Semplecöne

Semplecöne s.m. = sempliciotto, sciocco, credulone

Un po’ come dire fafalöne (<—clicca).

Potrebbe derivare dall’italiano semplicione o sempliciotto.

Soggetto dalla figura allampanata, con movenza goffa e impacciata, che talvolta si intrufola nei discorsi altrui con argomenti fuorvianti e fuori tema.

Filed under: STagged with: ,

Acìzze

Acìzze agg. = inacidito, rancido, guasto

Generalmente si riferisce a cibo andato a male.
Quando i frigoriferi domestici non erano diffusi, accadeva spesso che un in intingolo, un avanzo di cibo qualsiasi si guastasse.

Ma’, ‘a recotte c’ì fatte acizze! = Mamma, la ricotta si è inacidita!

Si usava analogamente anche la locuzione (clicca qui —>) cì’ fatte brótte = si fatta brutta, che in italiano lascia perplessi.

Filed under: ATagged with:

Vróscele

Vróscele s.m. = Brufolo

Affezione cutanea caratterizzata da arrossamento e talvolta da piccola pustola, dovuta all’infiammazione del follicolo pilifero e/o della ghiandola sebacea.

Meno grave del foruncolo (carevógne), e più simile all’acne giovanile.

Quando la dimensione è minore si usa, al femminile, vruscelècchje.

Filed under: VTagged with:

Nturcegghjé

Nturcegghjé v.t. = Attorcigliare, avvolgere, intrecciare, aggrovigliare

Va bene anche scritto ‘ndurcegghjé.

Da questo verbo credo che derivi il sostantivo turcenjille, che in fondo è un groviglio avvoltolato di interiora. Cliccate qui.

Quale contrario ovviamente per dipanare il groviglio (sgrovigliare) si usava il verbo sturcegghjé, ormai caduto in disuso, sostituito dal più sbrigativo sbrugghjé = sbrogliare, dipanare.

Filed under: NTagged with:

Mamùrce

Mamurce s.m. = Sgorbio, scarabocchio.

Il sostantivo al singolare o al plurale resta invariabile

Alcuni pronunciano mamùcce, omettendo per rapidità la “r”. Accettabile.

Quando non esistevano le biro e si scriveva con il pennino intinto nell’inchiostro liquido, molto più facilmente gli scolari macchiavano libri e quaderni loro e altrui.

La locuzione mamùrce p’i ‘ndùrce è un simpatico rafforzativo con la rima, per definire quegli orribili sgorbi riscontrati sui quaderni o sulle pagine dei libri dei bambini con poca dimestichezza con il pennino, perché appena agli inizi sulla strada dell’apprendimento della scrittura.

I ciambe de mosche = le zampe delle mosche = anche questi possono essere considerati scarabocchi o meglio indicano una scrittura incomprensibile che poteva causare un brutto voto in materie che non esistono ormai più, come ed esempio “la bella scrittura”.

A proposito di scrittura la penna che si usava fino agli anni ’50 era composta di tre parti: astecciùle (asticciola) cagnùle (supporto metallico a innesto) pennüne (pennino). Gli adulti usavano la insuperabile penna stilografica (con serbatoio d’inchiostro incorporato)

Filed under: MTagged with:

Arzìcule

Arzìcule s.f. = barretta ferma ruota.

Si tratta di un oggettino che tutti noi abbiamo visto sul carrettini spinti a mano sui carri a trazione animale. Il nome era conosciuto solo dagli addetti ai lavori (carrettieri, fabbri, carradori).


È una barretta di ferro foggiato con un ingrosso nella parte superiore, che si infila in un foro (detto “occhio”) posto ad ognuna delle due estremità dell’asse su cui si montano i mozzi, allo scopo di non far sfilare le ruote dal loro alloggiamento.

Molte rezzìcule dispongono anche di un anello nella parte inferiore, specie quelle montate su carri grandi. L’anello impedisce la sua accidentale fuoruscita dall’ “occhio” dell’asse a causa del percorso accidentato.

Accettabile anche scritto arzìchele, rezzìcule, rezzìchele,

Filed under: RTagged with:

Mmècce

Mmècce s.f. = incastro

Incastro usato per tenere uniti due segmenti di legno, specie in ebanisteria e in carpenteria navale, senza dover far ricorso a chiodi, viti o rivetti. È probabile che le giunzioni anche in edilizia, in metallurgia o in sartoria vengano chiamate “mecciatüre” o “a mmècce“. Di sicuro il termine è in uso anche in Campania e a Cerignola.

Possono essere di vari formati.
il più conosciuto è detto “a coda di rondine” per lavori di grande precisione.

Altro tipo di incastro molto in uso è detto in italiano “a spina” o “a tenone e mortasa”, ossia dei cilindretti di legno che si inseriscono nelle corrispondenti cavità dell’altro legno da congiungere.
Questi tenoni da noi sono detti “megnuzze”. Clicca sul link: https://www.parliamomanfredoniano.it/megnuzze/.

Ringrazio l’amico Matteo Borgia 2° per avermi dato il suggerimento, consentendomi la stesura di questo articolo.

Filed under: MTagged with:

Tre volte ce pèrdene ‘i sinze…

Tre volte ce pèrdene ‘i sinze: ‘n gioventù, alla vecchjéje, e au timpe de mizze

Tre volte si perde il senno: in gioventù, durante la vecchiaia, e nel tempo di mezzo (ossia durante il tempo che intercorre fra queste due condizioni).

Praticamente, durante tutta la vita.
In effetti ognuno nel corso della propria vita trova il tempo di far cazzate, di agire senza riflettere, senza discernimento.

Sul significato di pèrde ‘i sinze vi rimando alla voce specifica cliccando qui.

Ringrazio il lettore Michele Murgo per avermi riportato questo Proverbio, profferito da sua madre a proposito, giusto quando la circostanza lo ha richiesto!

Filed under: H

Allanghéte

Allanghéte agg. = Assetato, affamato

Allanghéte probabilmente nato sulla falsariga dell’antico verbo italiano “aggangare” = seccare o sentire arsura, aver grandissima sete.

Per estensione si usa allanghéte per definire l’atteggiamento di persona in severa astinenza (di acqua, cibo, sesso, tabacco, ecc.), cioè che sente un fortissimo desiderio di soddisfare un bisogno.

Il già citato vocabolario cerignolano fa derivare il termine dal latino anancatum.

Accüme sté allanghéte, ne l’avaste manghe ‘nu sìcchje d’acque = Da come è assetato, non gli basterebbe nemmeno una secchiata d’acqua.

Filed under: ATagged with:

Sprudènte

Sprudènte agg. = irriguardoso, sfacciato, sfrontato, arrogante.

L’aggettivo generalmente era rivolto alle pulzelle sfacciate che non usavano alcuna prudenza o rispetto verso il prossimo, anzi quando erano riprese per questo atteggiamento ostile, erano prontissime a ribattere all’infinito ogni tentativo di rabbonirle.

Al giorno d’oggi questo atteggiamento è molto diffuso, anche se il termine è andato in disuso.

La pìgghje pe chépe e möne mùzzeche, la pìgghje pe cöde e möne càvece! Ne la pute addumé de nesciüna manöre! = La prendi per testa e tira morsi, la prendi per coda e sferra calci! Non la puoi domare in nessuna maniera!

Filed under: STagged with: