Scarciòfele

Scarciòfele s.f.. = Carciofo

Pianta rizomatosa perenne, con infiorescenza a capolino, che, quando è in boccio, produce un gustoso ortaggio. In pratica è un fiore quello che mangiamo.

Famiglia Asteracee, genere Cynara, specie cardunculus scolymus..

Apprezzatissimo, quest’ortaggio versatile può prepararsi in mille modi.

Quello che mi ha incuriosito e sorpreso è il carciofo alla brace. Si allargano le foglie e si pone il carciofo sulla griglia a testa in giù. Poi si spiluccano le foglie ad una ad una intingendole in olio. Il carciofo ai ferri non sazia, perché la parte edule è scarsa, ma dà la sensazione di mangiare bruscolini.

Non chiamateli carciöfe per favore. O “i scarciòfele”, alla mambredunjéne, o “i carciofi” in italiano.

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Scaramöne-a-pallotte

Scaramöne-a-pallotte s.m. = Scarabeo stercorario

Insetto del genere Geotrupe (Geotrupes stercorarius) dal corpo tozzo caratterizzato da rivestimento coriaceo di colore scuro e lucido. La testa, enorme, sembra quasi staccata dall’addome, come la motrice di un TIR dal suo rimorchio.

E’ copròfago (= che mangia gli escrementi di bovini ed equini, puah!). Il suo habitat naturale si estende sulla fascia delle dune sabbiose.

La bestiolina è attiva nelle ore più calde della giornata. Grazie all’odorato va alla ricerca di sterco, che raccoglie formando una pallina che poi fa rotolare con le zampe posteriori fino all’imboccatura della tana.

La “polpetta” viene consumata subito ma, all’epoca giusta, funge anche da incubatrice per le uova, in modo che alla loro schiusa, le larve trovino alimento pronto e possono penetrarla fino al loro sviluppo completo.

Ho fatto una profonda ricerca e mi sono fatto una bella cultura di merda!

Quando vediamo qualcuno indaffarato a svolgere un’attività che richiede grandi sforzi muscolari, lo si paragona a nu scaramöne attórne alla pallòtte.

Il lettore Enzo Renato mi suggerisce che questo animaletto era popolarmente conosciuto anche con il simpatico nome di Papà-Giuànne = Papà-Giovanni.

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Scaramöne

Scaramöne s.m. = Scarafaggio, blatta

Lo scarafaggio (Blatta orientalis) è un insetto della fam. Blattoidea tra i più comuni e fastidiosi, capaci di nutrirsi di ogni tipo di alimento ed in caso anche di una grande varietà di materiali organici.

Vivono generalmente nelle case più vecchie e fatiscenti.

Sono attivi principalmente durante la notte, mentre di giorno si riparano nelle crepe dei muri, intercapedini soprattutto in cucine, bagni, perché prediligono i luoghi umidi.

Al plurale fa scaramüne. Il nome deriva dal greco skarabos.

L’unico modo per combatterli una volta era quello di rincorrerli e schiacciarli con la suola della scarpa… (ózze!). Con l’avvento delle truppe alleate alla fine della guerra, si sono diffuse nella città delle bombolette spray di insetticidi al DDT, e una puzzolentissima polvere (‘a pòlve ‘i scaramüne) che si spargeva sul pavimento, agli spigoli con le pareti.
Ora si adopera, nei rari casi si infestazione domestica di formiche e scarafaggi, l’efficientissima Baygon, polvere e spray (scusare la réclame).

Mi viene in mente il notissimo proverbio napoletano: Ogne scarrafone è bella a mamma soja = ogni scarafaggio (per quanto ripugnante) è bello a(gli occhi di) mamma sua

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Scapulé

Scapulé v.i. = Cessare di lavorare

Chiudere la giornata di lavoro.
Smettere di lavorare o studiare, uscendo di bottega o da scuola

Jògge scapuléme chjù tarde, c’hamma fenèsce d’appezzeché ‘i màneche = Oggi cessiamo più tardi (di lavorare), ché dobbiamo ultimare di attaccare le maniche (al vestito)

Qlcu pronuncia scapelé.

È un verbo che viene dritto dal latino excapulare ossia: EX = fuori e CAPULUM = cappio. Quindi excapulare = uscire dal nodo, sciogliersi, liberarsi, venir fuori.

(Ringrazio il Prof.Gaspare Cirròttola per avermi fornito l’etimologia di questo verbo).

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Scappellàrece

Scappellàrece v.i. = Scappellarsi

Oltre al significato letterale di salutare togliendosi il cappello, in segno di ossequio o di deferenza, significa anche fare il leccapiedi a qualche pezzo grosso per ottenere favori per sé o per altri.

Me so’ jüte a scappellé per fàrete trué ‘nu poste! = Sono andato ad umiliarmi per farti avere un impiego, un lavoro.

Ejü mò m’agghja jì a scappellé mbàcce a jìsse? Ma mànghe ‘na vòlte!= Ed io ora dovrei andare a inchinarmi davanti a lui (ossequiarlo)? Ma nemmeno per sogn

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Scappé a sunne

Scappé a sunne loc.id. = Prolungare il sonno.

Dormire oltre il tempo stabilito, non sentire la sveglia, saltare un appuntamento a causa del mancato risveglio.

È una scusa bonariamente accettata dall’interlocutore allorquando ci si presenta con ritardo all’appuntamento mattiniero.

Cum’jì, à scappéte a sunne? = Com’è, non hai sentito la sveglia?

Scüse se t’àgghje fatte aspetté: stamatüne sò scappéte a sunne = Scusa se ti ho fatto attendere, ma stamani non mi sono svegliato in tempo.

Dagli esempi avete notato che si possono usare indifferentemete gli ausiliari essere e avere.
Si può dire:Sò scappéte a sunne oppure, indifferentemente: àgghje scappéte a sunne.

Ringrazio il lettore Michele Murgo per il suggerimento

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Scapparecìnne

Scappàrecinne v.i. = Fuggirsene

In siciliano, voce ormai accettata anche dal Vocabolario Zingarelli, dicesi fuitina, scappatella.

Vale qui quello che ho spiegato con menàrece jìnde, che vi chiedo di visitare cliccando qui.

La differenza tra menàrece jìnde e scapparecìnne è solo sul luogo dove si consumava l’atto d’amore, ossia se esso avveniva nel domicilio della fanciulla (jìnde = dentro casa sua) o fuori di esso, presso compiacenti ‘complici’ che fornivano loro una camera temporaneamente, fintantochè le cose si fossero appianate con il ritorno a casa dei due colombi ‘fuggitivi’.

Se pàtete nen völe, scappamecìnne! = Se tuo padre non vuole, fuggiamo via insieme!

Quando io ero proprio piccino, e sentivo che due fidanzati se ne erano scappati, immaginavo un inseguimento per le vie di Manfredonia!…Gli sposi avanti che correvano e le guardie o i genitori di entrambi dietro di loro, come nelle comiche dei film di Charlot! ? ?

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Scapezzé

Scapezzé v.intr. = Sonnecchiare

Deriva da capèzze, briglia.

Scapezzé significa propriamente scrollare il capo, come fa il cavallo quando vuole liberarsi della cavezza.

Questo gesto, trasferito all’uomo, ricorda il sonnellino “rubato” stando seduti sulla sedia, con il capo che improvvisamente cede al sonno e ciondola in avanti.

Me sò fatte ‘na scapezzéte = ho fatto una dormitina.

A volte il sonno si fa proprio recandosi a letto, non sulla sedia, come una pennichella pomeridiana. Allora assume il nome di (clicca→) fiurètte.

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Scapecerréte

Scapecerréte agg. = Scapestrato

Scapestrato, ribelle, agitato.

Significa anche scarmigliato, scompigliato, trafelato, scapigliato, scomposto.

Spettinato a causa del vento; scomposto a causa di una fatica o di un litigio

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Scannàgge

Scannàgge s.m. = Mattatoio

Il locale Mattatoio Comunale era chiamato in dialetto scannàgge, sostantivo derivato dal verbo scanné = sgozzare.

Un po’ inquietante questo verbo, perché comprendeva un’azione cruenta, eseguita manualmente con l’impiego di coltellacci.

Quindi scannagge significava inizialmente l’atto della macellazione, e poi il sito dove essa avveniva.

La costruzione fu usata come carcere per prigionieri politici e attualmente per alcune attività comunali o filantropiche (Avis, Deposito mezzi della nettezza urbana, raccolta rifiuti ingombranti, ecc.).

Per burlarci di qualcuno dichiaravamo che il Mattatoio aveva bisogno di operai con dei secchi per andare a “jetté ‘u sanghe” = buttare il sangue. Questa perifrasi significa semplicemente “morire”… Ma il poveretto lo capiva a scoppio ritardato, dopo la nostra risata, che si trattava di uno scherzo innocente.

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