Spèzza-petturéle

Spèzza-petturéle agg. = Gagliardo, forzuto.

In origine era un aggettivo per indicare un cavallo da tiro, robusto, instancabile, così volenteroso di lavorare che spezzava i pettorali tanta era la foga e la gagliardia che metteva nel suo lavoro

Successivamente fu usato con ironia in indicare le persone scansafatiche, che non hanno alcuna voglia di lavorare.

Mattöje uà venì a darece ‘na méne? Sòrte de spezza-petturéle! = Verrà Matteo a darci un aiuto? Ma proprio lui che notoriamente è un grande pelandrone!

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Spetazzé

Spetazzé v.t. = Spezzettare, frammentare.

Ridurre in più pezzi, sminuzzare, ridurre in più pezzi, spezzettare, dividere in tante piccole parti.

Pe’ fé ‘a rjanéte spetazzìje belle belle l’agnjille e i paténe = Per preparare la pietanza spezzetta per bene l’agnello e le patate.

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Spessedìrece

Spessedìrece v.i. = Perdere efficacia

Dicesi prevalentemente di farmaci scaduti, ma va bene anche per altri prodotti.
‘Sta fervescènde jì spessedüte = Questi granuli effervescenti non sono più buoni (sono ‘spenti’).

Attappe bùne ‘u buccacce d’a rìnje ca se no ce spessedìsce = Chiudi ermeticamente il barattolo dell’origano altrimenti perde il suo profumo.

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Spessedüte

 

Spessedüte agg. = Inefficace, senza potere.


Aggettivo riferito principalmente a farmaci che non posseggono più la loro efficacia, perché scaduti.

Il Prof. Michele Ciliberti mi ha gentilmente fornito  l’etimologia del termine. Anche questo è derivato dal latino ex potior, che significa “non avere più potere”, quindi anche “scadere”.

L’aggettivo spessedüte si riferisce anche a cibi, aromi, bevande, gesso, cemento conservati per lunghissimo tempo e che si sospetta che non siano più buoni.

Specificamente per gesso e cemento in italiano si dice “spresato” oppure “snervato”, cioè che non è più in grado di idratarsi, di fare presa, di indurire.

Per gli altri prodotti si possono usare dei sinonimi:  inefficace, avariato, guasto, o altro. Ma il nostro “spessedüte” (che ha perduto la sua efficacia) è sicuramente più immediato e universale.

Quando io ero monello, assieme a un a gruppetto di ragazzini vivaci, andavamo a burlare il bravo farmacista don Carlo Giornetti in Corso Roma, gridando dalla strada verso l’interno della Farmacia: -“Don Carlüne, Don Carlüne, vènne i medeciüne spessedüte!” = Don Carlino vendei farmaci scaduti!
Immediatamente poi ce la davamo a gambe, temendo una sua reazione, che in verità non c’è mai stata, perché don Carlino Giornetti era un vero signore d’altri tempi.
Chiunque altro esercente si sarebbe precipitato da dietro il bancone fin sull’uscio del negozio ed avrebbe graziosamente urlato contro di noi fuggiaschi qualche colorito improperio [“ghjachiv’è mùrte e stramurte, ‘sti fij-de-zòcchele!”, ecc.] ma  Don Carlino no, per merito della sua indole bonaria e del suo stile di gran signore. Me lo immagino addirittura con un mezzo sorriso in risposta alla nostra bravata…
La signorilità dei Giornetti è prerogativa anche dei suoi nipoti fino ai giorni nostri.

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Spése

Spése agg. = poco profondo, piano

Aggettivo specifico per indicare il piatto piano, in contrapposizione a quello fondo, detto (clicca→) cuppüte o cheppüte

U piàtte spése e ‘u piàtte cheppüte = Il piatto piano e il piatto fondo

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Speranzùle 

Speranzùle agg. e s.m. = Speranzoso

In italiano significa: pieno di speranza e ottimismo, che intravede una svolta degli eventi favorevole alle proprie aspettative.

In dialetto ha una valenza negativa, perché il soggetto non fa nulla, ma proprio nulla per la realizzazione dei suoi progetti.

Giuànne fé ‘u speranzùle = Giovanni si comporta da speranzoso, ottimista.

Insomma speranzùle quale sostantivo è diventato sinonimo di stangachjazze mazzangànne  škenjille = pelandrone, scansafatiche, sfaticato, ecc.

‘Ssa lu pèrde a ‘stu speranzùle = Lascalo perdere quel fannullone.

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Spennéte

Spennéte s.f. = Frecciatina

Espressione pungente e maliziosa, volta a colpire qcn. o qcs. in genere o talvolta anche più direttamente.

Mené ‘a spennéte = Lanciare una frecciatina, fare un’allusione maliziosa.

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Spedeché

Spedeché v.t. = Distaccare separare

Questo verbo specificamente si riferisce all’azione di distaccare le cozze, una per una, dalla “treccia” dei vivai alla quale sono aggrappate.

È la prima operazione che le massaie compiono dopo averle acquistate per prepararle alla cottura.

Successivamente le riscacquano, le privano dei peduncoli, ecc. Le operazioni sono lunghe, ma il risultato ripaga ampiamente.

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Spedecené

Spedecené v.t. = Spiluccare

Il verbo spiluccare porta a pensare all’azione di togliere gli acini di uva dal grappolo e mangiarli direttamente.

Specificamente l’azione descritta da spedecené è differente: levare, ad esempio, i piccioli dai pomodori, delle fragole, o delle mele, o anche i filamenti di bisso dalle cozze prima di aprirle o di lessarle.

Insomma i ‘frutti’ hanno bisogno di una operazione successiva, non sono di uso immediato come nel caso dei chicchi dell’uva.

Alla lettera significa: lué i pedeciüne = togliere i peduncoli, i piccioli.

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Specciàrece

Specciàrece v.i. = Sbrigarsi, affrettarsi.

Terminare un lavoro, concludere una trattativa, un affare. Liberarsi da un impegno.

Uagnü, specciàmece ca momò ce fé nòtte = Ragazzi, sbrighiamoci perché tra poco annotta.

Le nostre nonne, per estensione, indicavano il terminare dei giorni della gravidanza, partorire.

Geseppüne c’jì speccéte? Ch’o fàtte?= Giuseppina ha partorito? Cosa ha avuto?

Jògge me vògghje speccé sóbbete
 = Oggi voglio terminare presto (il mio lavoro)

Usato all’imperativo e alle prime tre persone dell’indicativo presente, si coniuga come se il verbo fosse spicciàrece, ossia si fa sentire la “ì”.

Esempi:
Spìccete! = sbrigati!
Quann’jì ca ce spìcce Frangìsche? = Quando finisce il lavoro Fracesco?
Jògge ca me spìcce te vènghe a truué = Nel pomeriggio, quando avrò cessato questo lavoro, verrò a farti visita.

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