Autore: tonino

Respegghjé

Respegghjé v.t. = Svegliare, destare

Riscuotere dal sonno, destare qlcu. Fig. incitare all’azione, scuotere dall’inerzia, sollecitare qlcu.

È in uso anche la versione arrespegghjé.

Mà, crématüne arrespìgghjeme ai cìnghe = Mamma, domattina svegliami alle cinque.

Esiste il modo riflessivo: arrespegghjàrece/respegghjàrece = svegliarsi.

Stàteve cìtte ca ce respègghje ‘a criatüre = zittitevi perché (altrimenti) si sveglia la poppante.

Möne, uagnü, arrespegghjàteve! = Forza, ragazzi, svegliatevi!

Arrespìgghjete, Madònne de Sepònde…= Svégliati Madonna di Siponto…
Nota canzoncina popolare devozionale rivolta alla nostra Protettrice.

Quando ero piccino ho sentito una mia zia (classe 1908) che diceva sceté, alla maniera dei Napoletani, come ad esempio, nella Canzone “Marechiaro: ….scétate Carulì, ca l’aria è doce! = Svegliati Carla, perché l’aria è dolce.
Non capivo il significato di questo sceté, e me lo feci spiegare. Questo verbo antico è ormai caduto completamente in disuso.

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Resòlje

Resòlje s.m. = Rosolio

Liquore dolce e di bassa gradazione alcolica ottenuto unendo una o più essenze aromatiche macerate e distillate in una soluzione di alcol, acqua e zucchero in rapporti variabili.

Lo si preparava in casa. I liquori industriali erano poco diffusi.

Se si voleva ottenere in poco tempo un liquore, invece di far macerare per 30 giorni il limone, o la menta, o l’alloro, o altro, si acquistavano in drogheria delle boccette di “estratto” (in dialetto ‘u sense s.m. = l’essenza) che opportunamente dosate in acqua, zucchero e alcol, consentivano di ottenere il noto rosolio.

Ricordo i nomi fantasiosi di alcuni “estratti per liiquori” della premiata ditta Bertolini di Torino, in vendita da Viscardo vicino al Bar delle Rose: Alkermes di Firenze (verde), Maraschino di Zara (rosso), Mandarinetto, Crema caffè, Strega di Benevento, Anisetta di Bordeaux, ecc.

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Reškendöne

Reškendöne sopr.

Questo soprannome, per quanto conosciuto in tutta Manfredonia, non ha un significato vero e proprio traducibile: ha un suono non aspro, ma più di questo non si sa.

Era nota una certa Jajanne Reškendöne, ossia Anna De Padova, di professione ortolana e fruttivendola, che certamente lo aveva ereditato dai suoi antenati.

Anna – affettuosamente chiamata Jajanne (*)  – era la madre del celebre Michele Carmone (‘u fìgghje de Jajànne), anch’egli fruttivendolo, con lo storico negozio in Via Pompeo Sarnelli 19-21.  Col passare dei decenni,  si è radicato questo secondo nomignolo, e Reškendöne un po’ è passato nel dimenticatoio, ricordato solo dalle persone molto attempate.

Ovviamente tutti i figli di Michele hanno ereditato il nomignolo di Jajànne che è quasi diventato sinonimo di fruttivendoli.

È l’evoluzione di un soprannome attraverso molti decenni.

(*) Sulla scorta del napoletano, alcuni nomi ripetono la prima sillaba:

Lelüne = Pasqualino, o Michelino
Totò = Antonio
Giggiüne = Luigino
Totöre = Salvatore
Gegè = Gennaro
Fofò = Alfonso
Mimì = Domenico

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Resìpele

Resìpele s.f. = Erisipela

Malattia infettiva da streptococco che causa infiammazione e arrossamento della pelle o della mucosa, specie quella del viso.

M’jì venüte ‘nu prudüte, o mo’ tenga ‘na bèlla resìpele ‘mbàcce = Mi è venuto un prurito ed ora mi è spuntata una vistosa macchia sul viso.

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Resepöne

Resepöne agg. = Avaro

Restio a spendere. sin. Tirchio, spilorcio, taccagno, parsimonioso.

Sinonimi:
Cacasìcche
Carucchjéne (o carucchjéle)
Chjìngre
(o chjìnghere)
Runghe
Ànema dannéte
Attacchéte alla rózzene
Scurtecöne
Nen mange pe nen caché
Vrazzolle
S
cugghje ca nen cacce lampe
Scurze
ecc.

La ricchezza linguistica fiorita su questo aggettivo, dimostra quanto abbia acceso la fantasia della gente la “mania” dell’avaro di accumulare denaro, di non spendere, di privarsi di tutto, ritenuta strana, incomprensibile.
Come anche quella del prodigo, dello scialacquöne.
È chiaro che in ogni cosa ci vuole misura.

L’amico Pasquale Stipo, che ringrazio di cuore, mi ha graziosamente fornito l’origine del termine resepöne:
«Deriva da Ruspone una moneta assai preziosa. Il “ruspo” era un fiorino o zecchino gigliato coniato nel 1719 a Firenze da Cosimo III, Granduca di Toscana, che riscosse molto successo. Era caratterizzato dai tipi del giglio fiorentino e di San Giovanni Battista, patrono di Firenze. Il pezzo d’oro da 3 zecchini si chiamava “ruspone”. Per via del valore, chi possedeva tale moneta, diventava “tirato di mano” quindi tirchio.»

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Resàcchje

Resàcchje s.m. = Rezzaglio (detto anche sparviero o giacchio)

Si tratta di una rete una rete da lancio, di antichissima origine, usata per pescare in mare o in acque dolci.

Fornita di piccoli piombi, una volta gettata si apre a ombrello, e scendendo verso il fondo si chiude a sacco.

Una volta sparso in acqua ‘u ciammjirre, (←clicca), una specie di mangime, si aspetta che si avvicinino le prede e si lancia ‘u resàcchje per catturarle.

Usato a riva dai pescatori dilettanti o da pescatori anziani che non posseggono battelli.

Risultato: quantitativi scarsi di pesci di piccola pezzatura.

(Foto da Amazon)
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Résa-rése

Résa-rése avv. = Rasente

A brevissima distanza da un luogo, da una persona o da un oggetto, quasi a sfiorarli, nel corso di un movimento, di un passaggio:in modo tanto vicino da sfiorare (qlcs. o qlcn.).

In linguaggio un po’ fanciullesco si dice anche rènza-rènze

Sòrte de vjinde! Camenàmme résa-rése ‘u müre = C’era un gran vento. Camminavamo rasente ilmuro.

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Rére-ascennènne

Rére-ascennènne loc.id. = A ritroso

È ammessa anche la forma contratta rére-scennènne.
Alcuni pronunciano anche rére e scennènne.

Andare indietro nella storia delle persone, risalendo di generazione in generazione.

Presumo che questo rére può aver affondato le sue radici in “rerum”.

Coloro i quali hanno studiato il latino, sanno che significa “delle cose”. Quindi: delle cose dei nostri avi, dei nostri ascendenti, arrivate fino a noi discendenti.

Profumo nostalgico di buone cose antiche.

Provate a pronunciare più volte questo termine: oltre che evocare i ritmi ciclici del tempo, sembra di pronunciare il verbo ridere e anche le labbra si distendono in un sorriso.

Io che sto spiegando questo termine antico, sto andando proprio rére-ascennènne

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Rependüte

Rependüte s.f. = Vendetta

Per dire “vendicarsi” si usava la locuzione “Pigghjàrece ‘a rependüte” = prendersi la vendetta. Taluni dicevano anche solo pigghjàrece ‘a pendüte.

Il significato è chiaro,: io ho agito per vendetta contro qlcu che aveva in precedenza agito male nei miei riguardi; lui si è perciò pentito della sua azione a causa della mia più incisiva reazione vendicativa.

Se sentite dire ‘a vendètte vendecàrece, state di fronte a una forma italianizzata del dialetto.

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Rennetüre

Rennetüre s.m. = Montata lattea

L’ho sentita pronunciare spesso al femminile: ‘a rennetöre o ‘a renetöre.

La montata lattea è la funzione secretoria della ghiandola mammaria delle puerpere.
Quando le mammelle sono turgide, piene di latte, può accadere che spontaneamente ne fuoriesca un po’.

Allora bisogna attaccare subito il poppante al seno per non perdere nemmeno una goccia di quel preziosissimo nutrimento naturale per eccellenza.

L’allattamento al seno è molto raccomandato dai medici pediatri per l’accrescimento dei neonati.
Una volta le nostre nonne, quando non avevano latte a sufficienza, ricorrevano alle nutrici (nutrìzze). Amorevolmente si definivano ‘mamme di latte’. Il latte artificiale non era stato ancora messo in commercio.

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