Papjònne

Papjònne s.f. = Papillon, cravatta a farfalla

papillon

Il termine, nella pronuncia, è tel-quel al francese papillon, farfalla.

I nostri genitori dicevano indifferentemente papjònne o scullüne (dim. di scòlle = cravatta, come dire cravattina).

Ovviamente era usato dal popolino solo nelle grandi occasioni (per il matrimonio proprio o quando testimoniava alle nozze altui). Indossare il papillon era prerogativa dei signori, dei cocchieri e dei camerieri in servizio di gala.

Per gli elegantoni che volessero annodarsi il farfallino possono trovare la descrizione e il filmato cliccando su papillon.

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Pìnele

Pìnele s.m. = Pillola

Pillola, pastiglia, pasticca, compressa.

Preparato farmaceutico di piccole dimensioni, forma tondeggiante, con consistenza di pasta dura.

Per uso orale, la pastiglia può essere anche ricoperta di gelatina o zucchero.

Fiiguratamente: indorare la pillola per non far sentire l’amaro del farmaco durante la deglutizione.

“Basta un poco di zucchero e la pillola va giù” (dal film “Mary Poppins” – Walt Disney

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Pindalòsce

Pindalòsce s.f. = Scorreggia

Voce fanciullesca per indicare una scorreggia.
Sinonimo fjite (←clicca)

L’emissione di gas intestinale era un po’ glorificata in questa specie di “conta” per stabilire, quando si stava seduti attorno al fuoco (perché la televisione non era stata ancora inventata) chi era stato l’autore della puzza.

Ecco il testo:

Pendìlle, pendìlle, pendòsce
ch’jì ca l’ò fàtte la pindalòsce?
L’ò fatte ‘u cüle fetènde
e Sant’Andònje l’abbrüsce ‘u dènde.
Póh póh, póh
e che fjite c’à fatte tó!
L’ò fatte ‘u pundarüle
e Sant’Andònje l’abbrüsce ‘u cüle.
Póh póh, póh
e che fjite c’à fatte tó!

Qualcuno al verso n. 3 dice che Sant’Antonio gli brucia la lènghe (la lingua). Posso anche accettare questa variante, ma non mi garba troppo, perché non fa rima baciata come tutto il resto di questa odorosa “poesia”!

Tra l’aggettivo fetènde e il sostantivo lènghe c’è solo un’assonanza.
Io preferisco l’accoppiata in rima, come:
fetènde/dènde,
pendòsce/pindalòsce,
tó/póh, e
cüle/pundarüle

Cliccate sul triangolino bianco qua sotto e sentire l’audio (non l’afrore) di questa…odorosa filastrocca!

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Pìmmene

Pìmmene s.m. = Pugno

Colpo inferto con la mano chiusa, con le dita piegate e fortemente strette sul palmo.

In epoca più recente, diciamo dagli anno ’40, si diceva cazzòtte = cazzotto.

C’jì menéte ‘i pìmmene ‘mbjitte = Si è battuto i pugni sul petto (in segno di pentimento…mea culpa, mea culpa!)

La famosa località garganica di Pugnochiuso era da tempo immemorabile conosciuta dai nostri bravi pescatori come Pimmenachjüse (toponimo).

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Pìmmena-chjüse

Pìmmena-chjüse topon. = Pugnochiuso

Famosissima località turistica del Gargano, nei pressi di Vieste, che dapprima era nota ai pescatori locali come punto di riferimento.

Essi erano e sono in grado di localizzare con denominazioni appropriate, palmo a palmo, tutta la costa dauna, dal Fortore all’Ofanto…e anche oltre.

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Pih

Pìh int. = ecco che, e quindi, e allora, ecc.

È una interiezione abbastanza ricorrente nel linguaggio parlato. Alla lettera significa “prende”. Spesso è più completa: po-pìh o anche po-pìgghje o solo pìgghje e.

Non sappiamo bene che cosa si “prende”, forse si prende fiato prima di passare da un’azione all’altra, magari repentinamente.

Con qualche esempio spero di chiarire il concetto. Diciamo la verità, tutti abbiamo avuto questa specie di intercalare, almeno fino ad una certa età.
Credo che abbia, nel parlare, la funzione belante dell’anglosassone “Ehr”, come per prendere una piccola pausa per respirare e per riordinare le ideee prima di esprimerle.

Mèndre ca camenöve, pìh, e me sò truéte lunghe lunghe ‘ndèrre = Mentre camminavo, ecco che mi sono ritrovato lungo disteso per terra.

Mò ca ce piéce, po-pìh e lasse tutte cöse?= Proprio ora che comincia a piacerci (il racconto, l’azione, la prestazione, la descrizione, ecc.), ecco che abbandoni tutto (e ci lasci in sospeso)?.

C’jì stéte sèmbe cìtte… po-pìh c’jì javezéte, e, senza düce njinde, pìgghje e ce n’jì ne scappéte = Era rimasto a lungo taciturno, poi all’improvviso si alzò in piedi, e senza profferir parola, se la svignò rapidamente.

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Pigghjé l’appöse

Pigghjé l’appöse loc.id. = solere, essere solito volutamente

Prendere il vizio, la consuetudine di fare sempre un’azione a danno di altri.

Si dice pigghjé o pegghjé, indifferentemente. Sarebbe più corretto dire pigghjé come l’italiano pigliare. Difatti all’imperativo si dice pìgghje = piglia.

Scherzosamente la mamma, quando notava un giovanotto ronzare intorno alla propria casa, passare e ripassare, diceva:

E jìsse! ho pegghjète l’appöse a venì sèmbe quattórne = (Guardalo!) ui è ormai ha preso l’abitudine a gironzolare sempre in questi paraggi.

Mò te déche ‘nu becchjerüne, ma nen pigghjànne l’appöse = Ora ti dò un liquorino, ma che non diventi un’abitudine.

Cerco di capire il significato di pigghjé l’appöse, e mi sembra “prendere una discesa”. Quindi figuratamente, giungere agevolmente ai piedi della china, arrivare a fine corsa senza fatica, perché è più facile andare in discesa piuttosto che in salita.

Gira e gira e si giunge al posto preferito, anche perché l

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Pigghjé i vjirme

Pigghjé i vjirme loc.id. = Terrorizzarsi, spaventarsi, sobbalzare.

Alla lettera significa: prendere i vermi. Ma non per andare a pescare con la lenza e l’amo!

Significa prendere un solenne spavento, una paura, una fifa memorabile.

E che c’entrano i vermi? Dico il mio parere: uno stato di paura o di stress genera spasmi viscerali e involontarie contrazioni muscolari, dando una fastidiosa sensazione come se nella pancia ci fossero dei torciglioni, dei vermi in movimento.

Tutti abbiamo vissuto questi momenti! Che so, prima dell’esame di maturità, prima del conseguimento della patente, dopo essere usciti illesi da una situazione di pericolo o durante l’incombere di esso, ecc.

Ecco, questo movimento intestinale viene descritto come aver “preso i vermi”, ossia aver contratto una di quelle malattie viscerale che ora sono scomparse: la tenia, l’ameba o altre simpatiche malattie di “panza”

Me sò vìste a cóste annànze tutte ‘na volte: m’ò fatte pigghjé i vjirme! = Costui mi è comparso davanti inaspettatamente: mi ha spaventato!

Altre locuzioni similari:
torce l’ùcchje;
fàrece venì a jòcce
fàrece venì ‘u staghegghjöne

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Pigghjé asse pe fiüre

Pigghjé asse pe fiüre loc.id. = Sbagliare, prendere un abbaglio.

asso_denariCommettere un errore, prendere una cantonata, fare un passo falso.

Talora si pronuncia Pegghjé jàsse pe fiüre
Fiüre, in questo caso non significa “fiori”, bensì “figure”

Alla lettera significa: prendere asso per figura. Chiaramente si riferisce ad una mossa errata nel gioco delle carte.

Commettere un errore, prendere una cantonata, fare un passo falso.

Di solito l’asso, specie nella briscola o nel tressette è una carte importante e nel fare una giocata lo si è calato erroneamente al posto di una “figura”, ossia il “cavallo, la “donna” il “re” (le altre carte sono chiamate “pezzenti”, ossia scartine.

Il linguaggio figurato trasferisce questa mossa di gioco per indicare un errore madornale, anche di valutazione.

ANNOTAZIONI FONETICHE
Molte parole che iniziano in italiano con la vocale ‘a’, ‘e’, ‘o’ ‘u’ prendono nel dialetto la semivocale ‘j’ come avviene, per esempio, nei seguenti casi:
Abitare = javeté
Alzare = javezé
Amaro = jamére
Angelina = Jangiulüne
Aprire = japrì
Essa = jèsse
Oggi = jògge
Otto = jòtte, ecc….

Sono grato al nostro grande poeta Franco Pinto, che sfodera queste colorite espressioni, perché che mi danno modo di trarne spunto per comporre questi miei post dialettali.

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Pìcche-e-pe-nnjinde

Pìcche-e-pe-nnjinde loc. avv. = spesso, sovente, frequentemente.

L’avverbio pìcche = “poco” è di origine garganica, ed in questa locuzione è ormai entrato anche nella nostra parlata. C’è stata una osmosi di termini dopo la continua immigrazione interna a Manfredonia avvenuta negli ultimi 70 anni, specie di Montanari, ormai perfettamente integrati nel nostro tessuto urbano.

Essi dicono “pìcche” per indicare un quantitativo ridotto, corrispondente al nostrano pöche = poco. Pìcche pìcche = pöche pöche = poco poco.

Quel pìcche ovviamente si riferisce al breve intervallo di tempo che intercorre tra un’azione e il suo ripetersi: poco dopo, a ripetizione, ecc. Insomma un nonnulla, con frequenza, ripetutamente, spessissimo.

Pìcche e pe njinde = pöche e spìsse = poco e spesso.

A jàtte picche e pe nnjinde ce ne scappe = Il gatto spesso e volentieri se ne scappa (via da casa).

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