Ficche-fìcche 

Ficche-fìcche s.m. = Coito, rapporto sessuale

Scusate il termine osé… Fa parte della parlata locale.

Si usa ancora? O non si usa più? Non so!

Ovviamente io mi riferisco alla parte letterale, alla denominazione, non all’atto di fé ficche-ficche = Fare all’amore, accoppiarsi sessualmente, che si continuerà a fare finché ci saranno maschi e femmine a questo mondo.

Il termine è entrato nel linguaggio locale durante l’occupazione Alleata. I giovani soldati americani andavano a caccia di donne durante la libera uscita, e chiedevano indicazioni per raggiungere il bordello, allora funzionante in Via Cave, una traversa di Via Principe Umberto (attuale Via Antiche Mura).

Per farsi capire gli Americani chiedevano quick fuck = scopata veloce.

Figuratevi cosa capivano quelli che allora parlavano solo il dialetto..

Per assonanza capivano fik-fik, che somigliava al verbo ficcare, chiarissimo riferimento all’azione che intendevano compiere quei ragazzi, e li indirizzavano correttamente, facendosi capire a gesti.

Gli adolescenti chiamavano l’atto sessuale, di cui avevano solo una vaga idea: ‘i cöse purcjille = le cose da porcelli.

Ah ah ah, mi fa ridere ancora adesso quella buffa locuzione.

Sinonimi: sciammèrje, frechéte, chiavéte, ‘nzacchéte, strechéte, mbezzéte , ecc.
Nelle cose di sesso fortunatamente la fantasia non ha mai posto limiti.

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Fetì

Fetì v.i. = Puzzare

Dal latino foetere = fètere, puzzare.

Emanare puzzo, odore sgradevole.

‘Stu pèsce accummènze a fetì = Quasto pesce comincia a puzzare.

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Fetènde

Fetènde agg. = Fetente, fetido, puzzolente

Che emana fetore, perché marcio, in avanzato stato di decomposizione, guasto.

Fig.: che è meschino, ignobile, abietto, cinico, impietoso, vendicativo, sordido, ecc. ecc.

Mi fermo, per oggi: jì ‘nu fetènde! = È un farabutto!

L’aggettivo deriva dal latino fœtèntem, p.p. del verbo fœtère= dial. fetì = puzzare.

Viene usato anche in senso amichevole, come un velato rimprovero:
‘Stu fetènde ne ce fé méje vedì = Quasto simpaticone non si fa mai vedere.

Al plurale suona fetjinde

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Festüne

Festüne s.m. = Festino

Una volta, diciamo fino agli anni ’50, indicava il trattenimento danzante di tono familiare e informale che seguiva la cerimonia delle nozze o del battesimo.

Per lo più si svolgeva in casa – opportunamente sgombrata da letto comodini e tavoli – ed era a base di pizzarèlle, dolcetti secchi, scaldatelli e rosolio fatti in casa, e talvolta allietato da un’orchestrina di cinque elementi: sax o clarinetto, chitarra, fisarmonica, batteria e contrabbasso.

Poi si è cominciato a usare i locali come il Ristorante Pastore, l’Albergo Daniele (scomparsi) e il Ristorante la Conghiglia (inaugurato nel 1962 credo). Allora i dolci si ordinavano in pasticceria (generalmente Aulisa o Castriotta) che fornivano anche i camerieri in giacca bianca, guanti e papillon.

Oggidì il festino di nozze si chiama rinfresco: 200 invitati, pranzo pantagruelico in locali di lusso, animatori, dj, torta nuziale, fotografi, cineoperatori, fuochi artificiali finali e separazione programmata a orologeria entro 24 mesi.

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Fessjé

Fessjé v.t. = Burlare

Prendere in giro qualcuno,  canzonare.

Altro modo: Pegghjé pe’ fèsse = Prendere per fesso, raggirare.

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Fessetódene

Fessetódene s.f. = Dabbenaggine

Dabbenaggine, eccessiva semplicità d’animo, credulità, candore.

Vengono scambiate per dabbenaggine anche l’onestà, la correttezza e la buona educazione, specie da quelli che ne sono privi.

La troppa bunèzze passe pe’ fessetódene = La eccessiva bontà viene scambiata per dabbenagggine.

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Fèsse

Fèsse agg. = Sciocco, scemo

Al femminile ‘a fèsse de màmete!… non significa esattamente che la madre dell’interlocutore sia stupida.

In questo caso ‘a fèsse è un sostantivo, usato per vituperare i suoi genitali. E’ un’invettiva frequente, come per dire ‘a putténe de màmete. Scusate la volgarità, ma la vita è questa.

Fé fesse = Far fesso, raggirare, imbrogliare qlcu

Due esempi.
Il primo esempio: per canzonare qualche serafico compagno di giochi: Döpe ‘u làmbe che vöne? ‘U trùne. Sì fèsse e nen te n’addùne! = Dopo il lampo che viene? Il tuono. Sei sciocco e non te ne accorgi!

Il secondo esempio: si leggeva, in lingua italiana, sulle pareti delle latrine di tutte le stazioni ferroviarie d’Italia: “Fesso chi legge”.

Ora negli stessi locali si legge ben altro. Un vero marketing: numeri telefonici di gay che si offrono gratis e di lucciole a pagamento, con tanto di numero di cellulare, disegni osceni, testamenti e aspirazioni sessuali.

Un poveretto che va a fare i suoi bisognini si trova sotto gli occhi tutte le ‘sacre’ scritture.

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Fessarüje 

Fessarüje s.f. = Fesseria

Stupidaggine, cretinata; per estens. cosa da nulla, sciocchezza, barzelletta.

Cunté fessarüje = Raccontare barzellette, o anche raccontare cose non vere.

Nen facènne fessarüje = non fare sciocchezze, riga dritto.

Agghje fatte ‘na fessarüje = Ho combinato un guaio.

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Fèrve

Fèrve v.i. = Bollire, fervere, scottare.

Dicesi spec. di liquidi in ebollizione, o con elevata temperatura.

Ma’, l’acque jì assüte a fèrve: pozze mené ‘a paste? = Mamma, l’acqua ha incominciato a bollire, posso calare la pasta?

I Latini usavano il verbo fervere, passato tale e quale all’italiano e se vogliamo, un po’ accorciato, al nostro fèrve.

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Fèrse

Fèrse s.f. = Telo

Pezzo unico di tela di taglio rettangolare; può essere cucito insieme ad altri nella confezione di abiti o biancheria, ma specialmente delle lenzuola.

Si vendeva a metraggio. Ogni fèrse era generalmente alta cm 90; con tre di questi teli si confezionava un lenzuolo matrimoniale della lunghezza di cm 250. La speciale cucitura a macchina a punti sovrapposti, chiamata tortè univa i tre teli e rinforzava l’orlo superiore e quello inferiore.

Ora le lenzuola si vendono già confezionati in tela unica, sia per i letti a una piazza, sia per quelli a due piazze.

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