Mese: Maggio 2018

Sceléte

 Sceléte agg = Ghiacciato, uomo impotente, donna infeconda.

Quando un uomo è affetto da impotenza sessuale, senza ricorrere a tante spiegazioni scientifiche, lo si classificava sceléte = freddo, gelido.

L’aggettivo è pronunciato ironicamente in un dialetto un po’ forzato, nel senso che si dovrebbe dire geléte, non sceléte, come ad esempio si dice a Mattinata.

Il popolino non faceva distinzioni tra impotentia coeundi e impotentia generandi, come è comtemplato dalla Giurisprudenza per descrivere questo problema maschile.

Ai tempi delle nostre nonne se l’uomo non faceva avances lo si etichettava subito così, frigido, come le donne insensibili agli stimoli sessuali.

Quando il poveretto capitava in un luogo dove c’erano anche le donzelle, in una sala da ballo, ad una festa, ecc. le ragazze si scambiavano occhiate significative e sorrisini beffardi.

Magari il malcapitato era solo timido e impacciato, senza alcuna difficoltà di erezione…

Credo che il termine vada bene anche per descrivere una donna notoriamente sterile o solo con scarso seno.

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Scelebbréte

Scelebbréte agg. e s.m. =Squilibrato

Lo squilibrio in questo caso è esclusivamente mentale. Definisce un soggetto psichicamente compromesso.

Il soggetto che dà segni di squilibrio mentale dai ragazzi di oggi viene sommariamente definito con un eufemismo, ossia “esaurito”.
Non sono medico ma presumo che alcune cause (lutti, debiti, divorzi, trasferimenti, disoccupazione…) possono  essere scatenanti in una persona  caratterialmente fragile.

Credo che l’origine del termine sia “cervello” inteso come cerebro, con il prefisso “s” privativo negativo: s-cerebro = senza cervello, decerebrato, quindi senza intelletto.

Ammesso che si possa dire, in italiano suonerebbe “scerebrato”.

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Scéle

Scéle top. = Sciale.

Con questo nome generico viene indicata la fascia litoranea sabbiosa che si stende fra Torre di Rivoli e Zapponeta, ora completamente bonificata dalle preesistenti paludi.

Di solito per indicare la zona solo genericamente si usa il plurale: ‘I scéle.

Se si vuole indicare uno specifico luogo, si nomina al singolare con il cognome del proprietario originario:

‘U scéle Frattarùle = Lo sciale di Frattarolo.
‘U scéle Bòrge = Lo sciale di Borgia
‘U scéle Muzzìlle = Lo sciale di Mozzillo.

Gli arenili sono tuttora coltivati a ortaggi e legumi (carote, finocchi, patate, cipolle, aglio, fave, carciofi ecc.) particolarmente pregiati.

Presumo, forse erroneamente, che il nome sia di derivazione araba-spagnolesca probabilmente riferito a rena, sabbia, riva.

Vale sempre l’invito ai pazienti lettori a rettificare le mie asserzioni tramite il sottostante spazio per i commenti.

In passato era una zona paludosa, malarica. Tuttavia dava sostentamento a coltivatori, piccoli pescatori, raccoglitori di giunchi, detti scélajule, o scialajùle.

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Scélajùle

Scélajùle s.m. = Conduttore di arenili.

Una volta era una persona di modeste risorse economiche, perché i terreni sabbiosi (‘i scéle) di cui era fittavolo davano una bassa resa produttiva, e per giunta erano malsani e paludosi.

Il termine era un sinonimo di persona misera, che viveva di stenti.

L’evoluzione tecnologica in agricoltura ha reso fertili anche gli “sciali”, e fortunatamente il termine ha perduto l’accezione negativa degli anni ’30.

Qlcu con tendenza più moderna pronuncia scialajùle ma solo per specificare la natura dell’arenile cui si dedica questo coltivatore.

Per estensione, era chiamato scélajùle o scialajùle chiunque traeva sostentamento dagli Sciali, come quelli che raccoglievano giunchi per farne canestri o impagliature di sedie, o infiorescenze di canne per farne scope, o quelli che con barchette dal fondo piatto vi pescavano anguille o quant’altro.

 

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Sceddjéte

Sceddjéte agg. = Scarmigliato

Relativo specificamente allo stato della pettinatura.
Scapigliato, arruffato, spettinato.

Insomma la capigliatura è fuori posto, urge un pettine!

La causa può essere il vento, la trascuratezza personale, una lotta corpo a corpo, una notte di sesso, una prestazione sportiva, ecc.

È sinonimo di (clicca→) scescéte.

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Sceddechéte

Sceddechéte s.f. = Folata, ventata, convulsione

1) Sceddechéte s.f. – Descrive una folata improvvisa di vento abbastanza intensa da fare stormire gli alberi o addirittura far rovesciare le imbarcazioni. Sin: ruffeléte = raffica (di vento, non di mitraglia…).

2) Sceddechéte s.f. – Fase convulsiva che fa contrarre e rilasciare velocemente i muscoli interessati. In questo caso il termine proviene dal verbo sceddeché = agitare le ali (scìdde, o scìlle) [*], ma non in volo.

Il movimento frenetico delle ali di un volatile, che tra l’altro crea ventilazione, mi fa venire a mente quando mia madre uccideva il galluccio recidendogli la carotide.   La bestiola dapprima sceddecöve velocemente, e successivamente rallentava sempre più i suoi  spasmi alari.
Sinonimo: strìseme = convulsioni.

3) Sceddechéte agg. – Malridotto. Scherzosamente descrive qlcn che decisamente non è in buona forma fisica o mentale. Ha perso smalto, brio o vigore, come un galletto abbacchiato, dopo aver sbattuto a lungo le ali ed ha esaurito le forze. Accostatelo all’esempio del galluccio del punto precedente.

[*] Nota linguistica:
Moltissimi termini che nella prima metà del ‘900 terminavano in -dde (cepodde, cavadde, cappjidde, jaddüne, ecc.) nella parlata odierna vengono pronunciati con la finale in -lle (cepolle, cavalle, jallüne…) ad eccezione di jaddenére che ha mantenuto la forma originale..

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Scazzìlle

Scazzille s.m. = Cispa

Secreto della congiuntiva che si raggruma sul bordo e agli angoli delle palpebre, spec. durante il sonno o negli stati patologici dell’occhio.

Quanto qlcu è affetto da questa patologia (congiuntivite) si dice in dialetto che ha l’ucchje pescéte = gli occhi… pisciati!

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Scazzètte

Scazzètte s.f., sopr. = Zucchetto

Con questo nome vengono identificati alcuni tipi di copricapi.

1) Il pileolo, ossia lo zucchetto, quel copricapo a forma di calotta emisferica a otto spicchi, indossato dagli ecclesiastici. È di colore diverso a seconda del loro grado gerarchico, usato dagli alti prelati cattolici sotto la mitra; bianco per il papa, porpora per i cardinli, rosso per i vescovi. Quello nero è usato dagli Ebrei nelle Sinagoghe, sia dai Rabbini, sia dai fedeli;

 

 

2) la cuffietta dei neonati, con due nastri che si annodavano sotto il mento per evitare che cadesse. Era diffusa l’usanza di fé lavé ‘a scazzètte=far lavare la cuffietta da qlcu.

Il gesto equivaleva alla designazione ufficiale della futura madrina di battesimo. Rarissime volte la prescelta rifiutava di diventare la comare di Battesimo: accettava, e come gesto d’amore concreto verso la creatura, si prendeva cura di lavare a casa sua la prima cuffietta indossata dal/la figlioccio/a;
.
3) il berretto da notte di lana grossa fatto all’uncinetto, che gli anziani indossavano per proteggersi dal freddo durante il sonno in inverno. In italiano dicesi papalina.

Esiste anche un soprannome Scazzètte attribuito alla fam. Sportiello

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Scazzeché

Scazzeché v.tr. = Stuzzicare, stimolare

Specificamente si riferisce all’appetito.

Scazzeché l’appetüte = stuzzicare l’appetito.

Oh, màngiatìlle ‘stu scavetatjille ca fé scazzeché l’appetüte = Ehi, mangiatelo questo scaldatello per stimolare l’appetito.

Attenti all’accento. Anticamente si usava il sostantivo maschile ‘u scàzzeche  per indicare l’antipasto, o uno spuntino vario e improvvisato.
Si tratta di una serie di stuzzichini (olive, formaggi, affettati, sottaceti, sottolio, verdure grigliate).

È andato completamente in disuso (il termine, non gli stuzzichini!)…

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Scazzé l’öve

Scazzé l’öve loc.idiom. = Camminare guardingo, cautamente.

Alla lettera significa rompere, schiacciare le uova.

La frase potrebbe adattarsi alla massaia o al cuoco che prepara un intingolo.

Invece si indica un modo di procedere misurato e cauto. Potrebbe trattarsi di impedimento dovuto a malattia: allora non c’è nulla da canzonare.

Se invece si usa come sfottò vuole intendere che il soggetto cammina come se avesse timore di rompere con le sue scarpe delle ipotetiche uova sparse sul terreno: quindi mette un passo qui, poi se si è rassicurato, mette un altro passo là.

Camüne spìccete, assemègghje angöre scazzé l’öve! = Cammina, sbrigati, mi sembri che stai attento ad evitare di rompere le uova.

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