Pacciarüje

Pacciarüje s.f. = Pazzia, follia

Condizione di chi è affetto da malattia mentale, associata ad atteggiamenti abnormi, e spesso violenti.

Per estensione, ma con valore attenuativo, descrive un’azione o un discorso che rivela imprudenza e/o bizzarria, stravaganza.

Quàcche jurne jà fé ‘na pacciarüje e me vèste da màškere = Qualche giorno debbo fare una follia e mi vesto in maschera.

Me fazze venì a pacciarüje e mènghe mazzéte de cechéte a tutte quànde = Mi faccio venire la pazzia e dò botte da orbi a tutti.

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Paccègne (alla)

Paccègne (alla) loc.avv. = pazzamente, follemente

Alla maniera dei pazzi, senza alcuna logica.

Quando qlcu prende una decisione avventata, senza alcuna coerenza, si dice che fé i cöse alla paccègne = fa cose da pazzi, agisce come un folle.
Si può anche dire, con leggera variante: alla paccègna manöre = alla maniera dei pazzi.

Questo qualcuno potrebbe definirsi mupacchjöne, e di conseguenza agisce alla mupègne.

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Pàcce assaljéte

Pàcce assaljéte loc.id. = Pazzo esagitato.

Tra i diversi modi di definire una persona folle, c’è questo assaljéte che forse significa esaltato, sfrenato, turbolento, irrefrenabile.

La locuzione è invariabile, al maschile, al femminile, al singolare e al plurale. Cambia solo l’articolo che determina il genere e il numero di assaljéte.

La locuzione può calzare nella definizione di una persona, sana di mente, ma in uno stato di eccessiva eccitazione, o di parossismo.

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Pàcce

Pàcce agg. e s.inv. = Pazzo

Che ha perduto la ragione.

Assì pacce = Diventare pazzo, psicopatico, impazzire.

Mo me fazze pegghjé da pacce = Agisco come un folle, in modo che gli altri mi prendano per pazzo.

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Piócce

Piócce agg., s.m. = Sempliciotto, trasandato

Piócce, secondo me, è il diminutivo di Pio.
Sarebbe come dire:
Felócce = Raffaelluccio o Felicino o Felicetta;
Pavelócce = Paoluccio, Paolino.
‘Ndeniócce = Antoniuccio;
Mattiócce = Matteuccio, Teuccio;
Peppócce o Peppózze = Beppuccio, Peppino, Giuseppino:
Pascócce = Pasquina;
‘Calócce = Micheluccio, Micheluzzo, Michelino;
‘Cailócce = Michelina, Micaela. E così via.

Il nome proprio Pio era diffuso, almeno inizialmente (ora anche altrove), per lo più S.Giovanni Rotondo, e per questa stessa origine, a torto, veniva associato da noi – presuntuosi abitanti della “marina” – a un tipo un po’ sempliciotto, o trasandato nel vestire.
D’altronde questi pellegrini che si muovevano a piedi o con carretti non erano certo modelli di eleganza.
L’equazione era questa: Pio = Sangiovannaro = montagnaro = trasandato.
Quindi Pio = trasandato. Stereotipo questo assolutamente insostenibile.

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Ózze

Ózze inter. = Puàh

Esprime disgusto, ribrezzo, ripugnanza, repulsione.

Ózze, quante fé škjife = Puah, quanto fai schifo!

Ózze, che fjite ca ce sènte! = Ah, quale insopportabile lezzo che si avverte!

Ózze, te mange i vulüve senza lavéte! = Che schifezza, ti mangi le olive senza averle lavate!

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Ostia-chjöne

Ostia-chjöne s.f. e sopr.= Ostia ripiena

(foto Nicola Muscatiello)

È un dolcetto tipico garganico e della intera Capitanata

Tra due cialde (sfoglia di farina impastata, non lievitata, cotta entro appositi stampi) si stende uno strato a caldo di mandorle tostate e caramellate con zucchero e miele.  Se le mandorle si pongono a raffreddare a mucchietti su un piano di marmo si ottengono le cosidette mènele atterréte (←clicca)

Secondo me le due cialde che formano il “sandwich”, essendo del tutto insapori, hanno solo la funzione di evitare che le mandorle appiccicose imbrattino le dita quando si porta questa delizia alla bocca.

Soprannome locale: ricordo Lorenzo Castriotta, ex flicorno soprano della locale banda cittadina, corso Manfredi, angolo via dei Celestini. Suonava l’armonium in Chiesa nelle funzioni liturgiche.

L’amico Lino Brunetti ricorda simpaticamente che Lorenzo Castriotta, aveva la moglie di nome Caterina. I due ebbero due figli laureati in medicina: venivano perciò chiamati, affettuosamente, Lorenzo e Caterina de’ Medici.

 

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Óseme

Óseme s.f. = Usma

Il sostantivo usma, deriva dal greco antico ὀσμή (leggi osmè) = fiuto, odore.

Si pronuncia con la “ó” stretta, quasi una “u”.

È un termine antico, specifico degli appassionati dell’arte venatoria, riferito alla meravigliosa capacità dei cani da caccia ca sèndene l’óseme, che sentono l’odore della selvaggina, seguono la traccia e guidano il cacciatore verso la preda.

Sendì l’óseme, figuratamente, significa fiutare un pericolo, andare a lume di naso, accorgersi per sensazioni che qualcosa non va: insospettirsi, mangiare la foglia.

Come dire sendì l’addöre de jàrse = sentire puzza di bruciato.

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Orchèstre

Orchèstre s.f. = Palco, cassa armonica

Da non confondere con l’Orchestra formata da persone che suonano strumenti musicali.

Nelle sagre dei paesi del sud Italia con questo termine si intende quella pedana circolare si legno, smontabile, sulla quale si posizionano i suonatori di strumenti a fiato delle bande cittadine locali o ospiti per l’esecuzione di musica lirico-sinfonica nelle piazze, all’aperto.

Solitamente è sormontata da una cupola, anch’essa di legno sorretta da colonnine e arricchita da numerosissime lampadine. Ha la stessa funzione della cassa armonica degli strumenti a corda, ossia di amalgamare e intensificare i suoni sfruttando il fenomeno fisico della risonanza.

D’altra parte in italiano quella parte della platea antistante il palcoscenico riservata ai musicisti che partecipano all’esecuzione della sezione musicale di uno spettacolo teatrale si chiama ugualmente orchestra (anche buca dell’orchestra, o golfo mistico).

Ce vöte ca momò vöne ‘a Fèste, già jì arrevéte l’orchèstre = Si vede che fra poco si avvicina la Festa patronale, è già montata la cassa armonica.

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Oppüramènde

Oppüramènde agg. = Oppure, altrimenti

Parte del discorso con funzione disgiuntiva, indica un’alternativa o un’opposizione.

È rafforzata rispetto a quella della semplice congiunzione o: jüne o l’ate = Uno o l’altro.

Mi sembra un po’ una fusione di ‘oppure’ e ‘altrimenti’.

Döpe mangéte o ce jéme a coleche, o juchéme ai carte, oppüramènde ce facjüme ‘na camenéte = Dopo cena o ci mettimo a letto, o giochiamo a carte, oppure ci facciamo una passeggiata.

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