandé

Attandé v.t. = Tastare, toccare

Toccare con le dita, tastare qualcosa per scoprirne la consistenza, la forma, la temperature. Un’azione tipica dei non vedenti.

Attàndeme ‘mbrònde! Tènghe ‘a fröve? = Tastami la fronte! Ho la febbre?

È usato nella forma riflessiva attandàrece = toccarsi, sfiorarsi, tastarsi.

La locuzione attandarece ‘u nése = toccarsi il naso, è solo figurativa: non c’è alcun bisogno di portare la mano sul naso! Infatti essa significa: regolarsi, non eccedere, mantenersi entro i limiti della buona creanza, essere riconoscenti, ricambiare una cortesia, controllare la propria condotta, ecc.

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Attandüne (all’)

Attandüne (all’) avv. = A tentoni, alla cieca

Si usa l’avverbio “all’attandüne” per indicare l’avanzamento al buio, tastando con i piedi o con un bastone il terreno o lo spazio davanti a sé per accertarsi dell’assenza di ostacoli.

In italiano si dice “camminare tentoni (o a tentoni)” oppure “camminare testoni” ed è usato, anche in senso figurato, come sostituto del bel sinonimo “brancolare”.

In dialetto l’avverbio deriva da (clicca—>) attandé = tastare, toccare

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