Categoria: R

Raspulènde

Raspulènde agg. = Ruvido

Non uniforme al tatto, irregolare, rugoso, scabroso.

Che féje pe ‘sti méne raspulènde? Mìttete ‘na zènne de cröme! = Che fai con queste mani ruvide? Mettiti un po’ di crema!

Agghje mangéte ‘nu cachìzze ca m’ho lasséte a lènghe tutta raspulènde
 = Ho mangiato un loto che mi ha lasciato la lingua tutta ruvida (perché il frutto non era non maturo)

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Rastjille

Rastjille s.m. e sopr.= Rastrello

Attrezzo di legno o di ferro formato da un’asta trasversale fornita di rebbi fissata a un lungo manico, usato per raccogliere erba, fieno e paglia, per ripulire il terreno da foglie, ghiaia e sim.

Quelli che portano questo soprannome vengono dalle famiglie Spano e Castriotta.
Perché per esempio Mattöje Rastjille? Forse perché non lasciava nulla, raccoglieva tutto, come l’attrezzo omonimo.

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Ratavjille

Ratavjille s.m. =  Rastrello, spazzolone per pavimenti 

Il termine deriva dal francese râteau = rastrello.

Grossa spazzola di forma rettangolare, munita di lungo manico, usata per lavare i pavimenti.

Quelle in uso dalle nostre mamme erano di fattura artigianale, praticamente eterne, con la  “spazzola” rettangolare  completamente liscia.  munita di un lungo manico, usata per sorreggere lo straccio bagnato nel raccogliere lo sporco.

Ora si usa uno spazzolone di plastica, con setole o dentini, o anche il morbido Mocio  per la sua leggerezza.

Sarà più funzionale e più maneggevole; tuttavia non può mai avere l’effetto deterrente verso i figli discoli quanto il robusto ratavjille di legno di veterana memoria.
Un vero castigamatti, come il classico battipanni, o come la ciabatta (‘u chjanjille) lanciata simpaticamente dalle mamme esasperate contro la testa dei monelli in fuga.

In altre parti della Daunia (Monte S:Angelo, Cerignola, paesi del sub-Appennino) è pronunciato ratavidde. Forse anche da noi fino agli anni ’40.

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Rattüse

Rattüse s.m.. = Voyeur, guardone

Il lodato Vocabolario Sabatini-Coletti dice: ” Chi, per una forma di perversione sessuale, ha l’abitudine di spiare le nudità e gli atti erotici altrui.”

È un soggetto che vive di pornografia. In cima ai suoi pensieri c’è solo il sesso. Ma solo nella sua fantasia….

Sono rattüse p er esempio quei guardoni che d’estate vanno alla spiaggia a mangiarsi con gli occhi le ragazze. Non sono capaci di attaccare discorso come una persona normale. “Io con quella ragazza farei questo, farei quello…” ma alla fine non fanno nulla.

Altro esempio di persone rattüse sono quelli che vanno a spiare le coppiette nei luoghi appartati.

I soggetti rattüse si vantano (e qui bisogna fare molte riserve), di essere dotati sessualmente, e di avere un’attività erotica intensa.   Attenzione. Chi si vanta di queste cose jì tutte füme e njìnde arróste. Chjacchjere vacande!   Il volpigno invece sa tacere.

Insomma sono esseri schifosi, viscidi, vermi luridi e vigliacchi.

Per oggi basta…se no me mètte a sfelé ‘a cröne = altrimenti mi metto a sgranare la corona del rosario, ad elencare una sfilza di improperi.

Questo termine è diffuso in tutto il Sud. Non so se lo è in questa forma anche altre parti d’Italia, dove pure esistono tali soggetti.

La derivazione del termine è di dubbia origine. Rattüse potrebbe derivare dal verbo latino radere che significa sfiorare o dall’aggettivo latino rapidum ovvero veloce. (dal web)

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Razzètte

Razzètte s.f. = Capezzale, immagine sacra

Sulla parete a testa del letto, generalmente nei Paesi di tradizione cattolica, si appendeva un Crocifisso oppure un’icona sacra, come per impetrare dal Cielo la protezione sulla famiglia.

In questo caso (ossia parlando di immagine), a volte il quadretto era retroilluminato, oppure a bassorilievo, e rappresentava la Sacra Famiglia, o una Madonnina, o un Santo protettore.

Il nome razzètte, è il diminutivo di razze, che facilmente è una corruzione del sostantivo arazze = arazzo, la cui iniziale era intesa come l’articolo femminile (arazze = ‘a razze).

Nei tempi antichi in alternativa alla razzètte si usava appendere ‘u scaravatte, più impegnativo come peso e come dimensione. Per saperne di più cliccate qui).

Ai nostri giorni il capezzale è adornato con immagini astratte o con gigantografie di paesaggi esotici. No comment.

Nota fonetica:
La doppia zeta di razzètte si pronuncia “sorda” (come mazze, pèzze, puzzètte).
Da non confondere con rezzètte = ricetta, dove la doppia zeta si pronuncia “sonora” come in ‘nzèrte, ‘nzunne, lenzöle

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Rè-rè

 

Rè-rè avv. = Spavaldamente, sfrontatamente, in modo invadente.

Credo che sia un po’ un eufemismo. Significa: “che è come un Re, cui si deve rispetto e obbedienza”.

Ce presènde rè-rè e a chi dé a chi combromètte = Arriva baldanzosamente e fa il gradasso.

Guardàtele a jìsse, rè-rè söpe ‘a spiàgge! = Osservatelo, sfrontatamente fa il galletto sulla spiaggia.

A la fèste, tutte quande hanne purtéte ‘nu riéle, e stu cazzöne ce n’jì venüte rè-rè = Alla festa (del compleanno) ognuno ha portato un regalino, ma lui, il minchione – come al solito – ha fatto la sua figura di merda per essersi presentato a mani vuote.

Quelli che non hanno peli sulla lingua dicono: (clicca qui→)càzze-càzze

Mò ce ne vöne cazze-cazze...= Se ne viene senza essere stato invitato o interpellato, e vuole, con altezzosità e presunzione, imporre il suo modo di vedere.

La risposta sorge spontanea: Ma va lu pìgghja ‘ngüle! (sempre per il fatto che non c’è peluria sulla lingua) = Ma vàffa!

L’avverbio ha anche un significato, diciamo civile, di: gelosamente, con attenzione, con cura.

Esprime il concetto del massimo rispetto, specie se si affida un oggetto a qualcuno.

Tjinatìlle rè-rè, come per dire: custodiscilo gelosamente, tienilo caro caro, con la massima cura.

Anche ironicamente, rimproverando qualcuno che poteva conferire un oggetto, ad esempio un salame o un bottiglione di vino per una cenetta, e non lo ha fatto: tjinatìlle rè-rè = conservalo come un trofeo.

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Rebbàtte

Rebbàtte v.t. = Rivettare, rifinire.

1) Rebbàtte (mecc.) = Rivettare, congiungere due lamiere di metallo mediante i rivetti, chiodi che passando tra i fori eseguiti sulle due lastre, che vengoro ribaditi con il martello, a freddo o a caldo. I due pezzi rivettati non sono più movibili. Quindi è un fissaggio che si esegue quando non è possibile ricorrere alla saldatura.
I rivetti sono chiamati chjuètte pe’ rebbàtte = chiodini da ribaditura.

2) Rebbàtte (sart.) = Rifinire, eseguire cuciture definitive a mano o a macchina dopo l’imbastitura dell’indumento in lavorazione. Anche qui si tratta di fissaggio vero e proprio di stoffe.

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Rebbellànde 

Rebbellànde agg. = Chiassoso, turbolento, estroverso.

L’aggettivo è riferito a persona vivace, turbolenta, allegra, che porta scompiglio. Si può anche dire rebeljiànde.

È usato anche come sostantivo per indicare la persona. Mo ce ne vöne ‘u rebbellànde = Ecco che arriva il “ciclone”

È il jolly della compagnia, un po’ matto, un po’ arruffone, decisamente simpatico, che trova sempre la maniera di ravvivare l’atmosfera da mortorio che sovente incombe su una festicciola o semplicemente sul gruppo di amici.

Deriva dal verbo rebbellé (o rebbelléje o anche arrebbellé o arrebbelléje), però con valenza positiva, simpatica.

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Rebbèlle

Rebbèlle s.m. = Confusione, Chiasso

Non si tratta di un soggetto che non rispetta le regole….

Schiamazzo, strepito prodotto da voci di persone; rumore, baccano; contrasto, litigio.

Stéte facènne ‘stu sòrte de rebbèlle per senza njinde = Tanto rumore per nulla.

Hanne fàtte ‘u sciòpere: enjinde quanta rebbèlle ca ce so’ stéte = Hanno fatto lo sciopero, non ti dico gli schiamazzi che ci sono stati.

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Rebbellé

Rebbellé v.t. = Scompigliare, disordinare, altercare

Si può dire anche rebbelléje e arrebbellé

Scombussolare, scompaginare, ingarbugliare, arruffare, dissestare, ecc.

Pigghje ‘a pettenèsse! Nen vute ca ‘u vjinde t’ho rebbelléte i capìlle? = Prendi il pettine! Non vedi che il vento ti ha arruffato i capelli?

Ce so’ misse a parlé de pallöne e c’jì rebbelléte ‘a tàvele = Si sono messi a parlare di calcio e (quelli che erano a) tavola si sono altercati.

Esiste anche la forma intransitiva rebbellàrece.

Ce sò arrebbelléte i jammarjille jìnd’u panére = si sono messi in agitazione

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