Tag: sostantivo maschile

Fìšque

Fìšque (taluni pronunciano fìšcule o fìškle o  fìšche) s.m. = Fiscolo

Il fiscolo (del lat. fiscusfiscina «borsa, cesto») è un recipiente filtrante in cui vengono poste le olive macinate per sottoporle alla torchiatura.

I fiscoli sono generalmente composti di fibre assemblate in cordoncini che poi sono intrecciati in maniera da formare dischi del diametro di circa 60 cm. Ogni fiscolo si presenta come un doppio disco filtrante sigillato ai margini e forato al centro.

 

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Jastematöre

Jastematöre s.m. = Bestemmiatore

Persona che usa sovente bestemmiare senza ragione i Santi, Dio e le cose sacre (clicca->) jastöme, anche come irritante intercalare.

Per estensione si intende con jastematöre anche persona con il vizio del (meno grave) turpiloquio, ossia che usa spesso e volentieri parole oscene, le cosiddette parolacce.
Faccio un solo esempio (di cui mi scuso in anticipo) che riporta una telefonata di rimprovero. La traduzione non è proprio alla lettera:

«Mattö’, strunzelöne, c’jì fatte l’une e mèzze, cazze! Quanne cazze t’arretüre? Sté ‘u piatte alla tàvele ca ce arrefrèdde, e che cazze!» = Matteo, accidenti, siamo arrivati all’una e mezza! Ma tu quando decidi di rincasare per il pranzo?

Mammamöje, Giuànne jì ‘nu jastematöre ca te fé škande! = Mamma mia! Giovanni è un bestemmiatore da far paura.

Al femminile è invariabile, non esiste un termine per bestemmiatrice.
In italiano esiste anche il termine biastematore, sicuramente di origine toscana, molto simile al nostro.

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Mugnéle

Mugnéle s.m. = “Mignale” o Mignano

Si tratta di una scalinata ad una sola rampa, costruita esternamente all’edificio per accedere al piano superiore.

Grazie all’impagabile “Vocabolario” di Caratù-Rinaldi ho appreso che esiste in italiano il termine mignano  (o meniano) derivato dal latino maenianum, con cui nella Roma antica si indicavano i balconi o i ballatoi aggettanti (sporgenti) esterni delle case.

La foto mostra il mignale di Via S.Chiara.

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Cavalle

Cavalle s.m. = Cavallo


1 Cavalle (anticamente cavadde) = Cavallo. Equino di grossa taglia (Equus ferus caballus) che conta innumerevoli specie, per forma e dimensione, Addomesticato da millenni, viene adattato ai vari usi (traino, sella, corsa).
Al femminile fa jummènde = giumenta. Il puledro è detto vannüne o vannenjille.

2 Cavalle = Lanzardo o Sgombro cavallo. Pesce marino della famiglia degli sgombri (Scomber Japonicus Colias). Diffuso nei nostri mari.
Differisce dagli sgombri comuni (Scomber scombrus) per il disegno della livrea che, invece della tigratura sfumata dal dorso verso la zona ventrale, presenta macchie grigiastre sul ventre che spesso di uniscono a formare delle vermicolature.

(Termini tecnici e foto reperiti in Wikipedia)



 
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Péne

Péne s.m. = Pane

L’indispensabile alimento di ogni giorno a base di farina, acqua, sale e lievito.

La pronuncia nostrana deriva da quella francese di pain.

In tutto il mondo esistono infinite forme di pane, ma uno solo è il modo di prepararlo, che si svolge in tre fasi: impastare acqua e farina, lasciar lievitare, passare in forno.

Noi Pugliesi siamo probabilmente i più abili forse perché disponiamo di materia prima eccellente.

La foto (tratta dal web) mostra il pane di Monte S.Angelo in forme da 3 e 4 kg.  Le nostre mamme lo facevano in casa, col lievito madre (‘u crescènte) ed una pagnotta durava un’intera settimana.  Col passare dei giorni  si induriva sempre di più, e veniva usato abbrustolito, bagnato e condito, e infine a pancotto.

Anticamente in alcune famiglie il pane fresco veniva chiuso a chiave nello “stipone” per evitare che finisse prima, perché più appetitoso.
In sostanza colà si mangiava solo pane raffermo, ugualmente buono, ma decisamente meno invitante di quello fragrante di forno.
Non era questione di dieta ma di tasca, per farlo durare più a lungo.

Vi rimando ad un Detto scherzoso.  Cliccate qui.

Ricordo che quando mi cadeva sul pavimento un pezzo di pane, mia madre mi obbligava a raccoglierlo, baciarlo (sì, baciarlo, perché sacro!) e poi a mangiarlo ugualmente.
Credo che anche in altre famiglie vigeva questa procedura. Per questo siamo cresciuti pieni di anticorpi. E chi ci ammazza, a noi?

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Cutelìzze

Cutelìzze s.m. = piccolo movimento, oscillazione.

Deriva dal verbo cutelé a sua volta proveniente dal latino cutere e cutulare col significato di muovere, scuotere, dondolare.

Vatte cùlche e nen te cutelanne = Vai a coricarti e non ti muovere!

Nel nostro cutelìzze si individua specificamente una lieve scossa tellurica.

Assemègghje ca ho fatto ‘nu cutelìzze! = Sembra che abbia fatto una lieve scossa di terremoto!

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Cèmece vèrde

Cèmece vèrde s.m. = Cimice verde

Le cimici  verdi (Palomena Prasina) fanno parte di una famiglia di insetti eterotteri che utilizza l’olfatto come meccanismo di difesa, proprio come le puzzole.

Attaccano le piante e addirittura gli alberi, causando danni molto rilevanti.

Esiste anche la “Cimice marrone” (Eurydema ventralis) che attacca prevalentemente le piante orticole.

Quando minacciate o schiacciate, queste  cimici emettono da una ghiandola nell’addome una sostanza fortemente puzzolente.

A volte si trovano queste cimici, con disappunto e disgusto della massaia, attaccate alla biancheria del bucato messo ad asciugare all’esterno. Bisogna scuotere i panni per allontanarle in modo che non lascino la loro puzzolentissima e persistente traccia “odorosa” sulla nostra roba.

Contrariamente alla cimice dei letti (Cimex lectularius), chiamata anche con voce arcaica pèmece, plurale pìmece, questa non attacca l’uomo.

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Sparröne

Sparröne s.m. = Sparo, Sparaglione, Sarago-Sparaglione.

  • Al singolare è ‘u sparröne; al plurale è  i sparrüne.
    Genere di pesci Attinottèrigi (latino Sparus, greco Sparòs – fam. degli Spàridi).

Linneo, il noto naturalista del 1700 gli diede il nome scientifico di Diplodus annularis. Un sinonimo scientificamente accettato è Sparus annularis.

È facilmente riconoscibile per la livrea grigio-argentea con sfumature giallastre e per le pinne ventrali gialle. La macchia nera presente sul peduncolo caudale si estende sul bordo inferiore (Wikipedia).

Da noi è molto apprezzato in cucina. So che in altre regioni d’Italia è considerato un pesce “povero” e di scarso pregio (ma che volete farci? Poveretti! Sono terricoli e non vogliono pesci spinosi!).

Si può preparare arrostito sulla brace, fritto, a ciambotta, al pomodoro, in cartoccio, in bianco, ecc. È sempre buonissimo! 
Il profumo degli sparroni arrostiti  è uno degli odori caratteristici della nostra città.

Arrostire (e mangiare) sparroni non rappresenta solo un rito di alta gastronomia, ma anche la divulgazione di un’autentica attività culturale!

Nomi dialettali:

ANCONA – Sparo, Sbaro, Carlino
BARI – Sparinole, Sarjce
CAGLIARI – Sparlotte e Isparedda
CATANIA – Spareddu
CIVITAVECCHIA – Sparajone
CROTONE – Saracu, Sparamazzu
GAETA – Sparaglione, Sparitiello
GALLIPOLI – Spariolu
IMPERIA – Saragu
LA SPEZIA – Saagu
LIVORNO – Sparlotto
MANFREDONIA – Sbarroni
MESSINA – Sparagghiuni
MOLFETTA – Sparraune
NAPOLI – Sparaglione
PESCARA – Carlini, Sbarre
REGGIO CALABRIA – Sargu, Pupazzu, Sparagghiuni
ROMA – Saraghetto
SAVONA, GENOVA – Sparlo
SIRACUSA – Aspareddu
TARANTO – Sparagghiuni, Spari
VENEZIA, TRIESTE – Sparo


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Manacöne

Manacöne s.m. = Manica larga

Va bene anche la pronuncia manecöne.
Alla lettera significa “manicone”, larga manica. Sono tipiche dei sai francescani, spesso usate dai frati per celarvi le mani in inverno, al riparo dal freddo, o per nascondervi il fazzoletto.

Figuratamente mettìrle ‘nd’u manacöne significa togliere qualcosa dalla vista, dimenticare, e quindi non pensarci più.
È il caso, ad esempio, di un credito diventato inesigibile, o di un sopruso ricevuto, al quale non si vuole controbattere.

Indica anche l’atto di trarre vantaggio da una qualsiasi transazione.
Fare la cresta, serbare illecitamente per sé un vantaggio economico, fare peculato.

Con l’identico preciso significato l’ho sentita pronunciare da un amico originario della Campania (“mette rint’o manacone” ), mentre con una mano faceva l’atto di allargare una immaginaria giacca e con l’altra mimava di infilare qualcosa nella tasca interna, al posto del portafogli. Questo per fugare qualsiasi dubbio interpretativo!

Ringrazio il lettore Michele Castriotta per il suo prezioso suggerimento.

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Söle-ljöne

Söle-ljöne s.m. = Solleone

Va bene anche scritto sölljöne o sölliöne.
Periodo estivo, generalmente da metà luglio a metà agosto, caratterizzato da gran caldo, specie nelle ore del meriggio.

Il termine è composto da söle, sole e ljöne (segno dello Zodiaco) perché in quel periodo il sole si trova in tale segno.

‘Stu söle-ljöne fé škatté ‘u cüle ai magiulücchje! = Questo solleone è insopportabilmente caldo!

È tipico di Manfredonia il detto riferito alle lucertole.
Cliccate qui —> magiulècchje!

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