Mese: Maggio 2018

Facce-tìnde

Facce-tìnde sopr. = Faccia-tinta.

Mio padre, fabbro e meccanico di macchine agricole, era simpaticamente chiamato così dai suoi allievi/operai.

Faccia tinta, annerita dal fumo del carbone della forgia o dallo sporco lasciato dalla mano nel detergersi il sudore, non avendo avuto il tempo di usare il fazzoletto perché impegnato da impellenza lavorativa.

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Facce-canìgghje 

Facce-canìgghje s.inv. e agg. = Lentigginoso

Persona che ha la pelle cosparsa di lentiggini.

Le efelidi o lentiggini sono delle piccole macchie di colore giallo-bruno che si manifestano generalmente sulla pelle di persone di carnagione chiara e con capelli biondi o rossi.

Per similitudine vengono chiamate canìgghje perché le lentiggini sono simili nella forma e nel volume, proprio alla alla crusca.

Töne ‘a facce-canìgghje = Ha la faccia (e il corpo) lentigginoso.

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Fàcce-a-ppröve

Fàcce-a-ppröve loc.id.= Confronto diretto. chiarimento, controprova,.

Raffronto vis-à-vis tra due o più persone allo scopo di chiarire un equivoco,  un malinteso. Normalmente con intento pacifista.

Talvolta, più seriamente, per smascherare un bugiardo o individuare l’autore di qualche azione riprovevole. In questo caso raramente la cosa finiva lì. Una zuffa era già preventivata, faceva parte inevitabilmente del rituale combattivo del faccia-a-faccia.

Dopo gli anni ’60, non si avvertiva più la necessità di ricorrere a questo confronto  poiché il menefreghismo aveva cominciato a prevalere sulla suscettibilità personale, causa di dissidi e conflittualità insanabili.

Ora fortunatamente non si usa più contrapporsi con animo battagliero. Tizio ha detto su di te una cosa inesatta? E chi se ne frega!

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Fàcce de càzze

Fàcce de càzze loc.id. = Sfrontato

Scusate l’espressione colorita…

È usata correntemente in dialetto per definire qualcuno dalla faccia di bronzo, sfrontato, sfacciato, arrogante, insolente, impertinente, irriverente.

Le donzelle bene educate dicevano eufemisticamente: uhé, fàcce de cùrne! = ehi, faccia di corno!

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Fàcce 

Fàcce s.f. = Viso, volto, faccia.

Parte anteriore del volto umano, dalla fronte al mento.

I modi con cui è combinato il termine porta a numerosi significati, a varie sfaccettature (a proposito di faccia), perché si presta a una ricca polisemia.

Per esempio:

  • Pèrde ‘a facce! = Essere sfacciato, senza ritegno.
  • Nen tenì a facce ‘mbacce = Non vergognarsi.
  • Mètte ‘a facce ‘ind’u ruagne = Provare profonda vergogna.
  • Faccia möje! = Sentire profondo imbarazzo o disagio.
  • Che facce ca tjine! = Ma non hai ritegno a fare certe richieste?
  • Alla faccia töje = Detto a dispetto verso un invidioso.
  • Fàcce-a-pröve = Confronto diretto per verificare una divergenza
  • Tenì fàcce = Essere sfacciato
  • Nen tenì fàcce = Non agire per timidezza
  • Fé döj fàcce = Essere falso
  • Jèsse faccia storte = Mostrarsi ambiguo
  • Fé a faccia storte = Non nascondere un insuccesso, un’umiliazione.
  • ‘Mbàcce = In faccia, di fronte, a cospetto
  • Menarece ‘mbàcce = Inveire, reagire con improperi anche per una inezia.
  • Fé ‘mbacce ‘u nése = Eufemismo, per un sonoro vaffa..
  • Tenì ‘a facce de càzze = Essere privo di ritegno nelle richieste esose o reiterate.

Chissà quante “facce” mancano ancora all’appello!

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Evògghje 

Evògghje avv. = Certamente, Sicuro, Altroché, Magari

Esiste ancora l’antica variante “Avìsse vògghje!” = Avessi tu tanta voglia (di farlo), volessi farlo! Potrai avere pieno soddisfacimento.

E’ una risposta ovvia e positiva ad una qualsiasi domanda proveniente dall’interlocutore.

Giuà, te piàcene i ciammarüche? Evògghje! = Giovanni ti piacciono le lumache? Altrochè!

Ma a ‘stu pajöse ce jüse a ballé de Carnevéle? Avìsse vogghje! = Ma a questio paese si usa ballare a Carnevale? Avessi tu voglia (di ballare)!

Canusciüte alla mamme de Frangische? Evògghje! = Conoscete la madre di Francesco? Certamente.

Talvolta, usato in antifrasi, esprime ironicamente una risposta di significato opposto.
Mattöje ce jàveze sóbbete a matrüne? Evògghje…= Matteo si leva presto la mattina? Certo!

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Èrve 

Èrve s.f. = Erba

Erba in genere.

Si intende principalmente quella spontanea dei prati sulla quale si mandano a pascolare le bestie o per ricavarne biade.
I pascoli coltivati a scopo foraggiero, producono l’èrva mèdeche = erba medica(Medicago sativa)

Le erbe campesti raccolte per uso commestibili (rucola, bietoline, cicorie, borragine ecc.) sono chiamate genericamente fògghje (non fronne) = foglie.

Il termine generale include anche le alghe che finiscono nella rete a strascico nelle batture di pesca.

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Érre-ghjàh!

Érre-ghjàh! escl. = Arri indietro!

Incitamento rivolto agli animali da tiro o da soma per farli arretrare nelle manovre di accostamento al punto di scarico, o per posizionarli fra le stanghe del carretto.

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Énótele 

Énótele agg. = Inutile, è inutile.

Che non offre alcun vantaggio, che non è di alcuna utilità;
riferito ad un attrezzo: che è inservibile;
riferito a una persona: che è un fannullone, meschino, gretto, inadatto a vivere nella società.

Enótele ca parle. Jüje fazze a chépa möje = È inutile che parli. Io agisco di testa mia.

I ragazzi moderni pronunciano inótele, in forma simil-italiano. Lo accettiamo?

Tenghe jind’u garéce ‘na fatte de scerpetìgghje inótele = Ho nella rimessa una serie di oggetti inutili.

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Enjinde 

Enjinde inter. = Non è cosa da niente!

Esclamazione di stupore, di incredulità, come per dire: “è niente al confronto”, “non hai idea di come sia”, “non c’è niente di simile”, ecc.

Agghje vìste ajire n’àrve de castagne. Enjinde quant’jöve jìrte = Ho visto ieri un albero di castagne. Non hai idea di com’era alto.

Con lo stesso significato si dice anche Éfèsse jì = non è cosa da nulla, è ben rilevante.

Efèsse jì, cüme böve Giuanne: jì proprjo ‘nu ‘mbriacöne! = Accidenti come beve Giovanni: è proprio un ubriacone.

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