Fé ´na cöse de jùrne 

Fé ´na cöse de jùrne loc.id. = Affrettarsi, sbrigarsi

È una bella espressione che si pronuncia, rivolta ad amici o a collaboratori, per incitarli ad ultimare un lavoro in corso, o a prendere una decisione senza tentennare o attardarsi eccessivamente.

La frase alla lettera significa: fare una cosa di giorno.

Perché di giorno? A mio parere perché il detto è di origine chiaramente contadina. I coltivatori attendevano al loro lavoro esclusivamente alla luce solare, dall´alba al tramonto. Quindi se si doveva completare qlcs bisognava farla prima del tramonto, quindi di giorno!

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Fé ´a còrse d´u ciócce 

Fé ´a còrse d´u ciócce loc.id. = Desistere, arrendersi

Alla lettera significa: fare la corsa dell´asino.

Mi sembra che si dica questa locuzione all´indirizzo di chi, mettendosi in mostra senza modestia, alla conclusione di qls raffronto, ne esce vergognosamente scornato.

Un po´ come quando si dice: “le pive di montagna, andarono per suonare e furono suonate”, o anche “ritornare con le pive nel sacco”, o meglio ancora “attacco francese e ritirata spagnola”.

Grazie e Giusi Demonte per il suggerimento.

Il lettore Michele Murgo, che ringrazio, completa la definizione scrivendo: “Si associa questo modo di dire a quelle persone che sul lavoro partono in quarta e si mostrano veloci e volenterosi ma inesorabilmente dopo un po’ mollano tutto, come gli asini impauriti che si bloccano e non c’è niente da fare per smuoverli”.

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Fazzatöre 

Fazzatöre s.f. = Madia.

E’ una specie di cassa come un grosso tiretto di comò, con o senza coperchio, nella quale si impastava il pane, si lasciava a lievitare.  Una volta cotto il pane veniva riposto nel ripiano inferiore, generalmente chiuso da due ante, o nella parte superiore se provvista di coperchio a ribalta, come nella foto.

Il termine è usato nel Sud Italia, dall’Abruzzo alla Sicilia. Presumibilmente è di origine latina ed ha a che fare con il verbo fàcere = fare.

Sto rimuginando…mumble…mumble

Mi convinco sempre più che derivi dal verbo latino fàcere = fare.
In italiano un po’ ottocentesco esiste il sostantivo Facitore = che fa, che produce, che opera, che lavora.
Insomma una persona davanti a questo mobile fa qualcosa: impasta, lavora la massa, la copre, la fa riposare perché lieviti, la mozza per farne pagnotte…..

Sì, sì, face, ossia che fa qualcosa.
Facitore prevede anche il femminile facitora. Ecco, ci siamo. Facitora = fazzatöre
Esiste anche il femminile facitrice…sono verbi desueti, come è desueta la madia: nessuno più fa il pane in casa, a colpi di 10 o più kg di farina per volta.

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Favógne 

Favógne s.m. = Favonio

Vento caldo di ponente. Nel versante alpino viene chiamato col nome tedesco di Föhn.

Credo che l’asciugacapelli elettrico (fon) abbia preso questo nome proprio per il vento caldo che produce.

Sia Favonio, sia Föhn (scritto anche Foehn) derivano dal latino favonius, nome con il quale i Romani chiamavano il caldo vento di ponente (il greco zefiro). Il nome è conservato nella regione delle Alpi col significato attuale

Quando spira ‘u favógne si trova frescura solo restando tappati in casa anche se si è in piena estate.
Se poi il vento si gira a sceròcche, carico di umidità, occorre accendere i climatizzatori a palla

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Favezöne 

Favezöne agg. e s.m. = Insincero

Comportamento falso, menzognero, ipocrita, dissimulatore.

Persona che agisce falsamente.

Làsselu pèrde ca códde jì ‘nu favezöne = Lascialo perdere, ché costui è un menzognero.

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Fàveze

Fàveze agg. = Falso

Riferito ad oggetti: finto, fasullo, contraffatto, falsificato, copiato, imitato.

Stàteve attjinde ca stànne i solde fàveze = State attenti ché circolano banconote false.

Riferito a persona: bugiardo, ingannatore, commediante, ipocrita, simulatore. In maniera esagerata dicesi: favezöne.

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Fàvece

Fàvece s.f. = Falce

Attrezzo agricolo con manico di legno e lama affilata e ricurva per tagliare gli steli delle piante erbacee.

Metaforicamente tenì ‘na fàvece non significa possedere una falce ma un formidabile appetito, che fa piazza pulita di ciò che si mette sul desco, come fa la falce nel prato.

L’accrescitivo faveciöne designa la falce con manico a stelo e dalla lama lunga e leggermente arcuata, detta in italiano falce fienaia.

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Fatüje

Fatüje s.f. = Lavoro

Il termine, per affinità al duro dei campi, si confonde con la parola italiana fatica.
Lavoro si identifica con fatica perché generalmente si riferiva solo a quello manuale. Quello intellettuale non era considerato una fatica vera e propria…

Comunque il lavoro consiste nell’impiego di energia diretta a un fine determinato. Attività propria dell’uomo, volta alla produzione di beni o di servizi. E questo a prescindere dalla sua forma, cioè che sia lavoro manuale, o di concetto.

Jì a fatjé = Andare a lavorare (nei campi, in mare, in sartoria, in falegnameria, ecc.).

Addjì ca fatüje? = Dove lavori?

Si intende con fatüje anche il complesso dei lavori riguardanti un’attività nei diversi settori (edilizia, agricoltura, pastorizia, pesca, artistica).

Sàbete amma jì a Ceregnöle a fé ‘na fatüje = Sabato dobbiamo andare a Cerignola a fare un lavoro.

Mi piace ricordare questa massima:riguardante il lavoro:

«Chi lavora usando le mani è un operaio;
chi lavora utilizzando le mani e il cervello è un artigiano;
chi lavora adoperando le mani, il cervello e il cuore è un artista.»

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Fattüre 

Fattüre s.f. = Fattura,

1) Fattüre = Fattura. Documento che contiene l’indicazione analitica delle merci fornite da un venditore al compratore, o dei servizi prestati da un professionista, e il corrispondente importo.

2) Fattüre = Stregoneria, malia, incantesimo.

In clima di agnosticismo, oggi quest’ultimo significato fa un po’ sorridere.

Esistevano anche allora maghi e streghe, che agivano in gran segreto, per i creduloni che volevano farsi spennare.

Gli stregoni erano capaci di “legare” o “sciogliere” la fattura, sempre dietro compenso. Addirittura facevano credere di essere capaci di fare una fattüre a mòrte!

Tuttavia credo che qlco doveva esserci, perché la fattüre aveva delle conseguenze fisiche incomprensibili: tremori, sudorazione, smanie, urla, isterismo, abulia, svenimenti, deliquio.

Probabilmente facevano ingurgitare alla persona presa di mira un po’ di stupefacenti a sua insaputa. La crisi di astinenza pareva ingigantita agli occhi dei parenti sbigottiti, i quali, per evitare sofferenze al loro congiunto, allentavano volentieri i cordoni della borsa.

Esistevano feticci, limoni pieni di spilli, e altra cose che sembravano prese dalla stregoneria  woo-doo (vudù afro-americana).

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Fattìzze

Fattìzze agg. = Robusto

Spesso, consistente, robusto, vigoroso, denso.

Riferito al vino significa che è ben corposo, con elevato tasso alcolico.

Riferito, per esempio, ad un muro indica un muro maestro di elevato spessore.

Insomma indica qlco o qlcu forte, robusto, massiccio. In Abruzzo dicono vino fattìccio: non ho avuto bisogno dell’ interprete per comprendere, data la similitudine del termine.

Bìvete ‘u vüne bianghe, ‘u vüne nìrje jì troppe fattìzze = Beviti il vino bianco, il vino rosso è troppo robusto.

‘U vüne jì fattizze, attjinde angöre te ‘mbriéche! = Il vino è corposo, bada a non ubriacarti.

Con il medesimo significato. in Abruzzo dicono fattìcce 

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