Mezzafèmene

Mezzafèmene agg. e s.f. = Effeminato

Che ha aspetto o atteggiamenti poco virili; soggetto eccessivamente curato e lezioso. Non è detto che costui sia pederasta o gay.

Può succedere che commessi di biancheria femminile o parrucchieri per signora, a furia di contattare una clientela formata da sole donne, imitino inconsciamente i loro atteggiamenti, il loro modo di parlare e i loro discorsi.

Alla lettera significa “metà donna”: ho sentito dire anche mezza-figghjöle = mezza figliola.

‘U vüte accüme ce vèste? Assemègghje a ‘na mèzza-fegghjöle = Lo vedi come si veste? Sembra un effeminato.

Alcune di queste persone possiedono un notevolissimo senso estetico: altrove diventavano ballerini o stilisti (Schubert, il primo stilista italiano, Nureyev, Armani, Valentino, Versace, ecc.) Da noi erano chiamati ad addobbare, dietro modesto compenso, le vetrine di qlc negozio alla moda, o a sistemare il corredo della sposa in esposizione prima della ‘consegna‘, incombenze che eseguivano con un gusto veramente ammirevole.

Ripeto, non è detto che queste persone siano omosessuali. È l’atteggiamento che li ‘condannava’ nel secolo scorso.

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Mezza-škanéte

Mezza-škanéte s.f. = Mezza-pagnotta

Pesante asse di legno a forma di semicerchio, spesso 10 cm e del diametro di almeno 50 cm.

Usata dai sarti come appoggio per stirare gli angoli difficili di un indumento in lavorazione.

Viene chiamata anche mezza-lüne = mezza-luna dalla sua forma semicircolare.

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Mezza-sègge

Mezza-sègge s.f. = Sediolina

Si tratta di una sedia da adulti con i piedi piuttosto bassi. Era usata per eseguire lavori di sartoria, perché consentiva alle donne di accavallare le gambe per sostenere il tessuto in lavorazione.

Allora le donne di coscia lunga erano rarissime.

Ricordo di aver sentito anche la versione sedjöle = seggiolina

Ricordo mia nonna che nelle sere d’estate poneva un telone sul marciapiedi davanti l’uscio di casa sua. Poi si accomodava sulla mezza-sègge e raccontava bellissime favole a noi marmocchi, nipoti e vicini, seduti sul telone intorno a lei.

(Foto di Bruno Mondelli. Sediolina degli  anni ’30 originale di fattura artigianale, appartenuta ai suoi nonni)

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Mèzza-scolle

Mèzza-scolle s.f. = Fazzoletto da testa.

Era un fazzoletto un po’ più grande di quelli da naso. Le nostre nonne lo piegavano lungo la diagonale e lo annodavano al capo. Serviva principalmente per raccogliere i capelli (rigorosamente lunghi all’epoca) durante il sonno.

Questa specie di bandana raccoglieva i capelli durante le operazioni di impasto del pane o delle orecchiette per evitare cadute accidentali di capelli nella farina.

Talvolta, quando le donne avevano mal di testa, invece di ricorrere ai farmaci (‘a cibbaggiüne = Cibalgina), non sempre reperibile, si annodavano la mèzza-scolle un po’ stretta intorno alla testa. Forse funzionava meglio dell’Aulin o dell’Oki.

Alla lettera mèzza-scolle, significa mezza cravatta. Forse perché il fazzoletto veniva ripiegato in questo caso fino a formare una benda, lunga la metà di una cravatta, per stringere la fronte.

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Mezza-parendöle

Mezza-parendöle s.f. = Lontana parentela

In dialetto, alla lettera, significa “mezza parentela”…l’altra metà si è perduta per la scarsa frequentazione di persone apparententi alla stessa famiglia.

Possono essere mezzi parenti i prozii diretti (fratelli del nonno) o acquisiti (il/la loro consorte, ossia i cognati del nonno). Ancora più lontani i procugini (i genitori sono cugini).

‘U sé ca pe Frangìsche tenüme ‘na mezza-parendöle? = Lo sai che con Francesco abbiamo una lontana parentela?

Qualcun altro direbbe: Pe Frangìsche süme strazza-parjinde = Con Francesco siamo parenti alla lontana.

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Mètte-sotta-pjite

Mètte-sotta-pjite loc.id. = Maltrattare

È un modo di dire nostrano per indicare un abuso, un prepotenza, una vessazione, un po’ come è spiegato dal termine moderno mobbing.

Il significato letterale è: mettere sotto i piedi. Chiaramente nessuno calpesta materialmente con le suole delle scarpe un malcapitato. Caso mai lo fa figuratamente, come graziosamente usano fare i prepotenti, i quali sono forti con i deboli, ma deboli con i forti…. Vigliacchi.

Viene usato talvolta come affettuoso rimprovero materno verso la figliola usa cambiarsi spesso d’abito.

Te sté mettènne tutte cöse sotta-pjite… = Stai usando tutti i tuoi vestiti…(cioè è meglio che ne serbi uno per una circostanza più adatta!)

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Mètte ‘i Sànde espòste

Mètte ‘i Sànde espòste loc.id. = Mettere i Santi esposti.

Modo di dire efficace e immediato che significa: far ricorso a personaggi influenti per ottenerne favori o raccomandazioni.

Alla lettera significa ‘esporre i Santi’, o meglio, in un italiano più corretto: disporre i simulacri dei Santi, come avviene nelle Chiese, affinché tutti possano riconoscere le loro virtù e sappiano quanto siano influenti nell’intercedere per essi.

So’ jüte mettènne ‘i Sànde espòste pe trué düje begliètte alla partüte = Mi son dovuto raccomandare a persone influenti per procurarmi due biglietti per assistere all’incontro di calcio (evidentemente i biglietti erano andati a ruba).

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Mètte ‘a vunnèlle

Mètte ‘a vunnèlle loc.id.= Soggiogare

Alla lettera significa mettere la gonna.

Beh, allora si poteva dire: indossare, o far indossare la gonna!

No! Il significato è simile alla locuzione italiana: “in casa i pantaloni li porta lei”! Ossia il capo famiglia ha ceduto le chiavi di comando alla gentile consorte, che porta avanti la baracca, o perché sa cavarsela meglio o perché è più autoritaria su un marito evidentemente remissivo.

Quindi si tratta di un’azione figurata che significa assoggettare, soggiogare: “rendere sottomessa una persona anche con energici mezzi coercitivi fisici o psicologici.
Oppure tenere in proprio dominio la  mente di qualcuno, esercitando un’influenza, o un fascino irresistibile; affascinare con modi suasivi, con la bellezza, la grazia” (De Mauro- Il dizionario della lingua italiana).

Allora, in riepilogo: o portare i pantaloni lei, oppure mettere la gonna a lui, il risultato è il medesimo.

Povere a jìsse! La megghjöre l’ho mìsse ‘a vunnèlle. = Poverino, la moglie lo ha soggiogato.

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Mètte

Mètte v.t. = Mettere

E’ uno di quei verbi tuttofare che può essere sostituito, per una maggiore proprietà di linguaggio, con altri verbi.

Infatti, a secondo di come va la frase, puo usare:
Porre, collocare, disporre, applicare, aggiungere, inserire, infilare, indossare, installare, e forse altri.

Nel nostro dialetto ha un significato in più: nella forma riflessiva significa fare di cognome.

Mimì Jajanne ce mètte Carmöne = Mimmo, il figlio di Jajanne, fa di cognome Carmone.

Tonü’, ne m’arrecorde, tó accüme te mìtte? = Tonino, non mi ricordo, qual’è il tuo cognome?

‘U nöme müje jì Bartelumöje e me mètte Guèrre. = Il mio nome è Bartolomeo, e il mio cognome è Guerra.

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