Categoria: F

Frìške

Frìške s.m.= Fischio o fresco

Il sostantivo frìške ha due significati.

Frìške 1 = Fischio, sibilo emesso con la bocca atteggiando lingua-labbra in posizioni variabili. Deriva dal verbo fischiare o fischiettare. Il primo verbo indica un richiamo o una rumorosa disapprovazione teatrale o sportiva; il secondo la modulazione del fischio a diverse altezze, la cui sequenza riproduce melodie musicali.

Friške 2 = Fresco, inteso sia come temperatura avvertita (fé frìške stamatüne = fa fresco stamattina), sia come riparo dal sole (sté au frìške = stare all’ombra o in casa, o anche, in senso lato, in prigione).
Il sostantivo dà origine al verbo friškjé, ossia restare ostentatamente all’aperto nonostante la temperatura rigida. In italiano il verbo corrispondente non inesiste.
Arbitrariamente, tanto per ridere, azzarderei “frescheggiare”.
Mattöje che sté friškjanne allà före? Trése jìnd’a caste! = Matteo, costa stai a prender freddo là fuori? Entra in casa tua!

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Fenetòrje de mónne

Fenetòrje de mónne loc.id. = limite estremo, massimo, top, vertice,apice.

Va bene anche la versione fenetòrje ‘u mónne.

Alla lettera significa una/la fine del mondo,

Nel descrivere un’emozione, un avvenimento, un oggetto, si ricorre a questa locuzione che vuol significare che non esiste nulla che possa paragonarvisi, sia in positivo, sia in negativo.
Insomma oltre quel limite non si può andare perché c’è il nulla, l’abisso, il mondo finito!

I nostri avi etichettavano il tutto con tre parole “Non plus ultra” il limite estremo che si può raggiungere, il massimo possibile o immaginabile.

Cainàteme fé l’ùgghje ca jì ‘a fenetòrje ‘u mónne = Mio cognato produce un olio che è la fine del mondo (che ha una qualità insuperabile)

Stanotte… vjinde, acque, lampe, trune e sajètte!… ‘Assemegghjöve ‘na fenetòrje ‘u mónne = Questa notte c’è stata una tempesta: vento, pioggia, tuoni e fulmini!… Sembrava (che fosse giunta) la fine del mondo!

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Fé fenèsce ‘u mónne

Fè fenesce ’u mónne loc.id. = fare una tragedia.

Alcun soggetti tendono ad esagerare nel descrivere un evento o nell’esternare una lamentela, anche elevando il tono di voce e mostrarsi esagitati.
Cì’, mò fé fenèsce ‘u mónne! = Zitto, ora fai sembrare che sia avvenuta una tragedia!

Mò fé fenèsce ‘u mónne pe ‘na zènne de carevógne = Stai facendo una tragedia per un piccolo foruncolo!

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Fé frósce e premöre

Fé frósce e premöre loc.id. = vincere a punteggio pieno

La premöre è un gioco di carte cui partecipano due o più giocatori.

Il cartaio (‘u cartére) distribuisce quattro carte a testa. Dopo scarti e richieste di nuove carte i giocatori tentano di ottenere o la premöre o ‘u frósce.

Si fa premöre (da “primiera”) quando si raggruppano in mano quattro carte con i semi differenti (coppe, denari, spade e bastoni).

Si fa invece frósce (dall’inglese flush*) quando si ottengono le quattro carte dello stesso seme.

In un raffronto tra giocatori che nella stessa mano raggiungono il punteggio, ‘u frósce batte ‘a premöre.

Figurativamente quando uno stravince in una gara, un esame, un concorso, un affare, ecc. si dice che ha fatto “frósce e premöre“, punteggio pieno.
Ovviamente il linguaggio figurato non tiene conto delle regole del gioco, nel quale una combinazione esclude l’altra.

O si fa frósce o si fa premöre.

*Dice Wikipedia che il termine flush usata nel gioco del poker è una storpiatura inglese di Fluxus, voce codificata nelle regole del gioco nel tardo medioevo.


La foto riproduce un dipinto del XVI sec. (di pubblico dominio) «Four gentlemen of high rank playing the card game Primero».
Noterete che il primo giocatore a sinistra sta tentando di fare frósce a fiori avendo già in mano tre carte con questo seme.

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Früse

Früse s.m. = Fregio, gallone


Il sostantivo è usato sempre al plurale (‘i früse) per indicare, nelle uniformi militari, delle strisce di stoffa di altezza e forma svariate, cucite sulla manica di ufficiali, sottufficiali, graduati di truppa per indicarne il rango.

Immediatamente riconoscibili, hanno disegno diverso per ogni Corpo (Aeronautica, Esercito, Marina).

Sono detti früse anche i contrassegni cuciti sul berretto dei militari, subito sopra la visiera


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Fìšque

Fìšque (taluni pronunciano fìšcule o fìškle o  fìšche) s.m. = Fiscolo

Il fiscolo (del lat. fiscusfiscina «borsa, cesto») è un recipiente filtrante in cui vengono poste le olive macinate per sottoporle alla torchiatura.

I fiscoli sono generalmente composti di fibre assemblate in cordoncini che poi sono intrecciati in maniera da formare dischi del diametro di circa 60 cm. Ogni fiscolo si presenta come un doppio disco filtrante sigillato ai margini e forato al centro.

 

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Furèste

Furèste agg. = Misantropo, orso

Persona persona scontrosa, poco socievole, poco incline a mantenere rapporti di amicizia o anche di parentela.
Non coltiva amicizie né da confidenza a nessuno.

Spesso vede, osserva eventi, ma non degna nessuno del proprio parere. Sarà timidezza? Menefreghismo? Disinteresse?

Mattöje quanne ce sté da parlè, ce ne vé fureste fureste = Matteo, quando c’è da discutere, se ne va via senza dir nulla perché è un asociale.

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Féfe

Féfe

Féfe s.f. = Fava

Pianta erbacea della famiglia delle Fabaceae (Vicia faba) con fusto eretto, foglie paripennate, fiori bianchi o violacei e semi schiacciati a forma di rene contenuti in baccelli.
Il seme è commestibile. Di colore verde o bruno, di forma appiattita, si mangia fresco o secco.

La tradizione manfredoniana vuole che il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre – forse perché la loro forma tondeggiante, ci fa ricordare gli occhi estirpati alla povera Lucia nel suo martirio – si consumino le fave lessate con tutta la buccia, dette féfe aggraccéte, ossia aggrinzite, perché così si presenta la corteccia dopo aver tenuto le fave in acqua per tutta la notte prima della bollitura.

Insomma la fava si presenta con delle minuscole pieghe o ondulazioni, aggrinzita, “arricciata”.

Si preparano anche arrostite, sempre con tutta la buccia. Si mangiano come i bruscolini o il pop-corn, ossia per passatempo. Ma è un passatempo solo per coloro che hanno denti robusti…
A me spaccherebbero la dentiera! ‘Nziamé!.

C’era un tale che tutte le sere si collocavacon un suo scanno davanti al cinema “Fulgor” e vendeva in coni di carta, fave e ceci abbrustoliti, da consumare durante la proiezione dei film.

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Fé a ‘n’öre de notte

Fé a ‘n’öre de notte loc. id. = Picchiare percuotere duramente qualcuno.

Alla lettera: fare ad un’ora di notte.
Fare che cosa? Un po’ enigmatica per i non nativi.

Non è di sicuro una locuzione avverbiale di tempo come suggerirebbe la grammatica… Non significa “agire ad una determinata ora notturna”.

In linguaggio figurato un’ora di notte equivale a buio pesto.
Ecco il nero dell’oscurità è paragonabile all’aspetto del soggetto massacrato di percosse, pieno di lividi, ferite ed ecchimosi.
Rendere irriconoscibile il contendente per le sberle, i calci, i pugni ecc. infertigli.

Il più delle volte, fortunatamente, la locuzione è pronunciata solo come una minaccia esplicita. Raramente, ammesso che si passi all’azione, si arriva a rendere così malconcio un contendente.

Se t’agghje ‘ngramme te fazze a ‘n’öre de notte! =
a) [forma breve] – Ti disintegro!
b) [forma estesa] – Se riuscissi ad afferrarti nelle mie grinfie, ti renderei irriconoscibile in conseguenza delle sevizie cui inevitabilmente e spietatamente sarai sottoposto, per colpa esclusiva delle tue esecrabili azioni.
(Mamma mia!)

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Fröca-pezzènte

Fröca-pezzènte s.m. = Vento gelido di tramontana.

È un modo semiserio di indicare il vento gelido di tramontana.

Alla lettera significa che è micidiale per i poveri mendicanti (i pezzenti, appunto, clicca qui) che, non avendo panni per coprirsi, sono esposti alle conseguenze nefasti della tramontana.

Scherzosamente è detto anche feleppüne.

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