Scanna-cavalle s.m., sopr. = Addetto alla macellazione degli equini.
Nome di mestiere diventato sprannome.
Ma il Mattöje Scanna-cavalle che conoscevo io faceva il falegname.
Nome di mestiere diventato sprannome.
Ma il Mattöje Scanna-cavalle che conoscevo io faceva il falegname.
Intimidire, far soffrire a causa di un evento o di un atteggiamento pericoloso o preoccupante.
Indurre qualcuno ad abbandonare, magari anche avvalendosi di minacce, cattive abitudini o tentazioni o atteggiamenti negativi.
Tante jì stéte ‘ncudda ‘ncudde ca l’ho scangrjéte a quedda puverèlle = Tanto l’ha assillata che ha atterrita quella poverina (che certamente lo eviterà sempre ‘stu desgrazzjéte).
Esiste anche la forma riflessiva scangrjàrece = ricredersi, pentirsi, scuotersi, cambiar atteggiamento per delusione o per ravvedimento.
Disabituarsi, abbandonare consuetudini, volontariamente o per trauma o anche per costrizione.
Come dire togliere una cancrena, togliere il marcio. Un intervento deciso e radicale.
Nannètte c’jì rumaste scangrjéte dau züte e mò nen ne völe sapì = Annetta è rimasta sgomenta dal suo fidanzato e ora non ne vuole più sapere (di trovare marito; atterrita da quel soggetto, preferirà vivere da single: ma che le ha fatto quel mascalzone?).
Per caso, accidentalmente, imprevedibilmente, fortuitamente.
Quando accade un evento favorevole in maniera sorprendente. Chissà com’è stato…
Si usa la locuzione avverbiale de scangiüne o pe’ scangiüne.
‘U Meléne ho fatte códdu gòlle pe’ scangiüne e ho pareggéte.= Il Milan ha segnato quel gol fortuitamente e ha pareggiato.
Esaminare, cercare di conoscere qlco. approfonditamente
Qlcu dice scanegghjé o scanigghjé confondendo la radice con canìgghje, = crusca.
Credo invece che il termini derivi da “scandagliare”: sondare, cercare di capire la profondità dei fondali servendosi di un peso, per lo più di piombo, assicurato ad una sagola che si cala in mare.
Ovviamente come linguaggio figurato per capire l’andamento dei fatti altrui.
Scampo (Nephrops norvegicus)
Crostaceo con corpo allungato e tubulare, di colore arancio.
La parte anteriore è costituito dalla fusione testa-torace ricoperta dal carapace. La parte posteriore (addome) è costituita da 6 parti mobili terminanti a coda a ventaglio.
Ha due chele lunghe e sottili.
Ottimo in umido quale componente della zuppa di pesce.
A jallüna muffarde jéve a’ mègghja sorte
La gallina sciattona ha la sorte migliore.
Ossia: ad una ragazza trascurata il destino stranamente riserba l’uomo ideale (ricco, bello, premuroso, fedele, ecc.).
Anticamente le mamme facevano di tutto per insegnare alle loro figlie a diventare delle ottime donne di casa addestrandole ad essere linde, servizievoli, (‘a pulezzüje de’la chése ) a saper cucinare, stirare, rammendare, ecc., per essere di gradimento per il loro uomo, che di solito , nella fantasia delle mamme doveva essere ricco nobile e bello.
Si mormorava questo detto quando capitava che siffatto uomo si innamorava di una ragazza che non ne voleva sapere di fare la vita di casa.
Specificamente si riferisce alle precipitazioni atmosferiche (pioggia, grandine, neve) che cessano, che hanno termine, o quanto meno che calano di intensità
Chjöve angöre? No ho scambéte = Piove ancora? No, ha cessato.
Aspettéte ca scàmbe e po’ ve ne jéte = Aspettate che cessi (la pioggia) e poi potrete andarvene.
Etimo: spagnolo escampar; latino ex-campo .
Scalvacché v.t. = Scavallare
Scalvacché ‘i jàmme = scavallare le gambe, riportare le gambe accavallate in posizione parallela.
Me vògghje fé scavalché ‘u njirve = Mi voglio far scavallare il nervo (che mi provoca dolore muscolare)
Vedere ‘Ngalvacché
Grande scala a pioli, per potare gli alberi di ulivo o anche ampia gradinata.
Mi hanno chiesto: “Scalöne? ma non era il soprannome della famiglia Racioppa?”
Sì, in effetti, ma non del ramo dei Racioppa i fabbri.
In italiano l’aggettivo si riferisce qlcu che si butta con foga a fare qlco con un comportamento esagitato ed eccessivo.
In dialetto si riferisce specificamente solo al modo di mangiare con avidità e ingordigia, in fretta e senza soste, come se si fosse affamati molti giorni.
Insomma non è per niente calmo.
Presumo che scaleméte deriva da “scalmo”, caviglia di ferro piantato sul bordo di un battello a remi per servire di appoggio o di punto fisso al remo. Io immagino che ‘scalmanato’, inteso come sostantivo, sia quel rematore così esagitato da far sfilare i remi dagli scalmi del suo natante. Ovviamente prendetela con le pinze, perché l’etimologia da me attribuita al termine è del tutto fantasiosa e priva di ogni fondamento filologico.
Mi piace tuttavia immaginare una persona che non vede l’ora di toccare terra con la sua barchetta, e dà di remi con tutte le sue forze per giungere a casa a riempirsi lo stomaco…