Ngrugné v.i. = Ingrugnire,
Mettere il grugno, immusonirsi; essere di malumore.
Il verbo è desueto, ed è usato solo in un proverbio che mette in guardia dalle bizzarrie meteo del “pazzerello” Marzo (clicca).
Ngrugné v.i. = Ingrugnire,
Mettere il grugno, immusonirsi; essere di malumore.
Il verbo è desueto, ed è usato solo in un proverbio che mette in guardia dalle bizzarrie meteo del “pazzerello” Marzo (clicca).
Se marze ngrogne te fé cadì l’ogne prov.
Se marzo è di cattivo umore ti manda tanto freddo da farti cadere le unghie (addirittura)!
Sappiamo tutti che il mese di marzo presenta e variabilità e instabilità meteorologiche molto rapide.
In lingua esiste un Detto: Marzo pazzerello, vede il sole e prende l’ombrello.
È accaduto più di una volta in Sicilia, nella Valle dei Templi di Agrigento con i mandorli fioriti, che è comparsa una micidiale nevicata.
In questo caso non sono cadute le unghie ma i fiori dagli alberi, con evidente danno agli agricoltori.
Gravante agg. = greve, pesante
L’aggettivo deriva direttamente dal latino gravis = grave, pesante.
In lingua italiana è estensivo, cioè vale sia per le persone, sia per gli oggetti, sia nel linguaggio figurato, nel senso di opprimente, penoso, angoscioso, soffocante.
In dialetto è riferito solo a persone sofferenti a causa o per effetto del loro sovrappeso.
Giuanne jì gravante assé! Se chéde ‘ntèrre, va lu jàveze, va! = Giovanni è molto pesante! Se dovesse cadere occorrerà molta fatica per sollevarlo.
L’obesità è sempre una patologia con conseguenze serie sul cuore, sul sistema circolatorio e respiratorio.
Infatti le persone obese presentano affanno, anche compiendo la minima attività fisica, sudano in abbondanza, ed hanno difficoltà respiratorie.
Ammulleché v.t. = Coprire con mollica
Il nostro verbo ammulleché non ha il corrispettivo in italiano.
È la mirabile capacità di sintesi dei dialetti specie dell’area Sud. Per descrivere l’azione del verbo devo ricorrere ad una perifrasi.
Ricoprire una pietanza con mollica sbriciolata di pane raffermo prima della cottura in forno o sul fornello.
Infatti il piatto per eccellenza che richiede questa copertura è ‘u racquele (o ‘u trjimete) ammullechéte = la raia (o la torpedine ). Vorrei dire in crosta di pane, ma per la verità il pane rimane morbido intriso di olio e acqua di cottura.
Infatti per “mollicata” si intende, in Basilicata, Calabria e Sicilia, la mollica di pane sbriciolata e tostata in olio, quale elemento croccante aggiuntivo nella preparazione del conosciutissimo primo piatto di pasta con “aglio, olio e peperoncino”.
Frìške s.m.= Fischio o fresco
Il sostantivo frìške ha due significati.
Frìške 1 = Fischio, sibilo emesso con la bocca atteggiando lingua-labbra in posizioni variabili. Deriva dal verbo fischiare o fischiettare. Il primo verbo indica un richiamo o una rumorosa disapprovazione teatrale o sportiva; il secondo la modulazione del fischio a diverse altezze, la cui sequenza riproduce melodie musicali.
Friške 2 = Fresco, inteso sia come temperatura avvertita (fé frìške stamatüne = fa fresco stamattina), sia come riparo dal sole (sté au frìške = stare all’ombra o in casa, o anche, in senso lato, in prigione).
Il sostantivo dà origine al verbo friškjé, ossia restare ostentatamente all’aperto nonostante la temperatura rigida. In italiano il verbo corrispondente non inesiste.
Arbitrariamente, tanto per ridere, azzarderei “frescheggiare”.
Mattöje che sté friškjanne allà före? Trése jìnd’a caste! = Matteo, costa stai a prender freddo là fuori? Entra in casa tua!
Mangiàrece ‘i carne loc.id. = malignare, denigrare, infangare.
Parlare alle spalle ma senza riguardo alcuno.
Criticare ferocemente dinanzi a terzi.
Sparlare, giudicare crudelmente.
Insomma questo verbo descrive una brutta e riprovevole azione. Un autentico atto di sciacallaggio su una persona non presente.
Riporto il Detto del solito antico Saggio “cinese”:
«Guardati dalle persone che parlano male degli assenti, perché durante la tua assenza parleranno male di te.»
Ringrazio il dott. Enzo Renato per avermi suggerito questa locuzione nostrana.
Accüme te fé ‘u ljitte, acchessì te lu truve
Come ti rifai il letto, così te lo trovi.
Un Detto antico che suggerisce il buon comportamento. Se si agisce bene, si raccoglieranno buoni frutti. Se si agisce con stoltezza si avranno risultati riprovevoli.
Ognuno è responsabile delle proprie azioni, nel bene e nel male.
Il lingua si usa dire: “Chi semina vento raccoglie tempesta”; oppure: “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”
Nota fonetica: adopero spesso il diagramma “ji” per indicare un suono lungo o per rappresentare l’italiano “ie”.
Carabbenjire = carabiniere
Frustjire = forestiere
Becchjire = bicchiere
Fjite = fetore, puzza
Ljitte = letto
Invece per il suono breve ricorro alla “i” semplice o accentata “ì”
Tìtte = tetto
Fattìzze = robusto
Pesìlle = piselli
Mìcule = lenticchie
Frangìsche = Francesco
Ringrazio il dott. Enzo Renato per il suo prezioso suggerimento.
Ogne ‘mpedemjinte vöne a giuvamjinte.
Tradotto alla lettera: «Ogni impedimento viene a giovamento».
In altri termini: «Qualsiasi ostacolo può mostrarsi vantaggioso».
Spesso, trovandosi davanti a difficoltà, si escogitano rimedi e soluzioni efficaci e utili. Così un problema si converte in un’opportunità. Insomma ogni situazione negativa reca un risvolto positivo.
In italiano c’è un detto “Non tutto il male viene per nuocere”.
In napoletano: «Si se chiude ‘na porta, s’arapa ‘nu purtone»
Ringrazio il lettore Manuel De Marco per avermi fornito lo spunto utile alla stesura di questo articolo.
Sevöne s.m. = Crespino, Grespigno, Cicerbita
Vengono sempre citati al plurale, i sevüne.
Si tratta di un’erba campestre spontanea (Sonchus asper e Sochus oleraceus), commestibile a dispetto del suo aspetto poco invitante.Possiede molte qualità benefiche per la salute dei mammiferi, compresi gli umani.
Da noi venivano vendute assieme ad altre erbe spontanee (i fogghje mmeškéte)
Mò jéve loc.id. = Da molto tempo
È una risposta ovvia a chi chiede se un determinato lavoro è stato completato, o se qlcu è giunto all’appuntamento, ecc.
Con mò jéve si dà enfasi al semplice “sì”, come per dire: «Non lo sapevi? È da tanto tempo che la cosa è accaduta!»
Generalmente si pronuncia sollevando contemporaneamente la mano aperta in verticale con le dita stese sollevate verso il proprio orecchio, come per indicare che il tutto tempo passato è ormai dietro alle proprie spalle.
Alla lettera significa “adesso ha”. Forse evidenzia che “ora ha fatto un anno, un mese, un decennio, o altro”
-«Cuncettè, ma ‘u fìgghje tüve ca sté ‘n Germànje c’jì spuséte?» = Concettina, ma tuo figlio che vive in Germania si è sposato?
-« Mò jéve!» = Uh, da tanto tempo!
Jì arrevéte Giuànne? Mò jéve! = È arrivato Giovanni? Sì, da tempo!
Mò jéve ca agghje fenute de mangé! = È un bel po’ di tempo che ho finito di mangiare.
Esiste, con lo stesso significato, la brevissima variante: “da mò” = (Non) da ora, ma da tanto tempo. Come, non lo sai?
Mirabile capacità di sintesi del nostro dialetto, che esprime una frase intera con un solo bisillabo!