Ora trascrivo quello che riporta il Sabatini-Coletti:
“Avverbio: categoria annoverata tra le parti invariabili del discorso, alla quale vengono ascritti elementi lessicali eterogenei quanto a caratteristiche morfologiche, funzioni sintattiche e valori semantici. Una distinzione di massima può essere fatta tra gli avverbi che hanno valore puramente deittico (indicatori puntuali di luogo o di tempo: qui, lì ecc.; oggi, ora, poi ecc.), quelli olofrastici (sì, no) e tutti gli altri (che indicano modalità, gradazione, valutazione ecc., e possono specificare verbi, aggettivi o altri a.: bene, molto, piuttosto, fortemente ecc.)”
A parte il fatto che non si può presentare ai lettori del dialetto una pappardella così formulata (con tutti il rispetto dovuto all’esimio chiarissimo Prof.Sabatini che apprezziamo in TV ogni domenica mattina), perché lo costringerei a cliccare subito su “esci”….
Semplifichiamo:
a) avverbi di luogo: quà, o acquà, allà, söpe, sòtte, ammjizze, de quàrte, ‘ncambàgne, jind’a, ecc.
b) avverbi di tempo: jògge, ajire, cré, cré-matüne, cré-söre, pescré, pescrìde, all’avutrjire, mò, pò, ‘u jùrne (nel senso di pomeriggio), stanòtte, ajire-söre, mèndre,, ecc.
c) altri: anche nel significato di “in maniera+aggettivo”: inutilmènde, pundualmènde, malamènde, ecc.
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