Categoria: A

Allonghe da ‘gnüne

Allonghe da ‘gnüne int- = Salvo ognuno

Interiezione colloquiale, per augurare che la malignità o la cattiveria descritte debbano preservare  tutti, e rimanere circoscritte al solo episodio narrato..

Una specie di formula scaramantica per mostrare la propria estraneità all’evento negativo che si sta esponendo.

Un po’ come quando si manifesta che la propria parola (intesa come esposizione, narrazione) vada a danno dei poveri cani (←clicca).

Quindi allònga corrisponde a lungi, lontano, distante nello spazio o nel tempo.

 

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Alluscé

Alluscé v.t. = Vedere, osservare, guardare con attenzione.

Generalmente viene usato al negativo per indicare una cattiva visione, o per difetto della vista, o per l’oscurità ambientale.

Trùveme ‘nu nómere söpe a l’elènche ca jü nen tante ce allósce = Cercami un numero sull’elenco telefonico, perché io non tanto vedo bene.

Ha viste a quedda varche ammìzza mére? No, da lunténe nen tante ce allósce = Hai visto quella barca in mezzo al mare? No, io da lontano non vedo tanto bene.

È possibile che derivi dalla locuzione latina ad lucem.

Il prof.Michele Ciliberti, che ringrazio sentitamente, mi ha scritto a conferma:
«L’etimologia sicuramente è dal latino “ad lucem“, ma in italiano esiste il verbo, ormai desueto, “alluciare” con il significato di guardare intensamente, vedere.»

Nota linguistica:
I verbi transitivi in italiano reggono l’accusativo. Es. Avete visto Giovanni? Ho incontrato un prete, ecc.

In dialetto invece, sulla scorta dello spagnolo, reggono il dativo: Avüte vìste a Giuanne? Agghje ‘ncuntréte a ‘nu prèvete.

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Ammasuné

Ammasuné v.t. = ammansire, addomesticare, rendere docili

Per lo più si usa questo verbo come deterrente, quale minaccia verso i monelli irrequieti per condurli alla calma, perché ammasuné sottintende una dose di percosse.

A me, il fatto che contenga la desinenza suné, fa venire in mente una bella dose di taccaréte!

Il verbo è un po’ desueto, ma se un ragazzo di oggi sente pronunciare in tono severo: Mò t’àgghja ammasuné! comprende immediatamente cosa significa, anche senza chiedere tante spiegazioni.

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Ammazzé i frajùle

Ammazzé i frajùle loc.id.= Cessare il lavoro

Ammazzé significa fare un mazzo, stringere insieme, fare un fascio. Mentre frajùle è un termine generico e può significare:  attrezzi dotati di manico (pala, zappa, rastrello, ecc.).

Quindi questa locuzione indica il termine del lavoro, o perché è finita la giornata, o perché si è ultimata l’opera. Ordinare gli attrezzi (zappa, rastrello, vanga, ecc.) in modo che siano pronti per il successivo utilizzo.

Meh, ammazzéme ‘i frajùle e jémecìnne = Beh, chiudiamo tutto e andiamocene.

Esiste anche una locuzione che indica la stessa operazione: 
Arrezzeljè i fjirre
= Ordinare, rassettare, ricollocarli nella propria sede dopo l’utilizzo, gli arnesi del mestiere (lima, sega, martello, cacciavite, punte di trapano, forbici, ferro da stiro, trincetto, pettini, ecc. a seconda dell’attività svolta).

Il maestro artigiano, per i ferri del mestiere, raccomandava: “un posto per ogni cosa,e ogni cosa al suo posto”.

Ringrazio l’amico Michele Castriotta per avermi suggerito la stesura di questo articolo.

 

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Ammègghje-ammègghje

Ammègghje-ammègghje loc.id. = Pienamente, intensamente, a tutto spiano.

La locuzione vuol evidenziare il carattere di continuità di un’azione, di una circostanza, anche se ci si sarebbe aspettato un andamento diverso.

Ammìzz’a chjazze stèvene sunànne a mègghje a mègghje = In piazza stavano facendo musica (nonostante l’ora tarda).

Nüje stèmme pronde e jèsse durmöve a mègghje a mègghje = Noi eravamo pronti e lei dormiva profondamente (senza ricordarsi dell’appuntamento dato).

Stànne a mègghje a mègghje söpe ‘a spiagge = Ci sono moltissimi bagnanti in spiaggia (nonostante il tempo incerto)

Il lettore Enzo Renato, che ringrazio per il suggerimento, cita l’espressione: ai mègghje ai mègghje.

Si cita questa locuzione, leggermente diversa, per indicare il fior fiore, l’élite, i migliori, la cima, i più evidenti, di un insieme di persone, di un mucchio di cibarie, ecc.

Ci ò capéte ai megghje ai mègghje = Si è scelto i migliori (collaboratori, o anche carciofi, tagli di carne, pesci, ecc.)

 

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Ammeràrece au spècchje

Ammeràrece au spècchje loc.verb. = Specchiarsi, guardarsi allo specchio.

Viene chiaramente dallo spagnolo mirarse en el espejo, guardarsi allo specchio.

Sté sèmbe ammeràrece au spècchje = sta sempre a guardarsi allo specchio.

Ammìrete au spécchje, nen vïde quèdda macchje ‘mbacce u cullétte?   (Sp. Mírate) = Guardati nello specchio, non vedi quella macchia sul colletto?

 

Ha poca attinenza col verbo italiano “ammirare”, che si traduce con apprezzé, respetté

 

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Ammèrse (all’)

Ammèrse (all’) loc.avv. = Inversamente, al contrario, a rovescio

La locuzione avverbiale all’ammèrse = alla maniera inversa, è molto usata quale antitesi di alla drìtte = alla maniera giusta, correttamente.

L’amico dr.Matteo Rinaldi – che ringrazio pubblicamente – mi ha suggerito una simpatica locuzione idiomatica: sté c’u cüle all’ammèrse = essere maldisposto, irritato, nervoso.

Giuànne stamatüne c’jì javezéte c’u cüle all’ammèrse = Giovanni stamane è intrattabile.
Alla lettera: Giovanni stamattina si è alzato con il culo all’inverso.
Insomma non gli va bene nulla!

Se trattasi di indumenti indossati all’ammèrse si dice a ‘nnanze-dröte = avanti-dietro.

Nota linguistica:
La preposizione “con” si traduce spesso con “pe“, Talvolta si traduce con “cu” come in Campania (ricordate Resta cu ‘mme).
Personalmente ho una leggera propensione per il “pe“, perché mi sembra più antico, e quindi linguisticamente più genuino. Faccio qualche esempio:

Jü parle pe tè e tó nen me sjinte = Io parlo con te e tu non mi ascolti,
Quanne sté pe mmè nen àdd’avì pavüre de njinde = Quando sei con me non devi aver paura di nulla.
Jògge stéche pe ‘nu delöre de chépe.. = Oggi sto con un mal di testa…
Jì arrevéte cu ‘nu sìcchje d’acque pe lavé ‘ntèrre.= È arrivato con un secchio di acqua per lavare il pavimento.

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Ammuccé

Ammuccé v.t. = coprire, nascondere, celare

Occultare qualcosa, anche in maniera figurata. Mantenere un segreto, non lasciar trapelare giudizi e intenzioni.

L’amico prof. Michele Ciliberti chiarisce testualmente che «il verbo deriva dal latino amicire che significa nascondere, coprire. Tanto che un mantello da indossare e, quindi, per coprirsi, veniva chiamato amictus.»  Vale a dire amitto in lingua italiana

Santa Wikipedia mi viene in aiuto immediatamente:
«L’amitto è una veste liturgica costituita da un panno di lino bianco e rettangolare munito di due nastri in tessuto, che viene indossato da ministri e ministranti con la funzione di coprire il collo.»

Insomma sèrve p’ammuccé ‘u cuzzètte!

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Ammucciacöne

Ammucciacöne s.m. = Nascondino, rimpiattino, nasconderella

Ringrazio il lettore “Il Proletario” che mi ha mandato pari pari questa definizione del gioco fanciullesco che divertiva tanto i maschietti quanto le femminucce in età scolare.

«È un gioco di bambini che consiste nel nascondersi rispetto a uno di loro, scelto a caso, che si copre il viso e gli occhi, di faccia al muro, contando fino a cinquanta, per voltarsi al cinquantuno gridando Trombone, ed infatti il gioco viene anche chiamato “Cinquantuno trombone”.

Il gioco si risolve quando colui che ha contato riesce a trovare o vedere il nascondino degli altri giocatori; il primo scoperto diventa il prossimo contatore.»

Aggiungo che esiste una variante al gioco per i più grandicelli.
Meglio se il gioco si svolge all’aperto, ove c’è maggior spazio di manovra.
Possono essere scovati anche più bambini, che man mano devono restare fermi alla “tana” mentre continua la caccia agli imboscati. Se il “cacciatore” si allontana troppo dalla tana, può sbucare un bimbo non visto che batte con la mano la parete gridando “liberi tutti!” e il gioco ricomincia. Se arriva il “cacciatore” a battere la parete prima del “liberatore” si rilasciano tutti ma quello che ha fatto il tentativo di liberazione andrà “sotto” a contare il fatidico 51 per ricominciare tutto daccapo.

Va bene anche scritto Mucciacöne.
Ovviamente deriva dal verbo (clicca→) ammuccé = nascondere


Jean Verhas (1834-1896) – À cache-cache
Foto di dominio pubblico.

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Ammulleché

Ammulleché v.t. = Coprire con mollica

Il nostro verbo ammulleché non ha il corrispettivo in italiano.
È la mirabile capacità di sintesi dei dialetti specie dell’area Sud. Per descrivere l’azione del verbo devo ricorrere ad una perifrasi.
Ricoprire una pietanza con mollica sbriciolata di pane raffermo prima della cottura in forno o sul fornello.

Infatti il piatto per eccellenza che richiede questa copertura è ‘u racquele (o ‘u trjimete) ammullechéte = la raia (o la torpedine ). Vorrei dire in crosta di pane, ma per la verità il pane rimane morbido intriso di olio e acqua di cottura.

Infatti per “mollicata” si intende, in Basilicata, Calabria e Sicilia, la mollica di pane sbriciolata e tostata in olio, quale elemento croccante aggiuntivo nella preparazione del conosciutissimo primo piatto di pasta con “aglio, olio e peperoncino”.

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