Sacce!

 

 

Sacce! inter. = Non so, chessò, boh!

È un’interiezione che esprime indecisione, incertezza.

Quando proprio non si sa rispondere ad una qualsiasi domanda, il minimo che che possa dire è sacce, o la sua variante ‘nzacce.   Il verbo deriva dal latino sapio.

Qualche esempio:

Sàcce cche signìfeche ‘stu fatte! = Non so che cosa significa questo atteggiamento strano.

Se jéme de ‘stu passe, sacce add’jì ca jéme a fernèsce = Se continuiamo su questo andazzo, chissà dove andremo a finire!

Credo che  voglia sottintendere una frase completa, ma inespressa,  in una  estrema sintesi, come ad esempio:

E cchè ne sacce?. = che ne so io?
Nen sàcce njinde! = Non so nulla!
‘Stu fatte nen lu sacce = Questo fatto non mi è noto.

 

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Sacca-mariöle

Sacca-mariöle s.f. = Tasca interna.

Tasca interna della giacca da uomo, in cui abitualmente si ripone il portafoglio.

Sovente è dotata di una linguetta ad occhiello per chiuderla con un bottone.

È chiamata così, presumo, perché nascosta, segreta (nascosto come un ladro).

Esisteva, all’interno della giacca, anche una tasca senza orli e bottoni per riporvi il pacchetto delle sigarett

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Ruzzjille

Ruzzjille s.m. = Cerchio

Striscia metallica o di legno curvata a O, usata un tempo dai bambini come gioco. Lo si spingeva facendolo scorrere sul piano stradale, e lo si accompagnava con un’asticella, anch’essa di metallo.

L’ideale era un vecchio cerchione di bicicletta privo di raggi e copertone.

‘I ruzzjille sono anche le rotelline del monopattino, del passeggino, della borsa della spesa delle nostre nonne, del supporto della cucina a gas per renderla facilmente spostabile, ecc.

Tènghe ‘na balügge p’i ruzzjille = Ho un comodo trolley [alla lettera: ho due valigie con le rotelle (di scorrimento)].

Figuratamente il termine era incluso volgarmente in una frase minacciosa, ponendo a contatto di punta gli indici e i pollici delle due mani aperte e mostrandone i dorsi: t’agghja fé tande ‘u ruzzjille! = Ti devo fare tanto così il cerchio = Ti faccio un culo così! (scusate, io non sono volgare di natura, ma il linguaggio gestuale è questo e va spiegato…)

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Ruzzelé alla casére

Ruzzelé alla casére loc.id. = Ritornare a bomba, in argomento, riproporre un progetto bocciato.

Era detto come rimprovero quando qlcu, facendo il finto tonto, ritornava su un’argomentazione, e/o a riformulare richieste che dovevano essere già state sviscerate e concluse da tempo.

E rùzzele alla casére! = E ritorni sempre alla caciaia (formaggiaia, deposito dei formaggi)!. Come per dire: “ma tu sempre qui stai”? Il termine casére è un “prestito linguistico” proveniente dall’Abruzzo.

Il discorso è un traslato e si riferisce ai cani dei pastori abruzzesi, che tassativamente dovevano stare alla larga dal formaggio, perché questo era destinato alla stagionatura e alla vendita.

Ogni volta che si avvicinavano al deposito i poveri cani erano scacciati a pietrate dai pastori! Tuttavia le bestiole, inebriate dall’odore del cacio, irrimediabilmente, dopo un ampio giro in circolo, vi ritornavano sperando di riceverne un pezzo.

Nulla mi vieta di pensare che la locuzione sia proprio di origine abruzzese, visto la simbiosi fra l’Abruzzo e la Puglia, dovuta alla secolare transumanza (pastorizia trasmigrante) fra queste due Regioni che apportò scambi linguistici, culturali, gastronomici, ecc.

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Ruzzelé ‘u prüse

Ruzzelé ‘u prüse loc.id. = Rivoltare il cantero.

Ho già spiegato che cos’è ‘u prüse e che significa ruzzelé (click sulle parole).

La locuzione vuol mettere in guardia dallo sviscerare certi argomenti che sarebbe stato meglio non toccare perché scomodi sia per chi parla, sia per chi ascolta.

Infatti è sottintesa la seconda parte del Detto: chjó ce ruzzelöje ‘u prüse e chjó ce sènde ‘u fjite = più si rimesta il cantero, e più si sente la puzza.

Insomma sarebbe meglio “metterci una pietra sopra” o “stendere un velo pietoso sull’argomento” come figuratamente si dice in lingua italiana.

Ringrazio Amilcare per il prezioso suggerimento.

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Ruzzelé

Ruzzelé v.t. = Rivoltolare

Rivoltolare, far girare, rimestare un liquido. Ad esempio il caffè per facilitare lo scioglimento dello zucchero, o la pasta nella pentola per evitare che si attacchi, o il ragù, o i legumi.

Semplificando oggi si dice aggeré ‘a paste = rimestare i maccheroni durante l’ebollizione.

Con un termine un po’ più antico si diceva ruzzeljé, con lo stesso significato.

Ritengo che da questo verbo derivi da ruzzjille = cerchio, o piccola ruota usata come giocattolo.

Da non confondere con rucelé

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Ruzzelamjinde

Ruzzelamjinde s.m. = Borborigmo

Il borborigmo, (dal greco βορβορυγμός) nel campo medico, è il movimento sordo del gas all’interno dell’intestino, sia degli animali sia degli umani. Si tratta di brontolii, tintinnii e gorgoglii a livello gastrico, che normalmente non vengono uditi dagli individui se non in presenza di patologie. (da Wikipedia).

Quando diciamo ruzzelamjinde di solito aggiungiamo de cùrpe o de panze, magari per essere certi che gli astanti avessero capito bene l’origine del nostro disagio.

Il borborigmo sovente precede la scarica diarroica, così come il tuono precede il rovescio di pioggia. Non ridete perché questa è un accostamento serio e puramente scientifico.

Ruzzelamjinde eriva da ruzzelé, rivoltolare di liquidi in genere.

Nota linguistica: preferisco scrivere il segno -ji, la “i” dal suono lungo, come una contrazione dell’italiano ie (esempio: carabbenjire = carabiniere) e con il segno -ì la “i” dal suono corto (esempio ‘a quìnece/quindici)

Ringrazio la nonna del lettore Amilcare Renato per il suo suggerimento.

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Ruvetéle

Ruvetéle s.m. = Roveto, fratta

Il rovo è un arbusto perenne della famiglia delle Rosacee (Rubus ulmifolius), cui appartengono numerose specie, comunissimo in tutto il bacino del Mediterraneo.
È costituito da una grossa ceppaia, da cui si dipartono numerosissimi fusti sottili, ricoperti da moltissime piccole spine arcuate.

L’intrico spinoso dei suoi rami è chiamato ruvutéle revutéle o revetéle = roveto.  Veniva messo a dimora per delimitare i confini dei campi coltivati allo scopo di farne barriere, come siepi impenetrabili. 

Dal rovo nascono le more, ‘i marìcule, chiamate così, oltre che  nella zona garganica, anche in Basilicata, Abruzzo e Molise

Un mio amico di Ortona ripeteva un detto Abruzzese che più o meno recitava così:
Le marìcule delle frjétte (fratte, rovi, cespugli)
tanne so’ bbone, quanne so’ fìétte  (fatte, mature).
Quanne ammmatùrene l’uve e le fichi
vaffancule tu e le maricule delle frjétte!  🙂

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Rutjille

Rutjille (o Rutjidde) s.m. = Crocchio, capannello, assembramento

Gruppetto di persone, riunite a chiacchierare o ad ascoltare qualcuno,  specialmente per strada.

Più specificamente ‘U rutjille indica un gruppo di persone radunate, non casualmente,  per far maldicenze, e pettegolezzi.)   Il “gossip“prima maniera.

Ah, avüte fàtte ‘u rutjille! = Ah, vi siede radunate per tagliare i panni addosso alle persone!

Il termine ha una valenza scherzosa e bonaria. Quando il gruppo è serio è detto ‘na rocchje; se grave o severo diventa ‘na manjéte.

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Rutìlje

Rutìlje s.m. = Oroscopo personalizzato

Bisogna sapere che fino agli anni ’40 un ambulante – di cui non so il nome – si guadagnava da vivere, oltre che aggiustando gli ombrelli, anche predicendo il futuro alle giovani donzelle di Manfredonia.

Insomma costui formulava, dietro compenso, un oroscopo vero e proprio, personalizzato, senza conoscere minimamente gli ascendenti e le menate varie riguardanti i soggetti esaminati.

Egli – guardato con timore e rispetto dalle trepide mamme – consultava un misterioso libro chiamato in dialetto “U rutìlje”. Lui stesso forse veniva identificato con questo nome.

Per l’epoca era un libro considerato infallibile, degno di rispetto reverenziale, alla stessa stregua del Vangelo:
L’adda ’ngarré: sté scrìtte sope ‘u Rutilje! = Ti andrà bene, è riportato sul libro del Rutilio.
Me so’ fatte anduvené dau Rutìlje: tenghe i punde de stèlle a 17 anne e a 29 anne, e pò baste.” = Mi son fatto predire la sorte dal Rutilio: avrò dei giorni critici soltanto quando avrò raggiunto l’età di 17 e di 29 anni.

La mia curiosità mi ha portato a fare delle ricerche in rete!
Si tratta di tale Rutilio Benincasa, nato a Torano (CS) nel 1555, e morto probabilmente nel 1626, autore di scritti tramandati di generazione in generazione per 400 anni. Tra l’altro ha compilato delle tavole sulla periodicità dell’uscita dei numeri al lotto. Insomma un tipo molto fantasioso.
“Rutilio fu astronomo, astrologo, anche se sono poche le notizie storiche su questo personaggio al cui nome sono associate vicende leggendarie, presenti talora anche nel folklore europeo o nella tradizione letteraria classica, per cui a livello popolare è considerato una delle incarnazioni del prototipo dello stregone.” (dal web)

Per scrutare il futuro, in alternativa alle previsioni prezzolate del Rutilio, le giovani donzelle la sera della vigilia di San Giovanni – considerata “la notte magica” perché cade al solstizio d’estate – usavano versare l’albume di un uovo in un vaso di vetro colmo di acqua e lasciarlo tutta la notte sul davanzale della finestra o comunque al fresco. Prima di posarlo recitavano la giaculatoria: San Pjitre e San Giuànne, qual’jì la sorte ca tenghe auànne? = San Pietro e San Giovanni, quale è la sorte che ho quest’anno?
La mattina dopo, ansiose, andavano a scoprire la loro “sorte”.

L’albume, per effetto della frescura della notte, si rapprendeva in mille filamenti e agglomerati biancastri. Le ragazze vedevano, che so, tanti fili come le sartie di un bastimento (e allora il futuro “zito” poteva essere un navigante); oppure come una matassa posata sul fondo (e allora poteva trattarsi di un funaio); oppure come un foglio ricurvo, tipo una vela (un pescatore) o come una ruota (carrettiere o mastro carraio), ecc. Le speranzose pulzelle vedevano quello che “volevano” vedere.
Questa antica usanza era nota anche in Sicilia, nell’Italia Centrale.

Strettamente legati al responso del Rutilio c’erano i cosiddetti “punti di stelle”, trattati a parte

Ci sono sempre i creduloni, e ci sono, per contro, quelli che sanno avvantaggiarsene a piene mani…

Per favore non confondete, data la somiglianza dei termini, ‘u Rutìlje con ‘u rutjille  (←clicca).

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