Nen tenì né panze e né crjànze

Nen tenì né panze e né crjànze

Non avere né pancia, né buona creanza.

Nei tempi di crisi economica vera, non tutti e non sempre potevano mangiare adeguatamente, e si incontravano molte persone smagrite per denutrizione.

Quindi una persona senza “pancia” denotava subito la sua miseria.
Quelle floride invece ostentavano il loro benessere ed erano guardate con un po’ d’invidia.
Non come oggi che cerchiamo tutti una dieta per smaltire i chili di troppo!

Se poi qualcuno, in quell’epoca, era anche uno che mostrava impertinenza, ineducazione, villania, veniva etichettato subito:

Nen töne né panze e né crianze = è un poveraccio e anche screanzato. Non possiede beni né modi. Insomma negativo su tutta la linea.

Ringrazio il lettore Enzo Renato per il suo suggerimento.

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Nen tènghe pagghje p’a cióccia möje

Nen tènghe pagghje p’a cióccia möje

Il Detto recita così: “nen tènghe pagghje p’a cióccia möje…..”

La frase si lascia in sospeso perché la seconda parte è sottintesa.
Ossia: non ho da far mangiare la mia bestia, figurati se posso pensare alla tua!

Con lo stesso significato si può ribaltare il Detto: Nen tjine pagghje p’a cióccia töje…
Cioè: non riesci a badare alle tue faccende, figurati se puoi preoccuparti delle mie!

Ovviamente è linguaggio figurato.

Non posso darti quello che chiedi perché l’oggetto, l’opera, la merce che mi chiedi non basta nemmeno per soddisfare le necessità della mia famiglia.

Ringrazio la lettrice Tonia Trimigno per il suo prezioso suggerimento.

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Nen dànne rètte a sùnne, ca ‘u sunne jì ‘ngannatöre

Nen dànne rètte a sùnne, ca ‘u sunne jì ‘ngannatöre

Non dar retta al sogno, perché il sogno è ingannatore.

Il verbo “dar retta” si traduce anche in “dé avedènze“.

Quindi il proverbio si può citare anche cosi: “Nen danne avedènze a sunne, ca ‘u sunne jì ‘ngannatöre” .

La saggezza popolare consiglia di tenere i piedi ben piantati per terra, di non volare troppo con la fantasia. Essere pragmatici spesso evita cocenti disillusioni.

Questo Detto serve a consolare anche qualcuno turbato da un brutto sogno. Capita, ad per esempio, di sognare la morte propria o di qualche parente. Quando, turbati, si racconta il brutto sogno, si trova subito chi ordina di non dar peso all’episodio, perché il sogno, si sa, è fallace, menzognero, non è mai attendibile.

Forse il dott. Freud non sarebbe molto d’accordo….Ma lui aveva la chiave di lettura dei sogni, noi no.

Grazie al lettore Enzo Renato per il suggerimento.
Enzo mi ha dato anche una variante del proverbio:
‘U sunne jì ‘ngannatöre. Quèdde, ‘a vècchje, quèdde ca vulöve, ‘nzunne li jöve =  = Il sogno è ingannevole. Alla vecchia andava in sogno tutto quello che avrebbe voluto.
La traduzione non è letterale ma per rendere il concetto in italiano decente ho dovuto rispettare  grammatica e sintassi….

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Nen chiamanne p’a manózze, ca nen vöne p’u pedózze.

Nen chiamanne p’a manózze, ca nen vöne p’u pedózze.

Non chiamare con la manina, (così) lui non viene con il piedino.

È il costante monito della mamma verso la sua avvenente figliola. Come per dire, non fare alcun cenno al giovinotto, così lui non si sente incoraggiato a venirti a ronzare attorno.

Le mamme, almeno una volta, erano preoccupate per il futuro delle proprie procaci figliole.

Se tu stai al posto tuo, non potrà mai accaderti nulla di spiacevole.

La prudenza era il primo precetto da seguire! Certe mamme di oggi, cosidette “emancipate”, per “prudenza” intendono il condom nella borsetta della figlia.

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Nen ce sté nè cjile da vedì nè tèrra da camené

Nen ce sté nè cjile da vedì nè tèrra da camené

Non c’è né cielo da vedere, né terra da camminare.

Difficoltà assommate.

Si usa dire quando le circostanze non sono per nulla favorevoli.

Véche truànne fatüje, ma nen ce sté nè cjile da vedì, nè tèrre da camené = Sto cercando lavoro, ma non si riesce a trovare nulla di nulla.

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Nen ce sté chjó ‘nu pàlme de tèrra nètte.

Nen ce sté chjó ‘nu pàlme de tèrra nètte.

Non esiste più nemmeno un palmo di terra “pulita”.

In questo caso netta significa che nel mondo non c’è nemmeno un palmo di terra emersa risparmiato dalla disonestà dilagante.

Nen esistono più “mani pulite”. È tutto un vero sfacelo: immoralità, inquinamenti, magna-magna, malcostume, droga, rapine, stupri, prostituzione, pedofilia, mafia, concussione, malversazione, lavoro nero, disoccupazione, mobbing e tante ‘belle’ schifezze attuate per fare denaro.

Il detto è molto pessimista. Dicono i Romani: pensa male che ci azzecchi. Tuttavia mi rifiuto di pensare che siamo tutti disonesti, che non esista un luogo dove la totalità è dedita a questo genere di “attività”….

Grazie alla lettrice Apple per il suggerimento.

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Nen ce facjüme a canòsce

Nen ce facjüme a canòsce

Non ci facciamo conoscere

Suggerimento del più prudente di una combriccola di giovinastri che, fuori dal proprio ambiente, comincia a fare intemperanze, consapevole del temperamento esuberante del gruppo.

Invito ad agire con correttezza ed educazione.

Spesso si completa la frase con …pe’ quìdde ca süme! = per quelli che siamo!

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Nen jì scugghje ca cacce lambe.

Nen jì scugghje ca cacce lambe.

Non è scoglio che produce patelle.

Si usa citare questo proverbio riferendosi a qlcu che è tirchio, taccagno, che non concede favori a nessuno.
Quindi da costui non ci si aspetti che faccia favori di alcun genere.

Un po’ come la morale del proverbio italiano: Cavar sangue da una rapa
Pretendere da qualcuno ciò che non può dare.

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Né èrve all’ùrte, né pìsce au purte

Né èrve all’ùrte, né pìsce au purte

(Non comprare mai) Né erbe all’orto, né pesci al porto.

Un consiglio dato a coloro che ritengono di poter risparmiare sul prezzo acquistando le vedure direttamente dall’ortolano e i pesci direttamente dai pescatori.

Forse possono ottenere prodotti più freschi, ma certamente più cari di quelli comprati sotto casa.

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Ndrjànde p’a làjene annànde.

Ndrjànde p’a làjene annànde.

Impicciona con una pasta sfoglia davanti.

Questo modo di dire si pronuncia se qlcu è particolarmente ficcanaso.

Origine del detto:
Si narra che una massaia, dalla sua casa a pianterreno, aveva sempre l’orecchio teso a quello che accadeva per strada.
Non mancava nessuna occasione per lanciarsi fuori per curiosare.
Una volta un po’ in deshabillé per il caldo, mentre stava preparando la pasta sfoglia (lajene) per le fettuccine, sentì un gran trambusto provenire dalla strada.
Non avendo altro da indossare, per la fretta si pose la lagana sul davanti mo’ di grembiule  e si lanciò fuori dall’uscio. La sciagurata apparve all’aperto seminuda. La sfoglia di pasta riuscì a coprire solo il davanti della persona ma non il resto.

La curiosità è stata così forte da far dimenticare il suo senso del pudore.

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