Usato prevalentemente con valenza negativa: mala numenéte= cattiva reputazione.
Pòvere a chi töne ‘a mala numenéte = Guai ha chi ha una cattiva reputazione (anche se compie la più nobile dele azioni verrà sempre denigrato).
Quale sinonimo, di estrazione più antica perché di derivazione diretta dal latino, è il verbo mentué o mundué (←clicca) = nominare
San Francesco, nel suo cantico delle Creature, usa in volgare il verbo mentovare: «…et nullu homo ène dignu te mentovare» = …e nessun uomo è degno di menzionare, di nominare Te.
Ora questo verbo è usato solo dai Montanari, più tradizionalisti e conservatori in fatto di linguaggio.
Jì’ pe numenéte = Essere famoso (o famigerato) per il suo operato.
Tenì ‘na mala menduéte.. = Avere ‘una cattiva nomea, una cattiva reputazione.
Pieno di superbia, intrattabile, da lasciar perdere.
Alla lettera significa: che è pieno di nodi.
Immaginate i pescatori che calano una cima a mare. Se la corda non ha nodi, scorre bene tra le loro mani. Se invece è piena di nodi, si blocca ad ogni annodatura.
Così è il soggetto nudecüse, non gli va bene nulla e ogni minima parola blocca il discorso.
E’ padre o la madre di uno dei genitori, considerato rispetto ai loro figli.
Al maschile si pronuncia con la “o” stretta ‘u nónne, mentre al femminile si pronuncia con la “o” aperta. ‘a nònne.
Come vocativo si una dire nennó= il nonno, al maschile e nanò = la nonna, al femminile.
Nennó, quand’ànne tjine? = Nonnino, quanti hai hai?
Nanò, ho dìtte màmme: jògge vjine a mangé a chése = Nonnina, ha detto mamma: oggi vieni a mangiare a casa (nostra).
Nennó e nanò(= la nònne) si usano familiarmente col significato di persona anziana, spec. come vocativo affettuoso.
Per indicare uno dei propri nonni si dice nonneme. La “o” suna acuta per il maschile e grave per il femminile. Nónneme e nònneme =mio nonno e mia nonna.
Per indicare quelli di chi ascolta si dice nonnete, anche qui la pronuncia della “o” indica se si tratta del nonno o della nonna. Nónnete e nònnete = tuo nonno e tua nonna.
Nnüh!inter. = Ecco quà, come avevo previsto, prendi questo, che vi dicevo?, ecc.
Si pronuncia con la vocale prolungataNnüh!, che evidenzia il rafforzativo iniziale del monosillabo.
È una tipica esclamazione nostrana, brevissima e pronunciata con inflessione di sfida, in tutta risposta a proposte irrealizzabili. Si pronuncia anche mostrando qualcosa, qualche scena, qualche risposta inattesa quantunque prevedibile.
L’interiezione Nnüh è un po’ dauna. A Foggia dicono : Ané. Nel barese dicono Nah. Noi pronunciamo una doppia NN. Se volessi stravolgere ogni regola metterei ortografica anche tre consonanti!
Assume una connotazione volgare se accompagnata da un gesto inqualificabile. Immaginate il “tié!” romanesco pronunciato mentre si fa il gesto dell’ombrello…
Non sapete che cos’è il gesto dell’ombrello? Lo dico per i puri di cuore che non sanno molte cose della vita: il gesto indica sbrigativamente il posto esatto dell’avambraccio dove il nonno appendeva l’ombrello chiuso quando usciva e temeva di incontrare la pioggia. Si batte con il palmo di una mano la parte interna dell’altro braccio, mentre l’avambraccio si solleva col pugno chiuso. Il sollevamento dell’avambraccio vuole mimare l’atto di trattenere l’immaginario ombrello del nonno per evitarne lo scivolamento e la caduta. Ecco, spero di non aver offeso la vostra sensibilità.
– Che bell’ullòrge! Ma fé ‘ccànge? – Nnüh! (ombrello) = – Che bell’orologio che hai! Vuoi scambiarlo con il mio? – Ma cosa ti viene in mente?
Nnüh, guardéte ch’jì ca ce appresènde mò! = Accidenti, osservate chi, a sorpresa, sta facendo il suo ingresso nella nostra comitiva proprio adesso che non lo aspettavamo più ed avevamo fatto altri progetti senza do lui!
L’ho già ripetuto altre volte che il nostro dialetto ha una capacità di sintesi davvero mirabile. Basta un monosillabo per espremere un concetto di senso compiuto e ben articolato.