Categoria: T

Tuppjille

Tuppjille s.m. = Crocchia

Acconciatura femminile, consistente in una o due trecce avvolte e fermate sul capo o dietro la nuca mediante forcine metalliche e/o di materiale plastico.

Pettinatura tuttora usata dalle donne molto anziane.

Si può dire anche tóppe s.m. con la ‘ó’ molto stretta.

Credo che questo termine abbia un attinenza col francese toupet (pron. tupé), che significa parrucca, ma anche pettinatura stretta alle tempie e con i capelli raccolti alla sommità della testa, in uso nell’800.

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Türa-jagnéle

Türa-jagnéle s.m. = Cavadenti.

Va bene anche scritto tïra-jagnéle, avendo la stessa pronuncia (omofono).
Fino alla metà del secolo scorso, esisteva un personaggio che esercitava abusivamente la professione medica, un  praticone che “curava” i denti malati.   Il più delle volte estirpava i denti cariati senza alcun aiuto di anestesia.

Costui, su richiesta, si recava al domicilio dei malcapitati pazienti, perché non poteva avere un ambulatorio dentistico vero e proprio come lo intendiamo noi. Diciamo che era un “ambulante”, come tutti i commerciante dell’epoca.

Certamente esistevano anche  i medici dentisti, ma evidentemente per questioni economiche questa figura riusciva a trarre da vivere dalla sua “professione”, quantunque temuta.

Il termine è composto da Türa = da tirare (non turare), cavare, estrarre e jagnéle = dente molare.

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Türabbusciò

Türabusciò s.m. = Cavatappi

Termine derivato dal francese “tire bouchon” (che si legge tir-busciò) ed ha lo stesso significato.

Si dice, con leggera modifica di pronuncia, anche tirabbusciò
È ammessa la grafica tïrabbusciò.

Quelli antichi non avevano alcuna leva.

Si azionavano completamente a forza di braccio

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Turcecùdde

Turcecùdde s.m. = Torcicollo

La pronuncia moderna vuole che si dica turcecùlle.

Come il lettore Matteo ha scritto nel commento qui sotto, con termine dialettale certamente più antico e autentico, il sostantivo era teracùdde (o teracùlle), cioè “tiracollo”.

Atteggiamento viziato del capo determinato da cause molteplici, spec. da contrazioni o lesioni anatomiche dei muscoli o delle vertebre cervicali.

I nostri nonni dicevano che era causato da un tendine o un nervo accavallato (‘u njirve ‘ncalvacchéte)

Grazie al lettore che si è firmato Jackal si è potuto ricuperare dal dimenticatoio questa bella filastrocca manfredoniana, anticamente usata dalle nostre nonne  (quando non esistevano le ASL) per levare il torcicollo.

TERAPIA DEL TORCICOLLO

Trè zzetèlle nüje süme,
da Venèzzje nüje venüme,
mamm’e ppéte nen tenüme,
mareté ce vulüme.
E stu nirve ngalvacchéte
scalvacché lu vulüme
jind’u mére lu mettüme.

Tre zitelle noi siamo
da Venezia noi veniamo
madre e padre non abbiamo
maritare ci vogliamo.
E questo nervo distorto e accavallato
vogliamo distendere e raddrizzare
(e) dentro il mare lo gettiamo.

Tre ragazze nubili, recitando la formula, tenevano ciascuna un fuso per filare con la punta superiore (a uncino) che toccava la parte malata del collo del paziente.
Le tre punte dovevano combaciare, quasi a riunire e trasmettere la forza magica della terapia per “agganciare” il male.
Terminata la formula, scuotevano il fuso verso l’esterno, e pronunciavano la frase finale (dentro il mare lo gettiamo) come se volessero scaraventare via il dolore cavato dal collo del paziente, ma ancora attaccato sulle punte dei tre fusi.

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Turcenjille

Turcenjille s.m. = Involtino

Piatto tipico molto rustico, da cucina povera di pastori.

Sono degli involtini confezionati con le stigghjöle, ossia con le frattaglie dell’agnello (trachea, polmoni, fegato, cuore) spezzettati e avvolti nel reticolo adiposo e stretti con il budello come un gomitolino.

Un piatto simile appartiene anche alla cucina greca, il kokoretsi (κοκορέτσι) (da Wikipedia)

In Abruzzo e in Molise sono chiamati in modo quasi uguale: le turcinelle. C’è la secolare transumanza che lega la Daunia a queste due Regioni, specie per i prodotti della pastorizia. Sono chiamati più o meno allo stesso modo nel Beneventano. Anche in Salento usano un termine molto simile: li turcinieddhi . In Terra di Bari ed in Basilicata vengono chiamati differentemente, ossia gnumerjiedde = gomitoletti.

Un “gomitolo” molto grande assume in tutta la Puglia il nome di cazzemarre  (←clicca) Si mangiano preferibilmente arrostiti sulla brace e in second’ordine con le patate al forno, o anche a ragù.

turcenjille si preparano anche con le interiora del maiale, ma sono meno gustosi, più grassi e indigesti

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Turnaljitte

Turnalìtte sm = Giraletto.

È una parola derivante dal francese Tourne-lit (pronuncia turnelì) . Fascia di tessuto ricamato e/o intagliato. Veniva applicata alla partebassa del letto, allo scopo di nascondere gli antiestetici piedini delle reti che sostengono i materassi.

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Turnöse

Turnöse s.m. = Tornese,

Tornese era la moneta in corso nel Regno di Napoli fino al 1860.

Al plurale fa turnüse = Tornesi, soldi

Il termine viene usato tuttora: Nen tènghe manghe ‘nu turnöse = Non ho nemmeno un soldo (o una lira, o il becco di un quattrino, tutte monete fuori corso).

Oppure: Pe fé ‘sta chése ce vònne ‘nu sacche de turnüse: addu’jì ca li véche a pegghjé?= Per costruire questa casa ci vogliono un sacco di soldi: dov’è che li vado a prendere?

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Tursèlle

Tursèlle s.f. = Cavolo rapa

È una varietà dei cavolo (Brassica oleracea gongylodes). Poco diffuso da noi.
Può essere mangiato cotto come una una qualsiasi verdura, ma anche crudo  in insalata, a fettine sottili o à la julienne. Ha un sapore simile a quello dei ravanelli, e possiede molte proprietà ed elementi nobili, tra cui il fosforo, oltre che un quantitativo elevato di vitamina C e poche calorie.

Il termine dialettale (può anche pronunciarsi turzèlle) trae la sua origine da (clicca→) tórse = torsolo, inteso specificamente come il torsolo delle cime di rape, di cui ricorda il gusto e l’odore quando lo si assapora crudo.

Riporto testualmente quanto pubblicato da “Valfrutta-Coop.Agricola” su questo ortaggio.

«Altra interessante varietà di Brassica oleracea [tra le sue numerose varietà troviamo il comune cavolfiore il cavolo cappuccio e la verza ndr], il nome scientifico del cavolo rapa è Brassica oleracea gongylodes.
Anch’esso originario del bacino del Mediterraneo e dell’Asia centrale, il cavolo rapa forma un apparato radicale a fittone ma, a differenza degli altri cavoli, meno sviluppato; il fusto sviluppa una parte ingrossata detta torso (impropriamente chiamata rapa) dalla consistenza carnosa e dal colore che può essere bianco, verdastro o violaceo e che è la parte commestibile della pianta, capace di raggiungere anche 1 kg di peso. Dal torso si formano foglie lungamente picciolate (anche oltre i 15 cm), lobate, di colore verde più o meno vivo o violacee e ricoperte da sostanze cerose tipiche delle varietà di B. oleracea.»

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Turtanjille

Turtanjille s.m. = Tortanello (Pane a ciambella)

Quando il pane si preparava in casa, le mamme premurose con quella stessa pasta confezionavano una specie di ciambellone.

Siccome il forno per arrivare alla temperatura voluta aveva bisogno di molto tempo. il fornaio concedeva ai richiedenti di cuocere alcune minutaglie prima del pane.

Tra queste c’era la “pizza alla vampa” (focaccia con olio, sale e origano e raramente con pomodorini) e il “tortanello”, cotte sulla pietra.

Bastava poco tempo per la cottura. Si portava così a casa ‘u turtanjille, un’anteprima del pane, fragrante, e attesissimo da tutta la famiglia.

Pare fosse particolarmente apprezzato con la zuppa del pesce, da intingere nel sugo della ciambòtte.

Da non confondere con il Tortaniello napoletano (detto anche Casatiello) a base di formaggio pecorino, uova salame ecc.

In alcuni paesi garganici per tastare se la temperatura del forno era al punto giusto, i fornai usavano della pasta di pane a forma di ciabatta. Dopo breve cottura questa fragrante pagnottella schiacciata e allungata veniva detta paposcia.   Alcune pizzerie, arricchendo l’impasto con olive stanno riproponendo questa specialità.

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Tùsseche

Tùsseche (o tusche) .m. = Veleno, sostanza tossica

Sostanza che per le sue proprietà può alterare la funzione delle cellule di un organismo vivente con cui ha contatto, fino addirittura provocarne la necrosi.

‘U tùsche ‘i scaramüne (o‘a pòlve i scaramüne) = Il veleno contro gli scarafaggi.

‘U tùsche ‘i sórge (o più tecnicamente l’arsèneche = l’arsenico) = Il veleno contro i topi.   Si vendeva liberamente da Viscardo per questo scopo.

Non risulta nelle cronache locali che sia mai stato usato in atti criminosi contro persone. Gli omicidi, quando avvenivano,  si perpretavano mediante coltellate o fucilate.

Derivato da tùsseche esiste il verbo ‘nduseché = intossicare, avvelenare (in senso figurato) col significato di amareggiare, contrariare, severamente. ostacolare.

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