Diàvele s.m. = 1 Diavolo, 2 Accenditore di carbonella
Con questo sostantivo in dialetto si indicano due significati:
1) – Diàvele = diavolo.
Definizione di Wikipedia: «Con diavolo (definito anche demonio o maligno) si vuole indicare, nella religione, una entità spirituale o soprannaturale malvagia, distruttrice, menzognera o contrapposta a Dio, all’angelo, al bene e alla verità.».
Il diavolo viene chiamato anche “ ‘u demònje” o “la brutta bèstje” oppure “ ‘u cunnannéte” = il condannato (da Dio). Credo che quest’ultimo epiteto sia di origine Montanara.
Era quasi obbligatorio, almeno fino alla mia generazione, far seguire immediatamente dopo aver nominaro ‘u diàvele, lo scongiuro «Cristecevènghe!» (←clicca).
C’jì ‘ngazzéte accüme ‘nu diàvele, Cristecevènghe! = Si è infuriato come un diavolo, Dio ne liberi!
2) – – Diàvele = Accenditore per carbonella.
Tubo di latta dal diam. di circa 18 cm e alto meno di un metro. Alla sua base era saldato una larga flangia a tronco di cono sempre di latta, bucherellata. Dotato di due maniglie, questo oggetto simile ad un imbuto rovesciato, si poneva al di sopra dei carboni semi accesi del il braciere (vrascjire).
Per un fenomeno fisico, si produce una specie di tiraggio come accade nel caminetto: l’aria calda che si sprigiona dal poco calore dei carboni parzialmente accesi, si incanala nel tubo e provoca, nel risalire al suo interno, una corrente ascensionale che ne facilita la combustione ravvivandone il fuoco.
Questo strumento semplice e ingegnoso, dopo anni di uso diventava nero nero, così come si descrive l’angelo del male. Da qui il nome di diàvele.
Chiaramente lo ricordano solo gli anziani. Con l’avvento del gas in bombole nel 1950, tante cose sono scomparse perché cadute immediatamente in disuso e buttate a ferrovecchio.