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Pruffìdje

Pruffìdje s.m. = Ostinazione, litigio, dissidio

Quando le idee di due o più persone non collimano, sorge ‘nu pruffìdje, un dissidio.

Pe ‘nu pruffidje, n’ate pöche ce dàvene de méne = Per un litigio per poco non arrivavano alle mani.

I soggetti litigiosi o che contestano qls argomento, ostinati nelle proprie convinzioni,  sono detti pruffidjüse (al femminile pruffidjöse) o punjüse.

L’aggettivo pruffedjüse e il sostantivo pruffìdje deriva dal verbo  pruffedjé = contestare, irrigidirsi nelle proprie opinioni, non accettare dissensi, ritenersi inconfutabili custodi della verità

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Prüse

Prüse s.m. = Cantero, vaso.

Vale quanto scritto per ruagne, che è un suo sinonimo

Da Prüse = Raccoglitore di cacca, deriva Preséte = Cacca

Viene usato quale epiteto contro le persone anche in modo offensivo:

Uhé, ‘stu prüse fetènde! Se vènghe allà, te sguàrre! = Ehi, questo vaso pieno di merda, se vengo là ti spacco in due metà.

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Pu sànghe all’ùcchje

Pu sànghe all’ùcchje loc.avv. = Rabbiosamente, irosamente, furiosamente

Il significato letterale ‘con il sangue agli occhi’ denota qlu che versa in uno stato di agitazione, quando è accecato dall’ira (fig. con gli occhi iniettati di sangue).

Ce l’agghje dìtte quàtte p’u sànghe all’ùcchje = Gliene ho cantate quattro, stizzosamente, collericamente, senza alcun ombra di scherzo.

In italiano si potrebbe usare la loc.avv. ‘a muso duro’, ma non è altrettanto efficace.

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Pucchéte

Pucchéte int. = Peccato!

Si usa per esprimere rincrescimento,commiserazione, rammarico, dispiacere, disappunto.

Sovente anche la locuzione Chippucchéte = Che peccato!

Anche sarcasticamente indirizzata a qlcn che vuol far credere di aver commesso una cazzata…ma in buona fede.

Ca je so pucchéte = Che io sono commiserevole, bisognoso di comprensione, di tolleranza, di scusanti, di compassione perché in condizioni di forte inferiorità (fisica o intellettuale).

Il termine “peccato”, quando non è usato in queste locuzioni, ma come sostantivo, si pronuncia pecchéte.
Tènghe ‘nu pecchéte all’àneme = Ho un peccato sulla coscienza anche in senso figurato, come per dire di aver giudicato male, di aver sospettato di qlcu che invece è incolpevole.

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Püle

Püle s.m., s.f. = Pelo,pila,abbeveratoio.

1) Püle s.m. = Pelo. Struttura sottile e filamentosa presente sulla pelle dell’uomo e dei mammiferi. Si intende anche la capigliatura, specie nelle minacce.

Se vènghe allà, t’angàppe pe püle = Se vengo vicino a te ti afferro per i capelli.

Figuratamente quando qlcu dice che è attratto irresistibilmente dal pelo, manifesta le sue tendenze di donnaiolo. In questo caso è evidente la forza di attrazione che esercita il pelo di donna che tira i bastimenti a mare.

2) Püle s.f. = Pila. Generatore di corrente elettrica continua per la trasformazione di energia chimica in energia elettrica.
Tipo di pila a secco, con involucro metallico per lo più cilindrico o a forma di parallelepipedo, per alimentare piccoli apparecchi elettrici.

3) Püle s.f. = In italiano dicesi pilo, al maschile, e significa Acquasantiera o Fonte battesimale, conca, vasca in genere di pietra o di marmo. (Derivati: Pilozzo e Baciapile, religioso all’eccesso)

Da noi si intende una sorta di abbeveratoio per le bestie formato da un parallelepipedo rettangolare di pietra, scalpellato fino ad ottenere una specie di vasca da bagno, posto vicino al pozzo nelle campagne, usato per far dissetare le bestie da soma, le mandrie dei bovini e i greggi degli ovini.

Mio padre ne aveva una, nella sua bottega di fabbro, di media grandezza sempre piena di acqua. La usava per temperare i vomeri e le punte dei picconi dei tufaroli dopo averli stornati, cioè ridato il taglio martellandoli a caldo sull’incudine, e raffreddandoli repentinamente.

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Puleciüne

Puleciüne s.m. = Pulcino

Piccolo della gallina e dei gallinacei domestici.

Qlcu pronuncia anche pruciüne, che certamente è un termine più antico, non contaminato da un dialetto simile all’italiano. Ponete me fra quelli che usano il termine antico perché lo prediligo.

Quando il pulcino cresce viene chiamato peddàstre = pollastro. Non è ancora adulto, tanto da potersi riprodurre. In questa fase della sua vita mangia in continuazione.

Poi diventa jaddüne (in versione moderna jallüne)= gallina, tenuta in vita fintantoché depone uova e/o le cova: dopo finisce in pentola. Se è maschio, si chiama jallócce = galletto, gallo.

Fino agli anni ’50 alcune famiglie che abitavano ai pianterreni allevavano in casa questi pennuti. Si tenevano dentro una stia, ‘u caggellöne =  il gabbione. La mattina si poneva la stia davanti all’uscio di casa e si liberavano a razzolare sulla pubblica via. Docilmente a una cert’ora autonomamente i peddastre rientravano nella stia e poi la padrona di casa la portava dentro, al coperto, fino all’indomani.

È ammessa la versione pruciüne .

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Pulezéne

Pulezéne top. = Pulsano

Amatissimo sito dei Manfredoniani, posto sul Gargano a pochi km dall’abitato, cui si accede attraverso il famoso tratturo: ‘u trattüre de Pulezéne.

Pulsano è anche il nome di una cittadina in Prov. di Taranto.

Pulsano sul Gargano è una Abbazia antichissima, fondata da San Giovanni de’ Scalzonibus (moderno Scalcione) di Matera intorno all’anno 1100.

L’Abbazia fu depredata nel 1966 di un’icona bizantina del XII secolo, molto simile a quelle coeve (Siponto, Trani, Monopoli, ecc.), che non fu mai più ritrovata.

Per secoli abbandonata, ora, grazie ad una comunità religiosa ivi insediata, sta ritornando ad essere un forte richiamo spirituale per i pellegrini diretti al Gargano.

Uno “storico” locale  fece risalire il nome Pulsano a un prodigio avvenuto per merito dell’intercessione della Vergine ivi venerata: la guarigione di una persona nata con il polso lussato: quindi polso sano = polsano = Pulsano. Io andrei cauto su questa spiegazione.   Lo stesso autore attribuì il toponimo Zapponeta alla straordinaria feracità del terreno (come dire: zappa-monete, ossia se tu zappi, se tu lavori, il terreno frutterà tanto da arricchirti come se coltivassi monete, magari d’oro…)

Quel signore era sicuramente dotato di una fevida fantasia creativa!

A settembre noi ragazzi andavamo a piedi a Pulezéne più per evasione e per attrazione verso le pulzelle che per richiamo religioso. Ma eravamo monelli.

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Pulezzé

Pulezzé v.t. = Pulire

Liberare qlco. dallo sporco. Sin.: lavare, smacchiare, sgrassare, nettare, ripulire, mondare, candeggiare, detergere, lucidare, disinfettare, depurare, spolverare, spazzolare.

Esiste anche la forma riflessiva pulezzàrece = pulirsi, lavarsi, curare l’igiene personale, togliersi lo sporco di dosso.

Qualche soggetto, fortunatamente pochi, sozza o che non bada alla pulizia di casa, è detta ‘a muffarde al femminile e ‘u mufföne al maschile.

A proposito di muffarde. Si racconta di una signora che un tiepido e soleggiato mattino di primavera, sull’uscio di casa si vantò con la sua vicina: Ah, stamatüna m’agghje fatte ‘na bella lavéte de fàcce! = Ah, ho approfittato del tepore primaverile per darmi una bella lavata al viso!

Immagino che le altre parti del corpo siano rimaste sozze quella mattina, nonostante il calduccio, e che per tutto l’inverno non avesse mai usato detergersi….

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Pulezzüje

Pulezzüje s.f. = Pulizia, polizia

Il termine si presta a dare due significati. Il contesto stabilisce se si tratta di pulizia o di polizia.

Nel primo caso pulezzüje deriva da pulezzé = pulire, fare pulizia, nettare, spolverare, ecc.; l’altro è una dialettizzazione del termine italiano “polizia”. In epoca fascita era chiamata “milizia”, specificamente quella stradale, temuta dai rari automobilisti e dai camionisti per la intransigente severità dei suoi agenti.

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Pumparüje

Pumparüje s.f. = Ostentazione, pompa

Esibizione, vanteria, finzione, simulazione.

Insomma fumo negli occhi, mostrare esibire, ad esempio, una dote morale che non si ha.

Taluni vivono per apparire e non per essere se stessi. Fanno vedere i fronzoli quando non c’è sostanza.

Dare da bere, metaforicamente, un’educazione, una cultura, una sensibilità che non si ha.

So’ tutte pumparüje

Mi viene a mente una poesia studiata alle Medie, “Egoismo e carità” (L’alloro e la vite) di Giacomo Zanella:
….
“Odio l’allor, che quando alla foresta
le novissime foglie invola il verno,
ravviluppato nell’intatta veste,
verdeggia eterno,
pompa dei colli”

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