Mese: Maggio 2018

Scurriatéte

Scurriatéte s.f. = Frustata

Colpo inferto con lo scudiscio dei carrettieri alla propria bestia (raramente) o agli importuni.

Era un deterrente per i malintenzionati vedere il conducente dei carretti sempre con lo scudiscio a portata di mano.

Se non bastasse, costui disponeva anche del paletto delle sponde, chiamato vrazzalètte= bracciuolo.

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Scuriéte

Scuriéte (o Scurriétes.m. = frustino, scudiscio, sferza

Deriva dal latino ex coriata (composto da ex e corium = fatta di cuoio) oppure da virga excorrigiata ossia verga munita di corregge (strisce di cuoio).

Si tratta di un frustino usato per incitare il cavallo a trainare il carretto o il calesse.

Esso è formato da tre elementi:
– ‘a bacchètte = asta, bacchetta di legno elastica e resistente, lunga circa 100 cm;
– ‘a curröje = correggia, nerbo formato da striscioline sottili di cuoio intrecciate di pari misura;
– ‘a pundètte = punta, fiocchetto terminale.

I carrettieri e i vetturini facevano schioccare fragorosamente la frusta agitandola con perizia.
Il movimento repentino di abbassamento dell’asta della frusta si propagava alla correggia e da questa al fiocchetto.

Si produceva un rumore secco a causa del “taglio” dell’aria.

Lo schiocco spaventava un po’ il cavallo, che istintivamente accelerava il passo. Raramente il carrettiere picchiava o maltrattava la sua bestia perché rappresentava la fonte del suo sostentamento.

I conducenti di carrozzelle ogni tanto lanciavano “simpaticamente” una staffilata all’indietro, dove ragazzacci (… come me!) si appigliavano all’asse posteriore per farsi trainare.
Bell’ö’ dàlle addröte! = Buon uomo, sferra una scudisciata verso la parte posteriore della tua carrozzella (perché stanno ci bambini attaccati).

Scuriatéte = sferzata, staffilata, scudisciata, frustata.

Ho visto e udito un gruppo di carrettieri portare il tempo di una marcetta a schiocchi di frusta.

Ho scoperto casualmente che in lingua italiana il termine fu stato usato al femminile (scuriata o scuriada o scurlata) da Riccardo Bacchelli e addirittura da padre Dante.

Nel Napoletano usano un proverbio ove citano ‘o scurriato.
«A cavallo ‘e razza nun serve ‘o scurriato» ossia, in senso figurato, a persona in gamba non serve alcun comando o incitamento perché sa bene il fatto suo.

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Scurdéte (alla)

Scurdéte (alla) loc.avv. = inaspettatamente

Come dire: accade qlcs quando tutti se ne sono scordati, ossia quando meno te l’aspetti.

Leggermente diverso di alla secherdüne= a sorpresa, improvvisamente, inaspettatamente.

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Scurdé

Scurdé v.i. = Dimenticare, scordare

1) Scurdé = Dimenticare. Non ricordare più qlcu. o qlco.

2) Scurdé = Far perdere l’accordatura ad uno strumento musicale.

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Scurdarjille

Scurdarjille agg. e s.m. = Obliante, dimenticante

Si attribuisce questo aggettivo a qlcu dalla memoria labile, che facilmente dimentica gli impegni o altre cosa importanti da tenere a mente.

Che t’u düche a fé ca tó sì scurdarjille? = Che te lo dico a fare, dato che tu sei di memoria labile?

Il sostantivo designa una persona soggetta a frequenti dimenticanze.

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Scuppelöne

Scuppelöne s.m. = Scappellotto, scapaccione, sberla

Sberla, scapaccione dato con la mano aperta sulla nuca.

Mo’ t’agghja dé ‘nu scuppelöne! = Ora ti do una sberla!

.Al plurale fa scuppelüne .

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Scupètte.

Scupètte s.f. = Spazzola


Arnese costituito da un supporto di materiale vario sul quale sono infissi setole, fili di saggina, di metallo, di plastica o altro materiale, usato per ravviare i capelli, togliere la polvere, lucidare, ecc

Scupètte p’i panne = spazzola per gli abiti.
Scupètte p’i scarpe = spazzola per stendere la crema per calzature e lucidare le scarpe;
Scupètte p’i capìlle = spazzola per i capelli.
Scupette ‘i varevjire = spazzola da barbieri, pennellessa da collo, morbida, a pelo lungo, per levare i capelli tagliati e caduti sul telo, steso sulle spalle prima di iniziare l’operazione di tosatura…

I meccanici usano, chiamandola con termine quasi italiano, ‘a spàzzele d’accjéje = La spazzola d’acciaio. In vero dialetto dovrebbe dirsi ‘a scupètte d’azzére. Ma, trattandosi di un termine tecnico, è rimasto così, ibrido, ma comprensibile da tutti.

Tenì ‘na spàzzele = avere una spazzola, significa che si sente un formidabile appetito. Credo che sia un prestito romanesco derivato del gergo militare. Venite in Marina, conoscerete il mondo!

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Scupetté

Scupetté v.t. = Spazzolare

Pulire o lucidare con la spazzola. Togliere residui di capelli dalla mantellina da barbiere o dagli abiti, briciole di pane, polvere ecc.. stendere la crema per calzature e poi lucidarle.

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Scupelìlle

Scupelìlle s.m. = Scopino

È una specie di pennello usato prevalentemente per nettare la tazza del WC.

Spero di averlo scritto senza troppi giri di parole e con stretto linguaggio tecnico, senza urtare la suscettibilità di nessuno.

Questo utilissimo oggetto, prevalentemente di materiale plastico lavabile e facilmente igienizzabile, viene accuratamente celato alla vista di coloro che usufruiscono del bagno, come se la padrona di casa dovesse vergognarsi di possederlo….Ma lo abbiamo (spero) tutti nelle nostre case.

Difatti quelli attualmente in commercio hanno tutti il loro supporto cilindrico a scomparsa, o mille altre forme più o meno “eleganti” per camuffarne la presenza.

Risalendo indietro con la memoria rivedo quelli con l’asta di legno e le “setole” di paglia, la stessa paglia dura usata per le scope di saggina. Beh quegli scopini erano davvero inguardabili.

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Scupastréte

Scupastréte s.m. = Spazzino

Questo soprannome deriva dal mestiere, come ferracavalle (maniscalco), cappellére(cappellaio)o lo scherzoso sfasciachemò (che “ripara” i comò).

È accertato quindi che costui era un operatore ecologico. Ovviamente una volta gli spazzini non erano meccanizzati. Erano muniti scope di rami di ginestra con lunghi manici per raccogliere i rifiuti di cucina (che le nostre nonne simpaticamente buttavano per strada, assieme all’acqua del bucato e a quella del lavaggio delle stoviglie) e le ammonticchiavano all’incrocio delle strade. Il paradiso delle mosche!

Più tardi passava ‘a carrètte ‘a mennèzze. Con l’aiuto di palette e secchi altri spazzini trasferivano sul carretto tutto il pattume che poi andava nelle discariche per la gioia dei garzoni che vi portavano i porci a pascolare. Tutto ecologico, senza plastica e polistirolo, il composto diventava concime per gli orti.

Gli Alleati che occupavano Manfredonia, istituirono durante la loro permanenza fino al 1945, dei punti di raccolta con enormi fusti metallici rossi numerati. Imparammo che l’immondizia andava conferita là dentro e non buttata per strada.

Dopo tanti anni le nuove leve buttano bottiglie vuote di vetro e di plastica, cartacce, e di tutto e di più nei vialetti della villa comunale, nel fossato del Castello, nonostante la presenza di appositi raccoglitori, per far capire ai pochi turisti che noi siamo un popolo progredito. Puah!

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