Tarùsse

Tarùsse s.m. = Nonno

Questo termine è ormai desueto, come quello di tatà per babbo

Etimo:
Tarusse, è la contrazione di tatà-grusse = babbo grande, alla stregua del francese “grand père” o dell’inglese “grandfather” o del tedesco “Grossvater/Großvater“…. e del garganico  tatàjrànne.

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Tarramöte

Tarramöte s.m. sopr. = Terremoto, sisma

Brusco movimento del suolo in seguito a una rapida serie di scosse brevissime causate dalla propagazione delle onde sismiche entro la crosta terrestre.

fig., persona molto vivace e irrequieta, che provoca scompiglio e danni.

Come soprannome credo che appartenga alla famiglia Ardò, salvo rettifica degli interessati.

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Taratüre

Taratüre s.m. = Cassetto

Scomparto di un mobile, aperto nella parte superiore, munito di maniglia o pomello, che si apre e si chiude scorrendo su apposite guide.

Al Nord e al Sud d’Italia viene chiamato tiretto, derivato dal francese tiret o tiroir, a testimonianza dei napoleonidi che quivi hanno dimorato a lungo.

Scherzosamente si intende anche il loculo cimiteriale.

Ce n’jì scjüte au taratüre = Se n’è andato al (suo) loculo. Insomma il soggetto è deceduto.

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Taratóffe

Taratóffe s.m. = Uovo di mare, o limone di mare

Non credo che abbia un nome specifico in lingua italiana. In dialetto ha un’assonanza con “tartufo”

Si tratta di un’ascidia (Microcosmus sulcatus) ricercata come frutto di mare un po’ speciale.  Si pesca su fondali rocciosi o sabbiosi coperti di detriti, ed è a forma di piccolo otre (max cm. 15), contenente un frutto giallo, con tunica arancione o rossa.

Il sacchettino contentente il frutto del taratóffe non è individuabile a causa della forte ricopertura di organismi epibionti (che vivono sopra altri organismii), come alghe, spugne, antozoi (animali a forma di fiore) o altre ascidie (animali a forma di otre che si nutrono per filtrazione).
….Come sono difficili queste ricerche!….

Il frutto è ritenuto un cibo afrodisiaco. Non tutti lo apprezzano però, perché emana un odore come di acido fenico, un tipo di disinfettante.  Insomma è un frutto di mare tipico, adatto a palati coraggiosi!

Era considerato cibo dei poveri, come i caperrüne = i murici , i mósce = mussoli e i carècchje = canestrelle e alle cozze pelöse

 

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Tarallüne

Tarallüne s.m. = Ciambelline

Tarallüne p’u vüne bianghe = Tarallini con il vino bianco. Dolce pasquale.

In questo impasto, oltre a farina, zucchero e uova, si aggiunge anche un bicchiere di vino bianco, che conferisce all’impasto un profumo particolare.

Si conservano a lungo.

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Taralle

Taralle s.m. = Ciambella 

Qualsiasi tipo di ciambella viene chiamato tarallo.

Intendiamo qui evidenziare i “Taralle pe l’öve” = taralli con le uova, tipico biscotto pasquale.

L’impasto è formato sempre di farina e uova, con meno zuchero delle scarielle. La pezzatura va fino a 10 cm. di diametro.

Le ciambelle vengono spalmate di giulebbe (impasto cremoso di chiare d’uovo montate a neve e abbondantissimo zucchero) e cosparsi di confettini colorati.

Si chiamano taralle ‘ngeleppéte (pieni di giulebbe) o anche alla maniera montanara chialètte s.m.

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Taragnöle

Taragnöle s.f. = Allodola

La taragnöle è un uccello migratore (Alauda arvensis) una volta molto ricercato dai cacciatori.
Il nome deriva dall’aggettivo latino terràneola,  “terràgnola”, per le sue abitudini di nidificare nei terreni e nei campi coltivati.
Sinonimi di cappellaccje, calandrèlle e (clicca→) cucciarde.

Questo passeraceo è ritenuto utile all’agricoltura perché si nutre anche delle larve di cavallette e di insetti nocivi.

Strutturato come il nome della città di di Cerignola (difatti non si pronuncia sdrucciola), l’accento tonico in dialetto è quello di una parola piana.

Mio padre mi raccontò che i cacciatori per catturarle non usavano il fucile,  ma un metodo altrettanto barbaro.
Camminavano a coppia di notte in fila indiana per i campi. Uno di essi era munito di una lanterna cieca, di quelle che hanno il vetro posteriore e quelli laterali oscurati. Quando scovavano il nido, il primo gli puntava la luce:  l’allodola metteva fuori il capo perché la natura le spinge a curiosare, e l’altro uomo  la pestava col il suo pesante scarpone, la raccoglieva e la intascava nel carniere.

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Tànne-tànne

Tànne-tànne loc.avv. = Immediatamente

Lì per lì,  immediatamente, senza indugiare, ecc.

Accettabile anche la forma tanne-pe-tanne

Quànne pàteme völe ‘na cöse ce l’à da dé tànne-tànne = Quando mio padre vuole una cosa, (un servizio, un oggetto) gliela devi dare/fare immediatamente.

C’jì mìsse a smanié, ca tànne per tànne avöva murì = si è messo a smaniare, come se stesse per morire in quell’istante.

Da non confondere con l’avverbio di tempo tanna tanne = Tanto tempo fa.

Stöve ‘va volte, tanna tanne… = C’era una volta, tanto tempo fa…

Era l’incipit delle favole raccontate dalle nonne attorno al braciere…

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Tanne

Tanne avv. = Allora.

In quel preciso momento; in quel tempo determinato, passato o futuro.

L’avverbio tanne è usato in tutta l’Italia meridionale. Talvolta arricchita di sfumature, ma sempre riferito ad un periodo temporale già trascorso.

La locuzione tanne-tanne o anche tanne stèsse, o tanne-pe-tanne,  significa seduta stante, immediatamente, in quello stesso momento..

Si usa anche zìcche tanne = proprio in quel momento. Come dire che accade qualcosa di inaspettato mentre se ne sta compiendo un’altra.

Sono sorpreso di scoprire i legami fra il termine tanne  con il latino tandem, l’inglese then (nel senso di at that time=a quel tempo), il tedesco dann, il sardo tandə e il corso tandu.

Tanna-tanne (←clicca) significa in un tempo passato ormai troppo lontano.

Le nonne quando raccontavano delle favole ai loro nipotini, iniziavano – come si conviene – con il “c’era una volta” , ma spesso in un modo un po’ burlesco:
“Stöve ‘na vòlte, tanna-tanne, quanne ‘ ciócce stöve cacànne…” = C’era una volta, tantissimo tempo fa, quando il ciuco stava cacando,….

Una rima improvvisata niente affatto divertente per i frugoletti che si aspettavano una favola vera, che poi veniva raccontata ugualmente dopo un attimo di smarrimento!

Il Prof. Michele Ciliberti, c he ringrazio sentitamente, mi ha fornito l’etimo di “tanne”: Avverbio di tempo, dal tardo latino “tandem” con significato di “allora”, in contrapposizione a “mò”, da “modus” cioè “ora”, “adesso”.

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Tammaröne

Tammaröne s.m. = Monticello

Accumulo di terra e sassi naturale o artificiale, mucchio elevato di materiale vario (spazzatura, tufina, sabbione, frumento, ecc.)

Quann’ànne scarechéte a frascjüme ànne fatte ‘nu tammaröne qua ‘nnande (o ‘nnanze) 
= Quando hanno scaricato la tufina hanno creato un monticello qua davanti.

Per estensione significa anche una quantità notevole di materiale che può essere raccolto e trasportato fra le braccia in una sola volta.

L’ho sentita al mercatino da un fruttivendolo a suo fratello che doveva pesare due chili di cime di rapa:E mìtte l’ati ciüme de répe jind’a velànze! Quanne uà mètte ‘nu tammaröne e quanne uà mètte a jüne a jüne = Metti le altre cime di rapa nella bilancia! Quando ne mette una bracciata (in peso eccessivo) e quando ne mette ad una ad una (e non raggiungge mai il peso richiesto).

Ho chiesto che cos’è ‘u tammaröne? Quello che si porta con le braccia: una bracciata di erba.

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